Welfare

Elena e Loredana una pagella che vale una vita

Due cugine rom, promosse agli esami di terza media

di Chiara Cantoni

Vivono in un campo, a sud di Milano. Una delle due ha subito uno sgombero la notte prima degli esami. Eppure grazie alle suore del Nocetum, ai volontari e agli insegnanti, ce l’hanno fatta… «Che fate sveglie fino alle 2 di notte?». La risposta è schietta e immediata. «Beh, stiamo!». Nella voce, rinvigorita dalla promozione appena conseguita, non c’è un filo di esitazione. Tutt’al più l’ombra d’un biasimo cordiale. Come se davvero servisse una ragione per radunarsi la sera attorno al fuoco, o per giustificare ciò che si giustifica da sé: la voglia di sentirsi parte di una comunità. «Certo, però, che alzarsi alle 6.30 per la scuola?». Loredana, 15 anni, una maglietta rosa shocking e un velo di inquietudine negli occhi, sorride come una bambina pizzicata a frugare nelle caramelle. Per un istante il peso dell’adolescenza le scorre via dal volto. «Per carità, toccava a me tirarti giù dal letto ogni mattina? Tua cugina è puntuale, non tu, signorina!». A parlare è Gloria Mari, una delle suore laiche dell’Ordo virginum che da 20 anni abitano la cascina adiacente alla chiesetta di Noceto, nel Parco agricolo Sud Milano. Un crocevia di incontri e relazioni nella “no man’s land” fra un nulla di sterpaglie e un principio di città.
Tutti i giorni, alle 7.50 del mattino, lei era lì, davanti al campo rom di San Dionigi, con la sua Volkswagen Lupo azzurra, per caricare i ragazzi delle “baracchine” e sfrecciare verso la scuola media Alvaro. «Che però adesso si chiama Sottocorno, perché la fondono con la Lombardini, dall’altra parte di Corvetto», precisa la cugina, quella puntuale, sfiorando appena i capelli rosso mechati. Elena, 16 anni a ottobre, scruta furtivamente i suoi interlocutori dietro un paio di occhi nocciola alla Jennifer Lopez, allungati da un filo di eyeliner. «L’anno prossimo riuniscono le classi».
Ma lei, Loredana e la banda della Volkswagen, non ci saranno. Perché gli esami di terza media sono andati alla grande e ora ognuno di loro ha in tasca un diploma. «Io vado a fare la scuola di parrucchiera», butta lì Elena senza troppa enfasi. «Io invece farò l’estetista», le fa eco Loredana. Ancora non afferrano la ragione di tanto entusiasmo per questo successo scolastico. Come a dire: «Ehi, è solo un esame!». Vero, ma non del tutto.
Perché la loro è la prima generazione del campo a completare un ciclo di studi. E perché la loro è la prima generazione rom che, a quell’età, pensa alla scuola anziché a prender marito. «Promossi tutti, sei su sei», gongola Gloria, che non solo si è occupata delle pratiche d’iscrizione ma, insieme a suor Ancilla e ai volontari del Nocetum, li ha seguiti passo passo durante l’iter scolastico. «Quante domande all’inizio! Perché non sei sposata? E i figli dove stanno? Quale specie di suora hai detto che sei?».
Non che in cascina manchino i bambini? Mentre parliamo la sorellina di Elena ci saltella intorno scattando foto col cellulare di Gloria. Poco più in là una piccola ungherese sguazza felice in un tinello. Come sempre, da cosa nasce cosa: una merenda oggi, un ripasso domani, e senza che te ne accorgi ti trovi dentro una storia di amicizie e relazioni.
«All’inizio seguivamo 35 ragazzini di San Dionigi. Tutti venivano da Slatina e Tintareni, in Romania. Poi, fra l’incendio del 2005 e lo sgombero del 2007, sono rimasti in 20. Questi qui sono i primi ad arrivare fino in fondo», dice Gloria con orgoglio. E si capisce che il traguardo è anche un po’ suo. «Mica la sufficienza strappata a una commissione di buon cuore, nossignore, un 7 pieno per ciascuno. Eccetto Loredana. Lei è uscita con 6 per via delle assenze: 79 su un massimo consentito di 50. Fino all’ultimo abbiamo rischiato che non la ammettessero agli esami e, allora, addio diploma». Ma poi è intervenuto il medico a certificare problemi di salute e tutto è andato per il meglio.
«Ho avuto una gran paura», confessa lei, arrivata da Slatina dopo la seconda elementare. «La scuola in Romania è tutta diversa, c’è sempre l’intervallo, non come qui». «Sì, sì, entri ed esci quando vuoi», conferma Elena, leggendo l’incredulità sui nostri volti. «E, alla fine dell’anno, se sei promosso, bene; sennò porti al prof un pacchetto di caffé e sei promosso lo stesso». Non fa una piega, semplice e spiazzante come la loro concezione, per così dire “flessibile”, del tempo. «Ma mio papà dice che studiare è importante, che non bisogna smettere. Perciò, anche se la matematica non mi piace, a Slatina non ci torno. Al massimo per le vacanze».
Famiglie Rom che rimandano i matrimoni delle figlie per dar loro un’istruzione, ohibò, che storia è questa? «Una storia di prossimità e integrazione», suggerisce Angela Quattrone, docente facilitatrice della scuola media Alvaro. È la storia di una classe a maggioranza straniera, 13 alunni su 23, che ha saputo guardare alle differenze senza darla vinta al pregiudizio. «Pensi, un giorno si deve partire in gita con la classe. All’appello mancano i ragazzi di San Dionigi. La puntualità non è esattamente il loro forte? comunque, il papà di una compagna italiana si precipita al campo, se li carica in auto e ce li consegna, zaino in spalla, giusto in tempo. Un altro papà, invece, è riuscito a convincere i genitori di una ragazzina rom a iscriverla nello stesso istituto professionale di sua figlia, anziché alla scuola femminile stabilita». Non c’è dubbio che in questo quartiere succedano cose dell’altro mondo: rom che frequentano case gagé, gagé ospitati nel campo rom, e tutti insieme, italiani e stranieri, a scorrazzare per il Nocetum come fosse una seconda casa. «Figuriamoci se agli esami non stavamo tutti lì a fare il tifo!».
«Gli insegnanti ci hanno aiutato. E anche i volontari: Walter, Ornella, Francesca, pure la signora Mimma, che è la più severa», dice Loredana. «Però di matematica non ci capisco ancora niente». Ad Elena i numeri non vanno giù. E non perde occasione per ribadire il concetto. «Ma al tema hai preso otto», la imbecca Gloria. «Quante lacrime versate sul quel foglio!», confida la professoressa Quattrone. «Ci ha messo dentro tutto: l’arrivo in Italia dopo la quarta elementare, l’incertezza di una casa che non c’è, i continui trasferimenti: Pavia, il campo rom di Corvetto, la Casa della Carità, di nuovo il campo». Un’odissea di micromigrazioni nella migrazione. L’ultimo sgombero a due giorni dall’orale. La Notte prima degli esami? Che provassero Faletti & Co. a passarla dentro un’auto! «Però, alle 7.45 stava lì, in aula, pronta a sostenere la prova».
Le due cugine hanno steso la commissione con una tesina sulla condizione femminile nel mondo. E chi ha orecchi per intendere?


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