Welfare

L’ingegnere e il medico con una marcia in più

La Cina che vive con noi: incontro con Marina e Athos

di Redazione

Superare la diffidenza, dimostrare che si hanno le stesse capacità degli altri. Un ostacolo che però spesso si trasforma in uno stimolo. E che rende speciali
i percorsi di vita dei ragazzi di seconda generazionedi Akram Idries
A Milano, anche senza spingersi nel cuore della Chinatown meneghina, incontrare due ragazzi di origine cinese non è affatto un’impresa. Due cari amici, Marina Ihsin Pan (figlia di genitori emigrati dalla Cina) e Athos Riva (figlio di coppia mista, papà italiano e mamma di Hong Kong), entrambi ventiseienni, si confidano di fronte ad una tazza di caffè sulle loro esperienze, paure e prospettive future da ragazzi di seconda generazione. La prima cosa che mi disse Mari in tono ironico e schietto prima di iniziare l’intervista è stata: «Akram, lo sai che sono cittadina italiana…».

Medico “multi”
Il nostro giro di amici la conosce per il temperamento e il carattere, cosa che le è servita molto durante il tirocinio da medico specializzando in neurologia. Lei, infatti, si è laureata a febbraio in Medicina e Chirurgia all’università degli Studi di Milano presentando una tesi clinico-scientifica, in collaborazione con l’università di Guilin in Cina, sul confronto tra la medicina tradizionale cinese e la medicina occidentale per quanto riguarda il trattamento dell’ictus cerebrale. «Durante il mio periodo di tirocinio in realtà ho faticato molto a causa di una diffidenza maggiore nei miei confronti rispetto ai miei compagni “italiani”. Però dover dimostrare sempre di avere una marcia in più per conquistare la fiducia degli altri è stato per me una grande palestra. Come reazione a questa apprensione, sfoderavo “armi” come il milanese, il calcio, i telefilm, per farmi notare sia dai pazienti che dagli stessi medici, come se volessi dimostrare di appartenere al loro stesso mondo. Conoscendo tante lingue (italiano, inglese, cinese, francese) mi occupavo di tutti i pazienti stranieri, di questo vado molto fiera! D’altronde noi 2G siamo speciali…».
Oltretutto Marina è attiva anche nel sociale: dopo il terremoto in Abruzzo, ha fatto richiesta alla Protezione civile per poter offrire le sue competenze come volontaria. Attualmente sta aspettando un posto nella scuola di specializzazione di Neurologia specificando che i posti sono pochi. Intanto però lavora con suo padre, che gestisce uno studio agopunturistico, da cui impara la medicina cinese. «Ho sempre voluto fare il medico», spiega, «da quando avevo più o meno 3 anni. È un privilegio essere la persona a cui viene affidata la propria vita. Per vita non intendo solo la salute, ma tutto ciò che circonda una persona: la famiglia, i propri sogni, il passato e il futuro».

Cinisello-Hong Kong
Athos alla prima esclamazione di Mari dice: «Io invece non me lo pongo neanche il problema, mi sento al cento per cento italiano!». Io e Athos abbiamo passato cinque anni di superiori insieme, dividendoci solo nel periodo universitario. Ora, lui è laureando in Ingegneria civile presso il Politecnico di Milano, e sta lavorando ad una tesi interessante sulla insonorizzazione delle abitazioni. Vorrebbe applicare le soluzioni discusse nella tesi anche al circolo Arci a Cinisello Balsamo, dove collabora con i suoi amici gestori del locale. Lo vedo spesso impegnato con iniziative interculturali (corsi di danza del ventre) e attività teatrali. Nel futuro prossimo prevede incontri e mini-concerti con le comunità immigrate nella periferia di Cinisello.
Gli chiedo se e come è stato a contatto con la comunità cinese in Italia e lui mi risponde: «Purtroppo no. Mia madre quando emigrò in Italia venne da sola, senza familiari e già fidanzata con mio padre. L’unico contatto che lei ebbe con la comunità cinese fu quando lavorò per poco come interprete e traduttrice per uno scrittore cinese qui a Milano, poi nulla. Sono stato però nella “comunità cinese” in Cina ed a Hong Kong con i miei parenti». Com’è stato?: «I miei parenti a Hong Kong mi vedevano come uno di loro, data l’occidentalizzazione del Paese. A Fasan (in Cina) invece venivo visto come il classico occidentale portatore di tutti gli stereotipi di chi vive dall’estero». Quando sarai ingegnere pensi che dovrai dimostrare qualcosa in più, come diceva Mari? «Le discriminazioni ci sono e ci saranno sempre, personalmente nelle mie poche esperienze lavorative, non ho mai avuto nessun problema del genere. Credo nella buona fede delle persone».

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