Non profit
Il busillis del decreto legge sulle missioni internazionali
Vita pubblica l'analisi di Intersos, alla vigilia dell’iter parlamentare di conversione in legge del DL 78/2009. Le novità ci lasciano molto perplessi
di Paolo Manzo
La lettura dei 76 commi dell’art. 24 del DL 78/2009, relativo alla proroga delle missioni internazionali, evidenzia molti cambiamenti rispetto ai decreti precedenti. Avere inserito un tema di così grande rilevanza politica come la presenza italiana nei contesti internazionali in un provvedimento legislativo sulle misure anticrisi, ne sminuisce l’importanza e non permette di raccogliere, attraverso il dibattito parlamentare, l’approfondimento e l’ampio consenso che la materia richiede. Sarebbe politicamente auspicabile che l’art 24 sia “stralciato” dal DL 78/2009 e abbia un iter parlamentare e un dibattito autonomi. La prima criticità riguarda la scelta dell’articolo unico per tutta la materia, che riduce ulteriormente quella distinzione tra interventi civili (umanitari, di ricostruzione, sviluppo e supporto istituzionale) e interventi militari nelle aree di crisi, che sempre il Parlamento era riuscito a garantire, con amplissimo consenso, tenendo distinti i differenti mandati. La novita (e la confusione) sta nel fatto che i 510 milioni di euro disponibili per il quadrimestre luglio-ottobre 2009 costituiscono un paniere unico da cui attingere per tutte le attivita/presenze elencate, senza definire lo stanziamento relativo a ciascuna di esse, esautorando così il Parlamento dal pronunciarsi su tale definizione. Sara il Ministro della Difesa a stabilire la ripartizione del fondo e a definire quanto spettera alle iniziative di cooperazione rispetto alle missioni militari. Inoltre, il Ministro degli Esteri potra destinare fino al 15% delle risorse previste per iniziative di cooperazione in altre aree di crisi che emergessero nel quadrimestre, affermando così che con una mano si da (per le necessita in Afghanistan, Iraq, Libano, Pakistan, Sudan, Somalia) e con l’altra si toglie, al sopraggiungere di altre crisi. E’ il gioco del prestidigitatore che domina un po’ su tutto il decreto. L’elenco delle altre attività/presenze finanziate all’interno del paniere e molto lungo ed mette sullo stesso piano la missione del singolo funzionario e quella dei quasi cinquemila militari in Afghanistan e in Libano, gli interventi di assistenza alla popolazione locale e le opere infrastrutturali, l’azione militare e quella diplomatica. All’interno del DL, il Pakistan e l’Afghanistan hanno una rilevanza particolare. Tuttavia, l’intervento “a sostegno del settore sanitario, istituzionale e tecnico e della piccola impresa” in questi due paesi, invece di essere affidato alla Direzione Generale Cooperazione alla Sviluppo, istituzionalmente preposta a tali attivita, viene delegato ad una specifica Task Force presso il MAE. Il documento di INTERSOS esprime perplessita sulla scelta e chiede se non sia più ragionevole utilizzare, rafforzandola e dotandola degli strumenti necessari e delle procedure appropriate, la struttura ministeriale a cui sono affidati questi interventi, piuttosto che esautorarla, trascurando un prezioso patrimonio di conoscenze e esperienze. Viene stabilito inoltre che il MAE identifichi “le misure volte ad agevolare l’intervento delle organizzazioni non governative che intendono operare in Pakistan e in Afghanistan”. A questo proposito, occorre sottolineare che le Ong, per intervenire in simili contesti, hanno bisogno innanzitutto di chiarezza, riconoscibile autonomia e garanzia di indipendenza. Il DL, così com’e, rischia di non poterle assicurare. Le Ong valuteranno quindi di volta in volta se ci saranno le condizioni per restare a fianco delle popolazioni senza venir meno ai propri principi. Ulteriore novita, rispetto ai DL dei precedenti semestri, e la possibilita dei comandanti dei contingenti militari di utilizzare per interventi urgenti di ripristino dei servizi essenziali “risorse messe a tal fine a disposizione da amministrazioni dello Stato, enti e organismi pubblici”. Le amministrazioni dello Stato intervengono così, con proprie risorse, a sostegno delle attivita sociali e di ricostruzione dei contingenti militari. Sarebbe utile qualche chiarimento aggiuntivo sull’utilizzo di risorse delle pubbliche amministrazioni che finora hanno avuto un ruolo rilevante nelle iniziative di cooperazione civile. Il documento si chiude con alcune domande sulla missione militare in Afghanistan chiedendo di abbandonare il livello della propaganda e di rispondere in modo trasparente ai gravi interrogativi che riguardano quella missione.
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