Politica

Meno morti alle frontiere

Nei primi sei mesi del 2009 sono stati 459, quasi la metà del primo semestre dell'anno scorso. Lo rivela il rapporto di Fortress Europe. "Ma molte tragedie non arrivano sui media"

di Daniele Biella

“Diminuiscono i morti alle frontiere, per la prima volta in tre anni, e sono la metà rispetto all’anno scorso. Ma non ci si illuda troppo: molte notizie di incidenti e dispersi spesso non arrivano all’opinione pubblica”. Queste le parole di Gabriele Del Grande, responsabile dell’Osservatorio Fortress Europe, nell’illustrare il nuovo rapporto dell’ente non profit sui viaggi dei migranti verso le coste europee, che ha messo a confronto i dati dei primi sei mesi di quest’anno con quelli del 2008.

Nel primo semestre del 2009 le vittime censite dalla stampa internazionale lungo le rotte dell’emigrazione nel Mediterraneo sono state 434, più 25 persone scomparse lungo le frontiere terrestri, tra cui i tre ragazzi finiti sotto i camion nei porti italiani dell’Adriatico. In tutto, quindi 459. Lo scorso anno, nello stesso periodo, i morti documentati erano stati poco meno del doppio, 985. I dati, basati sulle notizie dei media, rivelano che il motivo principale della diminuzione dei naufragi è la oggettiva riduzione del numero degli arrivi, soprattutto in Italia e in Spagna. “Dall’avvio dei respingimenti in Libia, il 7 maggio, gli sbarchi in Sicilia si contano sulle dita di una mano. E alle isole Canarie, in Spagna, non c’è stato nessuno sbarco nei mesi di aprile e maggio, e a giugno le barche giunte sull’arcipelago sono state molto poche. Effetto dei respingimenti in alto mare, e dei pattugliamenti congiunti operati da Frontex in Senegal e Mauritania”, spiega il rapporto.

“Ma il confronto dei dati è davvero difficile da fare”, spiega Del Grande a vita.it, “dalla stampa dei paesi del sud del Mediterraneo arrivano infatti pochissime notizie sul tema. E a volte, le notizie escono mesi dopo, come avviene ad esempio in Egitto, per cui non si può dire con certezza se i morti siano diminuiti o se semplicemente i naufragi avvengano in zone più lontane dagli occhi delle nostre telecamere, sotto costa libica, o in alto mare”.

Fortress Europe ha poi analizzato nel dettaglio le singole ‘rotte della disperazione’: nel primo semestre del 2008 si sono registrate 339 vittime sulla rotta per Malta e Lampedusa (contro i 650 dello stesso periodo del 2008), 87 al largo della Spagna (contro i 136 del 2008) e 8 nel mar Egeo (contro i 199 del 2008), tra la Turchia e la Grecia. Tra l’Algeria e la Sardegna si ha notizia di una sola vittima: un cadavere ripescato vicino all’isola dei Cavoli, nel cagliaritano, dietro cui potrebbe celarsi un naufragio di cui non si conoscono i dettagli. Altri 3 emigranti, con tutta probabilità rifugiati afgani, hanno perso la vita sotto i camion sbarcati dalla Grecia nei porti italiani dell’Adriatico. In Egitto, tre rifugiati sono stati uccisi a colpi di pistola dalla polizia egiziana alla frontiera con Israele. Due persone sono morte a Ceuta, l’enclave spagnola in Marocco, tentando di superare la barriera alta sei metri che sigilla quel confine. Due vittime anche a Calais, in Francia, che con il suo porto e il tunnel della Manica rappresenta il passaggio obbligato per entrare clandestinamente in Inghilterra. Infine sarebbero almeno 14 le vittime della traversata del Sahara nella prima metà dell’anno, secondo le pochissime notizie giunte dai paesi sahariani.

Nel solo mese di giugno, sono stati 29 i morti nello stretto di Gibilterra, al largo delle coste spagnole; tre invece hanno perso la vita in Egitto, sotto gli spari della polizia alla frontiera con Israele; e uno in Italia: si chiamava Amir Rohol, aveva 19 anni, era un richiedente asilo afgano. È morto dopo essere caduto da un tir sbarcato nel porto di Ancona, lungo lo svincolo fra la Superstrada 76 e l’A14.

”Molti forse utilizzeranno questi dati per giustificare i respingimenti in Libia. Respingere per salvare vite umane: lo ha affermato anche in un recente incontro pubblico Joseph St John, dirigente al ministero dell’Interno di Malta. A quel punto, una rifugiata etiope dal pubblico ha sollevato la mano per chiedere la parola”, racconta Del Grande, “’Scusi signor ministro’, ha detto la donna, ‘che differenza c’è tra morire in mare e morire in Libia?’. Non credo ci sia molto altro da aggiungere”.


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