Welfare

LEGGE 40. Sono italiani un terzo dei cross border

I dati europei presentati oggi a margine di un convegno sulle modifche alla legge 40 della Consulta

di Sara De Carli

Prima le ordinanze dei tribunali, in ordine sparso, poi la sentenza 151/2009 della Corte Costituzionale, in vigore dal 14 maggio scorso, infine l’ordinanza del tribunale di Bologna, che ha detto sì alla diagnosi preimpianto sugli embrioni di una coppia fertile ma che aveva avuto un primo figlio affetto da distrofia di Duchenne, una rara patologia genetica, e voleva escludere la possibilità che questo si ripetesse ad una seconda gravidanza. La via giurisprudenziale cioè sta modificando pian piano, un pezzo per volta, l’attività di procreazione medicalmente assistita regolamentata per via legislativa dalla legge 40/2004.

Molte sono le aspettative che queste sentenze stanno creando nei pazienti in cerca di un bimbo. Tanto che oggi alcune associazioni di pazienti infertili (Hera e SOS Infertilità) hanno chiamato a raccolta, a Milano, alcuni esperti – medici e giuristi – per sgombrare il campo da dubbi e errate interpretazioni di queste sentenze.

Medici, cioè vasi di coccio
Un’urgenza, per Guido Ragni, ginecologo, direttore dell’unità operativa procreazione assistita Clinica Universitaria Mangiagalli di Milano: “Noi medici ormai siamo vasi di coccio tra vasi di ferro”, dice. “Viviamo in un perenne contenzioso tra ciò che chiedono i pazienti, spinti da ciò che leggono sui giornali, e la nostra scienza e coscienza“. Per Ragni il fenomeno assume grandissima rilevanza nei rapporti quotidiani tra medici e pazienti, visto che il 25% delle coppie che accedono alla PMA si decidono a farlo in base alle informazioni raccolte su internet. Primo, “chiariamo che le oridnanze dei tribunali valgono per le singole coppie che hanno fatto ricorso”. “Secondo, si parla sempre di diritti dei pazienti e di etica della responsabilità del medico, ma io dico: ci vogliono anche i diritti del medico e un’etica della responsabilità dei pazienti”.

Un terzo se ne scorda

Ragni cita alcuni dati: il 27% di chi ha congelato gameti in Mangiagalli, poi si è mai più fatto vivo per averli, ben oltre un anno dopo la “scadenza” vitale di tali gameti. Per il cenismento degli embrioni abbandonati “abbiamo speso l’ira di dio in soldi e tempo e il 7% delle coppie è risultato irraggiungibile”. In generale “la legge mi impone di perseguire il mantenimento dei contatti con questa gente, che non ne vuole sapere”.

L’umiliazione dei medici, per Ragni, è anche colpa della legge: per esempio là dove esclude le coppie fertili ma con patolgie genetiche. “La soluzione è l’autocertificazione, cioè una coppia che dichiara che sta cercando un figlio da due anni e non lo trova. E il medico finge di credere alla bugia e certifica l’infertilità. È umiliante, questa norma va cambiata”.

Turismo procreativo, i primi dati

Il turismo procreativo finora è stato un fenomeno solo stimato. Oggi Ragni al convegno ha portato i primi dati, presentati il 30 giugno a Amsterdam al convegno annuale della European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE). In tutta Europa sono 30mila le coppie che ogni anno si spostano da un paese all’altro per cercare un bambino. Gli italiani sono il 30%, seguiti dai tedeschi (14%) e dagli olandesi (12%). Di questi circa 10mila coppie italiane, ben il 70% va all’estero per avere ovuli o spermatozoi, ovvero per fare una fecondazione eterologa. La sentenza della Consulta né le ordinanze dei tribunali quindi incidono minimamente su questi dati. Che per di più sono al ribasso, visto che conteggiati su un campione di sei paesi, da cui mancavano Grecia, Turchia e Gran Bretagna, tra i più gettonati dagli italiani.


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