Leggi

Revelli: «Siamo diventati un popolo cattivo»

Il presidente della commssione povertà: «Legge dolorosa anche per noi italiani». L'opposizione? «Encefalogramma piatto»

di Stefano Arduini

Per Marco Revelli, sociologo, presidente della Commissione povertà e attento osservatore delle altalenanti vicende della sinistra italiana, il via libera del Parlamento al pacchetto sicurezza segna un «punto di non ritorno» proprio per quella parte politica che per anni è stata la sua casa.

Questo però è un provvedimento approvato con voto di fiducia da una maggioranza di centro destra. Cosa c’entra l’opposizione?
A 12 anni dalla tragedia del Kater I Ra­des dell’aprile 97 quando oltre cento migranti albanesi morirono di fronte alle coste brindisine,  nemmeno un sottosegretario del governo Prodi sentì il bisogno di andare al molo per rendere omaggio a quelle vittime. Le cose, oggi,  sono cambiate ben poco. Su questo tema la sinistra da anni non ha voce, non è in grado di dire nulla. L’encefalogramma è piatto. E infatti non è stata in alcun modo in grado di ostacolare per davvero il ddl sicurezza, che vede la luce proprio nei giorni in cui italiani e migranti stanno condividendo il lutto della strage di Viareggio.

La Chiesa con monsignor Marchetto dice che questa legge porterà dolore. Concorda?
Sì, ma non lo porterà agli stranieri. O solo agli stranieri. Soffriremo anche noi italiani.

Ma la Lega che ha fortemente spinto per l’approvazione di questa norma è reduce da un poderoso successo elettorale. I cittadini si sentono insicuri. In qualche modo bisognerà rispondere a questa esigenza, non crede?

Queste paure vanno prese sul serio. Molto sul serio. Nessuno si può permettere di deriderle. Ma un conto è la complessità della realtà concreta. Un conto sono i principi. E i principi sono semplici: e come diceva Bobbio il figlio di una somala deve valere quanto il figlio di una italiana. Da oggi non è più così. Il popolo degli “italiani brava gente” non esiste più. Siamo diventati cattivi.

Come ha fatto a scomparire?
La crisi ha giocato un ruolo decisivo. I piani alti della scala sociale sono sempre più inaccessibili per la gente comune. Così è diventato necessario creare una categoria del non uomo. Di qualcuno che potesse occupare il gradino più basso, in modo che i cittadini sempre più poveri non si sentissero gli ultimi. Ma se si negano i diritti umani, si apre uno squarcio terribile. E in fondo a questo tunnel c’è Auschwitz.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.