Welfare

Federalismo anti-crisi

Uno studio del Censis analizza le politiche messe in campo dagli enti locali per fronteggiare le conseguenze della recessione

di Francesco Dente

Le misure anticrisi sono state un importante banco di prova del federalismo. I “pacchetti” predisposti dagli enti locali contengono infatti «i germi di quella assunzione di responsabilità, modulata localmente, che costituisce l’ingrediente di base per la ricetta federalista del Paese». Così il Censis che, nell’ambito delle giornate di studio sul sociale dal titolo Oltre l’adattamento, ha presentato la ricerca la Sfida del federalismo. I grandi Comuni, in particolare, hanno messo in campo interventi straordinari nonostante i vincoli di spesa imposti dall’alto. Secondo l’istituto presieduto da Giuseppe De Rita, le municipalità «hanno assunto responsabilità significative e giocato un ruolo importante a fronte di un’azione governativa che, pur creando la giusta cornice di riferimento, per la sua inevitabile distanza dai singoli soggetti di domanda, non ha potuto mettere in campo l'”appropriatezza” richiesta dallo scenario descritto».


Sussidiarietà rovesciata
Dall’indagine, effettuata su un campione di sindaci delle città capoluogo di provincia, risulta che la quasi totalità dei Comuni (94,1%) è intervenuta con misure straordinarie per fronteggiare la crisi. Un caso, insomma, secondo il Censis di «sussidiarietà rovesciata». Nella gran parte dei casi si è trattato di misure (76,5% dei Comuni) di «potenziamento generalizzato del welfare per le fasce deboli». Interessante anche il dato sugli interventi in favore di categorie penalizzate dalla crisi. Il 38,2% delle Amministrazioni ha indirizzato i provvedimenti in favore di specifici target di cittadini colpiti (disoccupati, cassintegrati, mobilità). Il 41,2% dei Comuni, inoltre, ha affidato la scelta delle modalità di intervento a tavoli si concertazione con altri attori locali o soggetti istituzionali (il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte).
Politiche integrate
La maggior parte dei Comuni (65,4%) ha fronteggiato le fasi della crisi intervenendo volta per volta sulle singole emergenze. Negli ultimi mesi, tuttavia, più di un terzo dei Comuni ha adottato “pacchetti anticrisi” per il 2009 «molto articolati al loro interno e rivolti a lavoratori in mobilità, cassaintegrati, commercianti, artigiani e famiglie in difficoltà». Una delle caratteristiche dell’intervento dei Comuni, sottolinea il Censis, è stata infatti la volontà di porre «attenzione ai
soggetti che vengono “morsi dalla crisi” su più fronti della loro vita familiare e professionale».
Integrazione degli interventi ma, soprattutto, coordinamento con le altre istituzioni locali. Sia in orizzontale che in verticale. I Comuni, infatti, si sono raccordati con altri municipi (29%), Camera di Commercio (50%), sindacati (54%), organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro (42%).
In verticale, invece, con Province (58%) e Regioni (42%).


Libertà di scelta
La logica che ha ispirato gli interventi comunali è stata quella di «garantire una minima libertà di scelta per i beneficiari delle misure socio-assistenziali, in modo tale da non “chiudere” il sostegno in modo precostituito, ma da concedere libertà di scelta là dove i bisogni si polarizzano». L’86,5% dei Comuni ha previsto sostegni per l’accesso ai servizi per anziani; l’incremento del buono casa o la creazione di altre forme di sostegno per l’affitto (73,0%); agevolazioni per l’accesso ai servizi scolastici (67,6%), per l’uso del trasporto pubblico (59,5%) o per la tariffa rifiuti (56,8%). Non sono mancati, inoltre, sconti sull’Ici (51,4%), convenzioni con la grande distribuzione (43,2%) e le aziende locali di servizio (40,5%). Più di un terzo dei Comuni intervistati (37,8%) ha istituito una social card locale o di voucher per gli acquisti.
Sostegno all’economia locale
Il Censis ha preso in considerazione anche gli interventi mirati a sostenere le imprese. Da parte dei Comuni c’è stato «uno sforzo finalizzato a velocizzare e fluidificare una serie di meccanismi, soprattutto sul fronte urbanistico e pianificatorio». In particolare, i grandi Comuni hanno cercato di dare man forte al settore dell’edilizia. Fra le misure più gettonate: il potenziamento degli strumenti per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro (46,4%), convenzioni con cooperative per il reinserimento occupazionale di soggetti in difficoltà (35,7%), patti sociali con imprese e sindacati per il rilancio dell’economia locale (32,1%), misure per velocizzare i mandati di pagamento alle imprese aggiudicatarie di contratti e appalti (32,1%).


Gli ostacoli all’intervento
L’impegno dei Comuni è stato tanto più meritorio perché ha dovuto tener conto di due tipi di vincoli. Il primo è stato il patto di stabilità che impone vincoli alle spese. Le Amministrazioni, evidenzia il Censis, denunciano forti penalizzazioni: il 66,7% delle risposte raccolte punta il dito, infatti, contro l’impossibilità di utilizzare le risorse provenienti dagli avanzi di amministrazione. Un ostacolo a cui va sommato (36,4% delle risposte) il divieto di far ricorso ai proventi della vendita di quote azionarie o parti del patrimonio immobiliare, di fatto indisponibili. Il secondo vincolo è legato, invece, alle «principali scelte di programmazione e di pianificazione in essere il cui eventuale stravolgimento, deludendo attese consolidate, potrebbe innescare meccanismi di amplificazione del processo di crisi in atto».


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