Cultura

Il ricordo di Ernesto Olivero per Agnelli.”Voleva assegnarmi il Nobel”

Ma ai funerali non ha voluto partecipare: "Meglio il silenzio e la preghiera".

di Stefano Arduini

?Non ho mai chiesto una lira alla famiglia Agnelli per il mio centro?, racconta Ernesto Olivero, fondatore del Sermig di Torino. E fra le centomila persone che si sono ritrovate al Lingotto per dare l?ultimo saluto all?Avvocato, lui neppure c?era: “Ho preferito un momento di raccoglimento personale, una preghiera e molto silenzio”, dice con un filo di voce. Ma queste circostanze non cancellano il rapporto che Olivero in questi anni ha mantenuto con Giovanni Agnelli: una relazione intensa, quasi amicale. Conobbe l?Avvocato quasi tre anni fa, “quando morì il figlio Edoardo, e per la prima volta mi propose per il Premio Nobel”. Poi non si sono più persi di vista.
Vita: Perché Gianni Agnelli si affezionò tanto?
Ernesto Olivero: In quel periodo si era consolidato il mio rapporto con Edoardo. Lui rimase molto colpito dalle mie parole quando ai giornali dissi che di fronte a certi dolori, come la scomparsa di un figlio, ci sono solo il silenzio e la preghiera.
Vita: In questi giorni Torino ha dato prova del suo affetto per l?Avvocato. Come si spiega tanto amore in un periodo critico per la Fiat e l?intera città?
Olivero: La televisione amplifica certi sentimenti. Ma non vi è dubbio che la famiglia fosse molto rispettata dagli italiani e dai torinesi.
Vita: Cassaintegrati compresi?
Olivero: Il 31 dicembre abbiamo partecipato a una marcia per la pace cui hanno aderito migliaia di operai. Siamo partiti dal cancello 5 di Mirafiori. Tutti in silenzio, senza offendere. In quell?occasione nessuno ha proferito alcuna parola contro gli Agnelli. Un segnale di come i lavoratori della Fiat apprezzino la modestia, la sobrietà e la riservatezza della famiglia.
Vita: In questi giorni, passeggiando per Mirafiori mi è capitato di sentire un giovane operaio dire: “è giusto che mi abbiamo messo in cassa integrazione, io non ho figli a carico”. Questo stesso operaio, poi, mi ha confessato di aver rinunciato al matrimonio programmato per giugno e all?idea di avere anche lui dei figli suoi.
Olivero: Non c?è dubbio che i dirigenti della Fiat si debbano fare un esame di coscienza. E anche rapido. Ma poi ora che se ne è andato Giovanni, per gli Agnelli è il momento di restituire speranza alla loro città. L?auspicio è che questa fabbrica, che per Torino è come un castello, un simbolo imperdibile, torni a regalare speranza e non solamente angosce e paure per il futuro.

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