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L’enciclica sociale di Benedetto

Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'egidio illustra di Caritas in veritate in uscita lunedì 29 giugno

di Giuseppe Frangi

Spiega il fondatore della Comunità di Sant’Egidio: «Mi auguro che il testo del Papa diventi come una bandiera. Che stimoli ragionamenti ed esperienze nuove»

Vincerà l’Enciclica o vincerà il G8? Per una coincidenza, chissà quanto voluta, l’atteso documento “sociale” del Papa esce proprio alla vigilia del vertice degli otto Grandi. Una sovrapposizione mediatica che un po’ inquieta Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e certamente uno dei testimoni più ascoltati del cattolicesimo sociale. Riccardi è reduce da un viaggio in Nicaragua e ha negli occhi immagini di immensa povertà. L’attesa dell’Enciclica, per lui, si lega proprio al destino di quei milioni di uomini che la globalizzazione ha lasciato ai margini.


Vita: La Caritas in veritate arriva in un momento di crisi profonda dei modelli che hanno dominato gli ultimi decenni. Si può dire che anche per la Chiesa si chiude una stagione cominciata con l’ottimismo della Centesimus annus, l’enciclica di papa Wojtyla scritta dopo la caduta del Muro?
Andrea Riccardi: Ma anche Giovanni Paolo II, pur nell’euforia di quel momento, aveva avvertito il pericolo che si correva e aveva messo dei paletti, per dire quanto fosse importante il requisito della giustizia sociale. È indubbio comunque che per tutti questi anni abbiamo vissuto una forma di euforia, quasi di provvidenzialismo del mercato che per forza propria avrebbe garantito la democrazia, la libertà, lo sviluppo. Come abbiamo constatato, le cose sono andate molto diversamente.


Vita: Quella visione provvidenzialistica aveva contaminato anche i cattolici?
Riccardi: Direi proprio di sì. E le conseguenze le misuriamo sul piano delle scelte e dei comportamenti. In questi anni abbiamo assistito ad un arretramento della presenza del povero nella vita ecclesiale: la Chiesa ha il “sacramento” del povero, perché in lui Gesù si riconosce. Certo, il discorso della Chiesa non può essere ridotto a quello di un’agenzia solidaristica. Ma se non si concepisce l’azione come approfondimento del mistero del povero, l’impegno si inaridisce. Anche per questo l’uscita dell’Enciclica oggi assume un grande valore.


Vita: In che senso? Non l’abbiamo ancora tra le mani…
Riccardi: Ne sono sicuro, perché questo testo ci aiuterà a ragionare. Ad andare oltre quegli opposti provvidenzialismi che hanno tenuto in ostaggio tanti cattolici in questi anni: quello marxista e quello mercatista, come lo definisce Tremonti.

 

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