Non profit

L’Ue affianca il Senegal per migliorare la qualità della sua pesca industriale

Un programma europeo aiuta gli attori della filiera ittica per accrescerne le condizioni sanitarie

di Joshua Massarenti

In Senegal, la pesca marittima, artigianale e industriale copre un ruolo fondamentale nell’economia di questo paese africano affacciato all’Oceano Atlantico. A dirlo sono i numeri: nel 2002, circa 600mila persone attive in questa filiera pesca, cioè il 17% della popolazione attiva, vivevano di pesca, e le risorse alieutiche fornivano oltre il 70% delle proteine animali consumati dai senegalesi.

I dati sono citati dal Programma europeo SFP (Strengthening Fishery Products Health Conditions in ACP/OCT Countries, ovvero Miglioramento dello stato sanitario dei prodotti delle pesca nei paesi ACP/PTOM), che dal gennaio 2005 è presente in Senegal per aiutare gli attori di questa filiera per promuovere azioni tese a migliorare le condizioni sanitarie della pesca senegalese.

Secondo Francisque Blanc, “in Senegal i regolamenti non sono applicati in maniera rigorosa”. Un ostacolo che andrebbe superato visto che nel 2002 oltre 43mila tonnellate di prodotti alieutici hanno preso la direzione dell’Europa per un valore complessivo di 200 milioni di euro. Problema: Bruxelles è ormai attentissima alla qualità dei prodotti alimentari extraeuropei che penetrano in territorio Ue.

Già nel 2004, ispettori europei avevano rivelato gravi carenze nel controllo delle condizioni sanitarie nella catena di produzione locale. Oggi alcuni progressi sarebbero già stati registrati, come la revisione della regolamentazione senegalese, più vicina alle norme europee in vigore, oppure il rafforzamento del personale incaricato di procedere alle verifiche sul terreno. Alle note positive, si contrappone la dura realtà economica in cui versa la pesca industriale senegalese, ormai confrontata a una situazione finanziaria che sfiora la catastrofe. In altre, ci vogliono soldi. E in fretta. Prima che la nave affonda.

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