Non profit

Calano le morti bianche

Secondo il raporto Inai nel 2008, meno incidenti mortali e meno infortuni sul lavoro. Intanto, però, la cronaca riporta altri gravi episodi

di Maurizio Regosa

Notizie che non ci si aspetta, visto lo stillicidio quasi quotidiano. Solo oggi il bollettino parla di un morto e cinque feriti sull’autostrada A5 Torino Aosta dove un tir ha travolto un gruppo di operai e di quattro feriti di cui uno gravissimo nell’esplosione di un serbatoio in una fabbrica dell’alessandrino.

Nel 2008, secondo il Rapporto annuale 2008 presentato oggi dall’Inail, sono diminuiti sia il numero dei morti che quello degli infortuni sempre sul lavoro, scesi rispettivamente a 1120 e a 874.940. Differente il trend delle malattie professionali (che segnano in due anni +11%) e quello degli incidenti occorsi a lavoratori stranieri (in aumento del 2%).

La rilevazione dell’Inail

Nel Belpaese lo scorso anno si è dunque registrata una flessione degli incidenti mortali (-7,2%) ed è la prima volta dal 1951 (anno dal quale disponiamo di statistiche attenibili) che il numero dei decessi scende sotto quota 1200. Un trend in verità di lungo corso: con l’eccezione del 2006 (anno nel quale si sono contate 1.341 vittime), la diminuzione è stata costante. Se nel 1963, in pieno boom economico, sono stati 4.664 i morti sul lavoro, tra il 2001 e il 2008 gli infortuni mortali sono diminuiti di circa il 28% in valori assoluti (nel 2007 erano stati 1.207). Ancor più consistente la diminuzione degli infortuni, scesi negli ultimi otto anni del 14,5%: siamo passati dalle 1.023.379 denunce del 2001 alle 874.940 registrate dall’Inail nel 2008. Dati rilevanti se si considera che, sia per le morti che per gli incidenti, l’aumento occupazionale ha segnato un +8,3% (in pratica si è passati da circa 47 denunce di infortunio ogni mille occupati nel 2001 a circa 37 denunce nel 2008). Quanto alle malattie professionali,sono 29.704 le denunce pervenute all’Inail nel 2008: circa mille in più (3,2%) rispetto alo 2007 che aveva registrato a sua volta un aumento di ben 2mila casi (+7,4%) in confronto con il 2006. Nel giro degli ultimi due anni, dunque, le patologie denunciate sono cresciute di ben 3mila casi, l’11%.

Dove avvengono gli infortuni

Oltre la metà delle morti bianche avvengono in strada: dei 1120 infortuni mortali, 355 sono determinati da circolazione stradale in occasione di lavoro (autotrasportatori, commessi viaggiatori, addetti alla circolazione stradale, ecc.) e 276 quelli in itinere, ovvero sul percorso casa lavoro e viceversa, accaduti prevalentemente su strada. Per quanto riguarda gli incidenti non mortali, la graduatoria dei settori produttivi è la seguente: la parte del leone la fanno l’industria con367.132 denunciati nel 2008 (con un decremento dell’8,2% rispetto all’anno precedente), e i servizi (con 454.530 incidenti; un dato sostanzialmente stabile). Segue poi l’agricoltura che ne ha contati 53.278 con una flessione del 6,9%. Un calo significativo si è poi registrato in due ambiti fondamentali dell’industria: le costruzioni (89.254 casi nel 2008 e un decremento del 12,4% rispetto al 2007) e il comparto metalmeccanico (79.848 incidenti, ovvero meno 10,6%). Per quanto riguarda i servizi va segnalato, invece, l’incremento del 21,7% degli infortuni che hanno colf e badanti, un settore in forte e continua crescita con una rilevante componente di occupati di origine straniera: quasi tre infortuni su quattro colpiscono, infatti, persone nate all’estero.

I lavoratori stranieri

Un discorso più articolato va fatto per i lavoratori stranieri, per i quali al contrario c’è stato un lieve incremento degli incidenti (+2%): si è passati dai 140.785 incidenti sul lavoro del 2007 ai 143.561 del 2008 (gli stranieri assicurati dall’Inail lo scorso anno hanno superato quota 3.266.000: si tratta del 6% in più rispetto all’anno precedente e del 41,9% in più rispetto al 2004) Sostanzialmente invariato il numero degli infortuni mortali, che nel 2008 rimangono intorno ai 180 casi. Gli immigrati però continuano a presentare un’incidenza infortunistica più elevata rispetto a quella dei loro colleghi italiani: 44 casi ogni mille occupati contro i 37 dei lavoratori italiani. Quanto ai settori: poco meno del 96% degli infortuni occorsi a stranieri  (137.223) si è verificato nel settore dell’industria e servizi. In particolare il settore edile, che ha contato 19.719 denunce (ovvero il 13,7% di tutti gli infortuni riguardanti i lavoratori stranieri), detiene il primato degli infortuni mortali tra gli immigrati (43 nel 2008).

L’Italia non è la maglia nera europea

Secondo l’ultima rilevazione resa disponibile da Eurostat, che tiene conto degli incidenti con assenze dal lavoro di almeno 4 giorni e non contempla gli infortuni in itinere (ovvero quelli sul percorso casa lavoro e viceversa), il Belpaese non è la maglia nera in Europa. Nel 2006, ultimo anno disponibile, l’Italia ha infatti registrato un indice infortunistico pari a 2.812 infortuni per 100mila occupati, inferiore alla media delle due aree UE (3.469 per l’Area-Euro e 3.013 per l’Europa a 15), collocandosi per tasso di incidenza al di sotto di importanti paesi come Spagna, Francia e Germania. Stesso discorso per gli infortuni mortali, dalla cui rilevazione l’Eurostat esclude quelli in itinere e quelli dovuti a incidenti stradali nel corso del lavoro, in quanto non registrati da tutti i Paesi: con 2,9 decessi per 100mila occupati nel 2006 l’Italia, pur presentando un indice leggermente superiore alla media Ue, si pone al di sotto di Portogallo, Austria, Grecia, Spagna e Francia.

Il commento di Sacconi

«Per la prima volta dal dopoguerra il numero delle morti sul lavoro scende sotto i 1.200. È un segnale incoraggiante, significativamente sotto la media europea». Lo ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, intervenuto alla presentazione del Rapporto. «Non possiamo tuttavia ritenerci soddisfatti», ha proseguito, «l’obiettivo resta quello di ridurre del 25% gli infortuni sul lavoro entro il 2012 e questo richiede uno sforzo straordinario. Per questo è necessario rilanciare una cultura della sicurezza che veda nella prevenzione il fattore dominante».  

 

 

 

 


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