Volontariato

Bologna, città a misura di homeless

Il Ministero delle politiche sociali presenta oggi una ricerca sui senza dimora in 5 città italiane

di Sara De Carli

Addio, homeless. Addio, soprattutto, a una visione che li definisce in termini di mancanza, “less”. Il rapporto degli homeless con gli spazi urbani e con l’offerta cittadina di servizi, infatti, è caratterizzato da un utilizzo competente e strategico delle limitate risorse accessibili. Gli homeless cioè oggi sono “ispettori dell’accoglienza”.  Tant’è che girano mezza Italia e poi cercano tutti di approdare a Bologna, dove ci sono i migliori progetti per il reinserimento sociale.


A dirlo è una ricerca che verrà presentata oggi dal Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali: gli studi realizzati in cinque città – Bari, Bologna, Genova, Milano e Roma – hanno osservato che dagli homelss viene una domanda di beni che va ben oltre lo schema semplificato della ricerca di cibo e di rifugio notturno. Essa si concretizza, per esempio, nell’esigenza di accedere alle biblioteche e fruire dei loro servizi o in quella di disporre dei mezzi pubblici in modo regolare per organizzare i propri spostamenti nell’area urbana.


Davanti a queste richieste, che si collocano al di fuori della definizione per difetto degli homeless, gli operatori sociali e i servizi sembrano in difficoltà e agiscono spesso in modo poco flessibile. Le regole delle strutture rischiano infatti di determinare un loro utilizzo rigido che mal si concilia con l’effettivo perseguimento dell’indipendenza degli utenti, imponendo una griglia di intervento che rischia di soffocare la capacità di avvalersi in modo autonomo e creativo delle poche risorse disponibili. Il pericolo allora è quello che si produca come effetto, involontario ma non per questo meno reale, la gestione della vita dei soggetti assistiti secondo i principi di una economia di semplice sussistenza, da cui non potranno mai emanciparsi.

Bari
La ricerca narra dei vissuti e delle storie di 22 persone senza dimora che vivono nell’area metropolitana di Bari e mette a fuoco come l’avere o meno un riparo presso una struttura di accoglienza non risolva l’emarginazione e l’esclusione sociale di cui gli homeless sono destinatari. La ricerca, attraverso l’analisi condotta con t.lab (software per l’analisi quantitativa di dati qualitativi) mette in luce la rappresentazione polarizzata e differenziata delle forme di exit e di nuove politiche sociali suggerite dai diversi stakeholders.

Bologna
Bologna rappresenta un’eccellenza nei servizi sociali e nell’accoglienza per i senza tetto, una sorta di approdo per tutti coloro che si spostano da una città all’altra in cerca di condizioni migliori. D’altra parte, però, il luogo di accoglienza, (il centro d’accoglienza Beltrame) sembra essere vissuto solo come luogo di passaggio dal quale uscire con un progetto individuale di “reinserimento”. Questa impostazione crea distanza tra gli ospiti, che rifiutano i rapporti tra loro, tutti protesi all’uscita dal centro in una sorta di competizione interpersonale. La ricerca mostra come invece sarebbe opportuno rafforzare la funzione residenziale di un centro simile, promuovendo la dimensione coabitativa.

Genova
La ricerca ha come oggetto le modalità di produzione dell’immagine del senza fissa dimora, con i suoi tratti stereotipi, prendendo in considerazione il ruolo giocato dalla stampa locale con l’analisi di articoli usciti tra la fine del 2007 e il 2008 e del materiale promozionale di uno degli enti genovesi, mostrando i meccanismi di discorso attraverso i quali gli homeless sono ridotti a non-persone.

Milano
La ricerca si è concentrata sui modi attraverso cui le persone senza dimora possono difendere il proprio sé, gestendo la frattura tra auto ed etero attribuzione identitaria che colpisce le persone segnate dallo stigma e da processi di inferiorizzazione. Il secondo aspetto chiama in causa la diversa declinazione dei bisogni e delle priorità da parte del sistema di intervento locale e da parte delle persone senza dimora.

Roma
La ricerca intende indagare i rapporti delle persone senza dimora con la città, nella prospettiva di suggerire ipotesi operative di intervento per una riconfigurazione dei servizi che li renda più aderenti alle istanze, alla soggettività e al desiderio di emancipazione degli “homeless”. L’indagine ha smentito, attraverso l’analisi sia delle storie di vita sia delle interviste a stakeholders e rappresentanti dei servizi, lo stereotipo di una marginalità vissuta come scelta o rottura rispetto a un contesto di vita “normale” e posto in rilievo la dolorosa condizione di invisibilità sociale dei senza dimora.


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