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Figli da salvare: ecco le famiglie di don Oreste

Ragazze strappate alla strada, bimbi adottati, volontari che si fanno padri e madri. In Piemonte come in Russia

di Redazione

G randi famiglie capaci di abbracciare e sanare con la condivisione il dolore e la sofferenza. Da venticinque anni, in tutto il mondo, è sempre la stessa storia. Come quella di Antonio e Gianna, di Valerio e Rita e dei loro figli: hanno aperto le porte di casa ad alcune ragazze nigeriane in fuga dall?inferno della strada. «Fin da subito abbiamo visto che non erano prostitute: erano e sono povere ragazze umiliate, ferite, impaurite», racconta Valerio. «Oggi corrono con i ciucci in mano dietro i nostri figli più piccoli». «Nelle case non c?è differenza tra chi arriva prima e dopo, tra chi è generato fisicamente e chi è rigenerato nella relazione», spiega Paolo, uno dei primi in Piemonte ad aderire alla proposta di don Benzi. Per i bambini in difficoltà, per esempio, le case significano continuità con le famiglie d?origine, non è mai uno strappo: «Sentono, respirano l?amore, il rispetto verso i genitori naturali che hanno trasmesso loro la vita». Storie straordinarie, di miracoli quotidiani.Come quella di Valter che vive a Stigliano, in provincia di Cuneo. La sua casa-famiglia ha aperto i battenti nel 1985. Lui è padre di 8 figli: due sono le figlie naturali e sei sono i bambini accolti.
Nelle case di Ndola e Kitwe, nello Zambia, ci si occupa di bambini e adulti con problemi mentali. I volontari, sposi o singoli che siano, si fanno padre e madre, fratello e sorella di persone completamente diverse per tradizioni e cultura. Gente che ha lasciato la tranquilla e opulenta Romagna per l?Africa più dura. «Gli africani si stupiscono nel vedere dei ?basungu? (bianchi) spendere giorni e notti negli ospedali al fianco di bambini non loro», racconta Mara che laggiù fa il medico.Un amore che contagia, come testimonia Franco, ricordando un episodio legato alla casa di Volgograd. A una cerimonia pubblica, un?assemblea piena di reduci, una donna russa, vedendolo, lui straniero, con Gleb, bimbo idrocefalo e affetto da nanismo, gli chiese: «È vostro questo bambino?». «È stato generato nell?amore», rispose, «ma è un figlio vostro che ha trovato un nuovo padre e una nuova madre e adesso è felice!». Commossa la signora sollevò il bimbo in alto fra le sue possenti braccia e con la voce mozzata dall?emozione esclamò: «Allora Dio c?è!».

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