Non profit

MALATTIE. Tbc, 9 milioni di malati, 1,7 i morti

Le cifre sono state diffuse da Medici senza frontiere

di Gabriella Meroni

La tubercolosi (Tbc) continua a mietere vittime in tutto il mondo: ogni anno infatti sono quasi due milioni (1,7) le persone che perdono la vita a causa di questa malattia, con un picco nelle zone pù disagiate del pianeta, come Asia e Africa sub-sahariana. La malattia contagia inoltre ogni anno 9 milioni di persone. E l’allarme si allarga se si considera le difficoltà diagnostiche in alcune parti del mondo e la farmaco-resistenza di molti pazienti. Questa la fotografia sulla Tbc scattata oggi da Medici senza frontiere (Msf), che a Roma ha illustrato il rapporto Tubercolosi: omissione di soccorso. L’impegno degli investimenti italiani nella ricerca e lo sviluppo di nuove terapie contro una malattia globale.

In questi anni Msf ha fatto molto contro questa malattia. E’ aumentato infatti il numero di pazienti con Tbc multiresistente ai farmaci curati: nel 2001 erano solo 11, nel 2007 sono stati 574, con progetti in Uzbekistan, Georgia, Armenia, Kenya e Sudafrica. In un anno Medici senza frontiere ha curato più di 26 mila persone con Tbc, ma per raggiungere gli obiettivi prefissati la strada è ancora lunga. «La preoccupazione principale – spiega Matteo Zignol, medical officer del Dipartimento Stop Tbc dell’Organizzazione mondiale della sanità – deriva da coloro che hanno contemporaneamente Tbc e Hiv. Dei 9 milioni di nuovi casi ogni anno, infatti, circa il 15% vive in questa situazione». Una delle zone piu’ calde è quella dell’Africa sub-sahariana, con 300 persone ogni 100 mila abitanti colpite da Tbc, anche se l’Asia (con India e Cina in testa) viaggia su binari simili. Il problema delle farmaco-resistenze rimane uno degli ostacoli più difficili da superare. «Nel mondo – ribadisce Zignol – sono 500 mila i pazienti che non hanno benefici dai farmaci utilizzati per curare la Tbc e una buona parte arriva dall’Est europeo. Considerando il flusso migratorio verso il nostro Paese – conclude – è necessario che anche l’Italia si attivi per risolvere il problema».


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