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Anche Bossi è verde, e non solo per la camicia

Il successo della Lega in Veneto, spiegato da Gianfranco Bettin

di Stefano Arduini

Ma il successo del Carroccio si spiega anche con il “calore” che sa trasmettere ai suoi elettori. Come rivela il caso di Gorgo a Monticano, nel cuore della marca trevigiana, dove dopo un delitto terribile la Lega ha raggiunto il 100% delle preferenze Fondatore dei Verdi italiani, Gianfranco Bettin da tempo ha scelto di dedicare gran parte del suo impegno di ricercatore sociale all’indagine “dal basso” del fenomeno Lega. Un lavoro che ha trovato il suo approdo in un libro coraggioso e, per certi versi, illuminante: Gorgo – In fondo alla paura (Feltrinelli, 158 pp., 13 euro). Nella notte fra il 20 e il 21 agosto 2007, Guido e Lucia Pellicciardi, 67 e 60 anni, guardiani di una villa nel piccolo centro della marca trevigiana, furono torturati e uccisi da una banda di romeni e albanesi. Bettin si serve di questo terribile evento di cronaca nera per entrare dentro una comunità. Il risultato è sorprendente anche per lo stesso autore. A fianco di una retorica xenofoba e rancorosa, la Lega nei microcosmi dei territori che amministra trasmette un «calore», così lo definisce Bettin, di cui non sono capaci né il Partito democratico, né gli alleati del Popolo della libertà. Dopo che l’Europa ha registrato l’avanzata del movimento ecologista (mentre i Verdi nostrani sono stati travolti da un tremendo tsunami che li ha lasciati fuori dal Parlamento di Bruxelles) a cui in Italia è corrisposta l’onda lunga della Lega capace di sfondare persino in alcuni centri dell’ex rossa Emilia, l’analisi di Bettin è forse quella che meglio di ogni altra riesce a svelare i processi spesso sotterranei che hanno determinato quel doppio risultato. A Gorgo al Monticano il sindaco del Carroccio, Firmino Vettori ha ottenuto 1.996 preferenze. Pari al 100% dei voti espressi. Vettori nel 2004 era arrivato “solo” al 62,5%. Un miracolo? «Al contrario, tutto molto semplice: a Gorgo quella della Lega era l’unica lista in lizza». Nessuno ha trovato il coraggio di confrontarsi con Vettori. Nemmeno Bettin: «Sarebbe stato velleitario. Il sindaco in questi anni è diventato davvero un amico personale di Daniele Pellicciardi, il figlio della coppia del massacro». A Gorgo il calore della Lega si misura anche così. Ma l’analisi di Bettin parte da più lontano. Dalla Francia di Daniel Cohn-Bendit.
Vita: Invidioso del successo dei Verdi d’Oltralpe?
Gianfranco Bettin: Quello è stato davvero un voto ecologista. Nel senso che rappresenta autenticamente i valori di una parte di società. E infatti le posizioni di Cohn-Bendit sono di difficile catalogazione. Su alcuni temi è a destra dei socialisti, su altri li supera a sinistra. Ma certo non è etichettabile con un marchio, se non quello dell’ambientalismo. Un ambientalismo, si badi bene, concreto e molto attento a temi decisivi, quello del lavoro prima di tutti.
Vita: In Italia non è così?
Bettin: No, e qui risiede la loro debolezza. I Verdi hanno scelto di intrupparsi in una formazione politica di sinistra e naturalmente sono stati travolti dalla crisi che la stessa sinistra sta subendo in tutto il continente. Non poteva essere altrimenti.
Vita: In Italia invece vince la Lega, che proprio ecologista non è…
Bettin: E chi lo dice? Quello che vedo io, almeno nel Veneto, è un partito che a livello locale si batte contro il proliferare dei capannoni, le discariche e gli elettrodotti. Tanto che gli ecologisti puri, intendo quelli che non si fanno “usare” dalla politica, spesso finiscono per votare Bossi. Di più. Proprio l’impronta ecologista è uno degli elementi che distinguono la Lega dal Pdl di Giancarlo Galan, il governatore che vorrebbe fare della regione «un’unica grande città metropolitana, con le sue zone commerciali, le sue vie di comunicazione. Come Los Angeles».
Vita: Però Galan e Lega sulla sicurezza sono allineati. E anche lei con questo libro sembra prender sul serio questo allarme che viene da destra. È così?
Bettin: Per dieci anni mi sono occupato di politiche sociali al Comune di Venezia. Ho istituito molti servizi che riguardano immigrati, ma ho anche combattuto la criminalità, quella italiana, ma anche quella che nasce dall’immigrazione. Per questo ho vissuto quasi sette anni sotto scorta giorno e notte. Non ho le illusioni che altri hanno coltivato a sinistra.
Vita: In che senso?
Bettin: L’immigrazione non è una festa. È vero che esiste una costruzione mediatica politicamente orientata al tema della sicurezza. Questo però non significa che l’emergenza sicurezza sia fondata sul nulla. La sfida del libro era di entrare dentro questa condizione di paura, per provare a capire, senza giudizi aristocratici.
Vita: Quali risultati ha ottenuto?
Bettin: Vettori, che non è Gentilini, ha preso il 100% dei voti perché è riuscito a ricucire attorno a sé una comunità. La Lega è un arcipelago, non un blocco monolitico. Ci sono i Vettori e i Gentilini. Quello che li unisce però è la capacità di stare nei luoghi, di non liquidare le paure come costruzione artificiosa. Il delitto di Gorgo ha segnato il limite invalicabile fra le chiacchiere e chi capisce che nella sorte dei due poveri custodi ci si ritrova tanta gente.
Vita: Nel Veneto però i tassi di integrazione degli stranieri sono eccellenti. Un altro merito della Lega?
Bettin: In questo caso proprio no. La capacità di accoglienza non è il risultato di politiche pubbliche. Anzi. Molto spesso le amministrazioni locali della Lega sono deliberatamente discriminatorie. Per esempio sul tema della casa, dove a permettere l’integrazione sono le agenzie immobiliari private che non hanno, a differenza che negli anni 90, alcuna preclusione ad affittare a chi non è italiano. Poi c’è la vivacità di un associazionismo molto presente. Sono il mercato e il non profit ad aver creato la rete di supporto per gli stranieri, non certo le amministrazioni pubbliche.


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