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Cosa insegna il caso francese

La lezione delle Europee secondo Michele Boato

di Michele Boato

Pragmatismo in politica ed economia. E libertà di pensiero. È il segreto degli “Ecolò” Il fenomenale successo elettorale dei Verdi francesi alle elezioni europee 2009 non può essere archiviato come un episodio un po’ anomalo. Europe Ecologie (così si chiama la lista guidata da Daniel Cohn-Bendit) ha ottenuto il 16,3% dei consensi, diventando il secondo partito francese, alla pari dei socialisti che, precipitati dal 29 al 16,8%, hanno eletto 14 europarlamentari, come i Verdi. Nella regione parigina, inoltre, gli ecologisti hanno superato i socialisti di ben 6 punti. Che non si tratti di un episodio isolato in Europa lo dimostra l’ulteriore avanzata dei Gruenen tedeschi i quali, archiviata l’era di Joska Fischer, crescono ulteriormente dall’11% del 2004 al 12% ed eleggono 13 europarlamentari. Si pensi che il Financial Times edizione tedesca, ha pubblicato un editoriale «Perché votare i Verdi» ricordando che le energie rinnovabili hanno creato in Germania, solo nel 2008, 175mila nuovi posti di lavoro. Si aggiunga poi il 4% dei Verdi greci, col loro primo europarlamentare mandato a Strasburgo, i tre eletti in Belgio e, in generale, il peso dei Verdi che passano da 42 a 53 nel Parlamento europeo.

E i Verdi italiani?
Nati timidamente nel 1983 in alcuni Comuni (tra cui Trento e Bolzano), consolidati nel 1985 con l’elezione di una quindicina di consiglieri regionali soprattutto nel Nord e nel Centro, i Verdi italiani sono “esplosi” nel 1987 spedendo in Parlamento, con un milione di elettori (pari al 2,5%) 13 deputati – tra cui il sottoscritto, il fisico antinucleare Gianni Mattioli e l’animalista Anna Maria Procacci – e due senatori: nello stesso anno abbiamo tenuto e vinto i tre referendum antinucleari. La loro collocazione, indipendente dalla destra e dalla sinistra (Dc e Pci) secondo le indicazioni anche di Alex Langer, dava molto fastidio ad entrambi gli schieramenti, ma trovava notevoli riscontri, soprattutto nelle grandi città. Tanto da provocare la nascita (da una costola della moribonda Democrazia proletaria e da un’altra del Partito radicale) di una seconda lista ecologista chiamata Verdi Arcobaleno, che nel 1989 elesse due europarlamentari, che si aggiungevano ai tre del Sole che ride.
Qui finisce la “luna di miele” dei Verdi col popolo italiano e, dal 1990 (anno che ha visto il massimo risultato del 7% nel Veneto con 4 consiglieri regionali) inizia il loro lento, inesorabile declino.
Fino all’attuale scomparsa dal parlamento italiano (annegati nella Sinistra Arcobaleno del 2008) e da quello europeo (questa volta scomparsi dentro a Sinistra e Libertà di Niki Vendola).
Cosa insegna la Francia
Finora i segretari dei Verdi italiani Pecoraro e Francescato si sono giustificati con la supposta vocazione ecologista dei popoli del Nord che scomparirebbe in vista del Mediterraneo.
Cohn-Bendit (che dal “Dany il rosso” del 68 è diventato “Dany il verde”) smentisce questa analisi: il successo di Europe Ecologie è il frutto di una alleanza degli ecologisti con i “paysans” anti ogm di José Bové (che è tra i 14 eletti) e con l’ex magistrata Eva Yoly, leader di un movimento anti corruzione, una Mani pulite alla francese: insomma, tutta un’altra cosa rispetto allo scioglimento di fatto dei Verdi italiani in soffocanti alleanze con partiti della vecchia estrema sinistra. Le proposte francesi sono un misto di pragmatismo in politica ed in economia e di spirito libertario ed antirazzista:
1. recuperare al mercato del lavoro con la formazione e le nuove tecnologie chi è stato licenziato;
2. un nuovo modello industriale eco-sostenibile, basato sulle energie rinnovabili, spinte da una vera concorrenza che elimini la droga finanziaria con cui si sostiene ora il nucleare.
Allora, amici ecologisti, su le maniche e un po’ di libertà di pensiero e di movimento.

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