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Gheddafi show

Il Colonnello a Roma. Retroscena e provocazioni sui giornali in edicola

di Stefano Arduini

Gheddafi è sbarco a Roma. Sulla divisa un’omaggio al leader anticolonialista impiccato dagli italiani. Il Senato però non gli concede l’Aula. Berlusconi si arrabbia. Pd si spacca. Oggi è questa la notizia portante sui quotidiani.


«Sono qui perché l’Italia si è scusata. Ora è una nazione amica», dice il leader libico. Il CORRIERE DELLA SERA titola in prima: “Gheddafi a Roma: siamo amici. Ma il Senato gli nega l’aula”. Il colonnello parlerà a palazzo Giustiniani. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo. Contrariato Berlusconi: «Una decisione grave». Che fra l’altro ha spaccato ancora una volta il Partito Democratico: Franceschini e Veltroni infatti erano per il no alla vetrina parlamentare per Gheddafi, mentre D’Alema e Marini che invece erano pronti ad ascoltare il leader libico anche in Aula. Al caso tutto interno al Pd il CORRIERE naturalmente dedica un titolo a pag 2: “Latorre sconfessato per il suo sì al rais. Si spaccano veltroni e dalemiani”. La cronaca della giornata del leader libico: «Appena sbarcato all’aeroporto di Ciampino, accolto da Silvio Berlusconi, stupisce tutti per quella grande foto appesa alla giacca militare, a mo’ di decorazione. Ma subito viene svelato il mistero: si tratta dell’eroe dell’anticolonialismo impiccato dagli italiani, Omar al Mukhtar. Berlusconi gli dice: «Oggi si è chiusa una lunga pagina dolorosa». E lui, il Comandante della Rivoluzione, proprio al Quirinale, precisa che il suo arrivo in Italia è stato permesso solo grazie «alla condanna e alle scuse dell’Italia». E ancora: “«Il terrorismo ha le sue ragioni»” “Un’occasione di chiarezza” è il titolo dell’editoriale di Franco Venturini: «Evento storico certamente lo è…eppure una sensazione di disagio permane, e ci sembra giustificata. Per alcuni non trascurabili versi, il nuovo clima di cooperazione e amicizia instaurato con Gheddafi è nell’interesse dell’Italia. Interesse economico, ovviamente nel settore energetico ma anche a beneficio di altre imprese le cui attività dovrebbero riequilibrare i pesanti impegni finanziari sottoscritti dall’Italia lo scorso anno. Interesse politico, perché il governo Berlusconi ha avuto il merito di finalizzare l’intesa con Tripoli (anche se le prime aperture vennero da Prodi)», ma «qualcosa se non si vuole essere ipocriti va ricordato». E qui Venturini elenca il sostegno di Gheddafi ai terroristi di Eta e Ira, l’espulsione degli italiani nel 1970, i missili sparati contro Lampedusa, il regime di Tripoli, il programma nucleare scoperto per caso nel 2001e  le sue attività terroristiche.

“Gheddafi show tra le polemiche” è il titolo di apertura di LA REPUBBLICA. Molto spazio alla visita del leader libico, fra pasticci del cerimoniale e minacce (in volo per Roma Gheddafi  ha fatto sapere che se non fosse stato accolto da Berlusconi non sarebbe nemmeno atterrato), tra polemiche e mediazioni: è stato cancellato il suo discorso al Senato (su iniziativa dell’opposizione, che però si divide. D’Alema contro Veltroni). Non mancano le note di colore: “Cena di gala a Villa Madama tra Carfagna e penne tricolori”. Quanto alla politica, fanno discutere alcune dichiarazioni del Colonnello. Quella relativa al terrorismo («bisogna sforzarsi di comprendere le ragioni… e non limitarsi solo a guardare gli effetti») e quelle sui richiedenti asilo («Ci sono milioni di persone attratti dall’Europa. È ridicolo pensare che tutti abbiano un problema di asilo», dice il campione della democrazia libica). Gheddafi sulla divisa portava una fotografia. La commenta Angelo Del Boca, esperto del colonialismo in una intervista: «rappresenta il capo della resistenza in Cirenaica incatenato ed esposto al ludibrio. Omar Al Mukhtar che allora aveva 72 anni era il vicario di Idriss, che non era ancora re ed era fuggito al Cairo. Insomma era il rappresentante dei sovrani umiliato dai fascisti. Ma per i libici era soprattutto l’eroe che aveva combattuto oltre un decennio tenendo testa agli italiani con poche centinaia di uomini». L’editoriale, firmato da Guido Rampoldi (“La carovana del colonnello”), punta l’indice sulle contraddizioni di questa visita. Il discorso al Senato e la laurea honoris causa all’università di Cagliari (in diritto) a Gheddafi che «da 40 anni è il capo di un dispotismo, cioè di un regime che è l’antitesi della democrazia parlamentare e dello stato di diritto». Potenza degli idrocarburi… commenta Rampoldi.

“Un genio della comunicazione”. E’ il titolo di uno dei tanti articoli che LA STAMPA propone come approfondimento particolare sulla visita del leader libico. Cita l’articolo: «Chi di foto colpisce, di foto perisce. Silvio Berlusconi la scorsa estate si presentò a Bengasi, sotto la tenda del Colonnello, con il suo album famigliare: una copia di Chi, in cui era raffigurata la moglie e il nipotino. Gheddafi, improvvisatore di talento, risponde con l’eroe al quadretto della famiglia felice. Un colpo da maestro. Sorprende e spiazza. Il presidente del Consiglio gli tende la mano, mentre il colonnello in altra uniforme stringe con la sinistra il bastone del comando. Il travestimento del Colonnello supera quello del Cavaliere».
Non sono comunicazione e pubbliche relazioni. Nell’agenda c’è anche molto business. «Tra oggi e domani», si legge nell’articolo “Petrolio, energia e gas nel dossier E spunta la Roma”,  «nella tenda del leader libico, si svolgeranno una serie di incontro con i rappresentanti delle maggiori fra i quali l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, Flavio Conti e Alessandro Profumo, rispettivamente Ad di Eni e Unicredit, nel cui Consiglio di amministrazione siede il governatore della Banca centrale libica Farhat Bengdara». Tra i  potenziali accordi commerciali ed economici dei i due paesi, spunta anche la Roma. Italpetroli, la holding della famiglia Sensi che controlla la Roma Calcio, deve 277 milioni di euro a Unicredit. Secondo l’articolo:«La Roma ha scelto come advisor Mediobanca che ha sempre avuto un ruolo importante nello sviluppo degli investimenti libici in Italia, a partire proprio dalla partecipazione azionaria in Unicredit. La visita di Gheddafi potrebbe accelerare  l’operazione salvataggio: i libici entrerebbero con una quota fra il 20 e 40%, destinata ad aumentare in futuro, garantendo la permanenza al vertice della famiglia Sensi».

Il SOLE 24ORE dedica una pagina intera alla visita del leader libico “Sono qui perché avete chiesto scusa”, è il titolo dell’articolo, che mette in luce la scelta provocatoria di Gheddafi di portare al petto la foto di Omar al Mukhtar, il leone del deserto, leggendario capo della resistenza libica. Sui riflessi della visita del leader libico sulla politica italiana è centrato Il Punto di Stefano Folli, “Nel lungo congresso del Pd entra anche il leader libico”: «Il partito è riuscito  dividersi sull’opportunità di dare la parola in aula, al Senato, al dittatore libico (…) Difficile non avvertire in questa frattura verticale l’eco di un’incomprensione profonda che lacera il partito e va molto al di là del caso Gheddafi. Si capisce che il lungo congresso si svolgerà sui giornali e negli spazi pubblici senza esclusione di colpi. Un pezzo del gruppo dirigente armato contro l’altro. Potrebbe rivelarsi un processo persino più aspro e doloroso di quanto fosse lecito immaginare fino a oggi».

“Libia e Italia, si volta pagina”. È il titolo di apertura di AVVENIRE che si limita alle cronache senza nessuno commento sulla visita del colonnello. Fulvio Scaglione racconta la storia del leader libico. Mentre Paolo Alfieri spiega che il sogno panafricano (gli Stati Uniti d’Africa) fatica a decollare. Le istituzioni dell’organismo non sono ancora state realizzate: l’unico eco concreto è la forza di peace keeping intervenuta in Darfur e Somalia. AVVENIRE analizza anche la situazione dei cattolici a Tripoli: sono solo 100mila e sono tutti parte della comunità di immigrati. Un accenno anche alla polemica di parte dell’opposizione che ha “chiuso” l’aula del senato a Gheddafi. Ma D’Alema e Marini si sono dissociati: ultimi sussulti della realpolitik a sinistra. Forte la polemica di Jean Leonard Touadi, congolese oggi deputato, che ha avuto parenti morti nel volo Brazzaville Parigi caduto per un attentato nell’89. Dietro ci sarebbero stati i servizi segreti del colonnello.

Sulla visita di Gheddafi IL GIORNALE dedica la foto della copertina, le pagine 2 e 3 e due editoriali. Mario Cervi scrive: «Un presidente degli Usa cui erano state rimproverate eccessive indulgenze verso i dittatorelli centro-americani così rispose “Sono figli di puttana, ma sono i nostri figli di puttana”. Le fatue ironie devono cedere il passo quando l’interesse del Paese chiama a sentimenti di ben diversa importanza e concretezza. Lockerbie è un nome sbiadito, le infermiere bulgare  accusate di aver contagiato  di aids bambini libici è nel dimenticatoio, come  le espulsioni degli italiani. Saremmo pronti ad associarsi al tripudio delle alte autorità per questo evento storico, se alcuni aspetti non ci sembrassero inopportuni, troppo compiacenti, troppo zelanti nell’ossequio. E’ difficile chiedere discrezione a Gheddafi. Ma la foto di Omar al Mukhatar se la poteva risparmiare. Tribune che hanno un prestigio politico notevole sono state offerte al leader libico, prima di lui solo re Juan Carlos e Kofi Annan il parco di villa Pamphili è stato chiuso ai cittadini. Pretesa tipica di un potente che trasforma i suoi capricci in affari di Stato, è capitato con la Svizzera dove ha  minacciato di rompere  le relazioni diplomatiche per un intervento della polizia contro le intemperanze di uno dei suoi figli. Non vogliamo rotture, l’amicizia del colonello è preziosa. Ma quanto ci costa». L’altro editoriale è di Maria Giovanna Maglie «Il colonello non è simpatico, ma la simpatia non è  una categoria politica. L’intesa con Tripoli è l’interesse del paese. Siamo i primi importatori di petrolio libico, ma siamo anche indispensabili perché la nostra tecnologia  consente l’estrazione e la distribuzione del petrolio. Grazie al patto di cooperazione  di 5miliardi di euro in 20 anni che sana il contrasto post coloniale, saranno costruite infrastrutture per 250mila dollari l’anno che gestirà il governo italiano così le aziende italiane avranno lavori per milioni di dollari con la sicurezza di esser pagate  nei tempi previsti».

Piccolo richiamo in prima su IL MANIFESTO: “Sbarco storico a Roma. Con polemiche”. E poi due pagine intere dedicate al colonnello: “Ecco Gheddafi. Tre le polemiche”. Il Pd si spacca sulla decisione di concedere al leader libico l’aula del senato per il suo intervento: e per la prima volta Walter Veltroni e Massimo D’Alema dichiarano senza mezzi termini le opposte opinioni: ««nessuno scandalo per Gheddafi al senato», dice quest’ultimo. E ricorda: «alla camera venne Arafat con la pistola». A questo punto Veltroni batte colpo: «Condivido la posizione del Pd al senato». Una nuova capigruppo, in serata, trasloca l’evento nell’aula Zuccari. In senato le acque si calmano. Nel Pd no. Oltre a un parziale resoconto della giornata di ieri, ci sono poi due interviste: una a Christine Weise, presidente di Amnesty Italia, sulle condizioni degli immigrati in Libia denunciate dalla Ong un paio di giorni fa a seguito di una missione nel centro di detenzione di Kisratah (“In Libia violati i diritti umani dei migranti ma anche dei libici”), e una ad Angelo Del Boca, storico del colonialismo italiano, che sottolinea la valenza storica di questa visita: è vero, qualcuno lo contesta, ma Gheddafi ha costretto un paese che non aveva memoria a riconoscere i suoi torti ed è qui da vincitore. Anche perché, prosegue lo storico, «5 miliardi di dollari per un periodo di 25 anni sono una cosa molto, molto importante». Il riferimento è al Trattato di amicizia e all’accordo sui nuovi respingimenti, che però, secondo Del Boca, lasciano il tempo che trovano, perché i 4mila chilometri di confine verso l’Africa subsahariana, da dove provengono la maggior parte dei migranti che sperano di spiccare il volo dalle coste libiche verso l’Europa, sono troppo estesi per potere bloccare un flusso umano del genere.

Ironia della sorte, il leader libico parlerà sotto affreschi che rappresentano Salomone, re di Israele. E’ un aneddoto che  ITALIA OGGI svela  nell‘articolo dedicato a Gheddafi nella sezione Primo Piano. Non ci sarà l’aula del Senato per il leader libico. «Il colonnello», cita il quotidiano dei professionisti, «oggi parlerà comunque in una sede del Senato, ma non sarà Palazzo Madama. Si tratterà invece di palazzo Giustiniani, in particolare la sala Zuccari, dal nome di Federico Zuccari che ne affrescò la volta». E proprio tra quegli affreschi spiccano cinque storie della vita dei re Salomone uno dei più importanti re di Israele».
ITALIA OGGI pubblica anche una lettera aperta  di Pierluigi Mantini a Gianfranco Fini. In essa, l’editorialista di ITALIA OGGI fa una riflessione sul rapporto con la Libia che va oltre i legittimi interessi economici. Il rapporto con la Libia non sarà mai strategico in assenza di sue significative riforme democratiche. Scrive Mantini: «Specificamente, crediamo siano doverose, da un lato l’esplicita richiesta alla Libia di ratificare la Convenzione Onu sui rifugiati del 1951 e dall’altro quella per l’adozione della Moratoria delle esecuzioni capitali».
 


E inoltre sui giornali di oggi:

BERLUSCONEIDE
CORRIERE DELLA SERA – Breve lettera di Veronica Lario al giornale. Questo il testo integrale: «In queste settimane ho assistito in silenzio, senza reagire mediaticamente al brutale infangamento della mia persona, della mia dignità e della mia storia coniugale. Certo è che la verità del rapporto fra me e mio marito non è stata neppure sfiorata, così come la ragione per cui ho dovuto ricorrere alla stampa per comunicare con lui. Certo è che l’ho sempre amato e che ho impostato la mia vita in funzione del mio matrimonio e della mia famiglia».


MIGRANTI
LA REPUBBLICA – “Il Csm: «Il reato di clandestinità rischia di paralizzare la giustizia». Riferisce Valdimiro Polchi circa la bocciatura che il Csm ha reso pubblica del pacchetto sicurezza. In particolare «non appare idonea a evitare la circolazione di stranieri entrati irregolarmente» e … lede i diritti degli immigrati e dei loro figli (la richiesta del permesso di soggiorno per la dichiarazione di nascita all’anagrafe). Senza contare che si rischia un «eccezionale aggravio» del lavoro della magistratura.

AVVENIRE – Un pagina dedicata alla nota del Csm che all’unanimità ha votato un documento in cui si sottolinea che il ddl sicurezza lede i diritti dei clandestini e dei loro figli, e comporterà la totale paralisi dell’apparato giudiziario. Ma la nota del Csm sottolinea anche gli aspetti positivi del ddl: soprattutto le norme «a maggior tutela dei soggetti deboli e in generale delle vittime dei reati».


SCUOLA
LA REPUBBLICA – R2 dedica il suo focus a “Il voto della discordia” ovvero il 6 rosso, ideato dai prof per evitare una bocciatura con una insufficienza e segnalare le discipline in cui il 5 è diventato 6. Contrastato dalla Gelmini e da alcuni presidi e genitori. Franco Vanni sottolinea come in realtà non cambi nulla (le bocciature restano bocciature) e come si siano succedute indicazioni anche poco coerenti da parte del ministero.


SCOUT
AVVENIRE – Il quotidiano cattolico riporta la notizia dell’arresto del boss D’Agosta che a Ragusa aveva minacciato gli scout facendo saltare l’inaugurazione delle loro festa fatta su un terreno confiscato alla sua famiglia. «Via dal mio terreno o non vi farò vedere la fine dei vostri giorni», aveva detto. Il vice questore Francesco Marino fa i complimenti agli scout: «Denunciare l’episodio alla polizia è stato un atto di grande coraggio».


INTERCETTAZIONI
IL MANIFESTO – Apertura su “Lo stato del silenzio”, titolo relativo alla fiducia votata dal centrodestra al ddl Alfano contro le intercettazioni. «Berlusconi imbavaglia il paese». Giornalisti ed editori sul piede di guerra, l’opposizione si appella a Napolitano. E Beppe Grillo, in commissione Affari costituzionali, dove è convocato per il ddl di iniziativa popolare “parlamento pulito”, fa uno show dei suoi: «In parlamento solo vecchi e zoccole».

 

FONDAZIONI
Il SOLE 24 ORE – Articolo dal Congresso nazionale dell’Acri. “La Fondazioni rinunciano ai divedendi della Cdp”. L’annuncio di Guzzetti è arrivato ieri. «Siamo interessati a restare in Cassa depositi e prestiti , ma essEndo giuridicamente possibile, preferiamo non convertire le nostre azioni privilegiate in questo momento». Una decisione legata alle condizioni del mercato. Guzzetti ha anche tirato un po’ le orecchie a Tremonti per i continui richiami alle banche che non presterebbero abbastanza denaro e rivendicato il ruolo svolto dalle Fondazioni per sostentere la ricapitalizzazione delle aziende di credito. Ovviamente poi Guzzetti ha chiesto meno tasse sulle Fondazioni…


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