Economia

In Europa non si va per scaldare la poltrona

di Giuseppe Frangi

Non si è parlato molto di Europa nella campagna elettorale che ha dominato il dibattito politico nelle settimane scorse. Fattori interni e condizionamenti del voto locale hanno finito con il prevalere pesantemente sino ad oscurare la vera partita in gioco. La prossima legislatura europea sarà una legislatura importante e delicata, nella quale si giocheranno tante partite destinate ad incidere pesantemente sulla vita di ciascun cittadino dei 27 Paesi membri dell’Unione. Con che idee i parlamentari eletti in Italia si apprestano a sbarcare a Strasburgo? Davvero difficile saperlo. Eppure sarebbe davvero importante saperlo. Facciamo un paio di esempi. Nel 2007 la Commissaria europea alla Concorrenza, Neelie Kroes, olandese, ha aperto una procedura contro l’Italia per i benefici fiscali riservati alle banche di credito cooperativo. «Un caso piccolo solo in apparenza», ha scritto sul Corriere della Sera Massimo Mucchetti, «perché fa parte di una più generale offensiva comunitaria contro i “privilegi” della cooperazione e segnala una subalternità ideologica al mito della Spa nel quadro di un’Europa dove fioccano, senza che Bruxelles fiati, ben altri aiuti di Stato ai colossi del credito e dell’auto». In sostanza, invece di sorvegliare un sistema bancario che con le sue strategie spregiudicate ci ha portati dentro una crisi difficile e pesantissima, l’Europa è partita all’offensiva per imbrigliare uno dei pochi segmenti del credito sani e davvero funzionali all’economia reale. Ci piacerebbe sapere che cosa pensano in merito i neo parlamentari europei, visto che in campagna elettorale solo un paio di loro (Patrizia Toja e Mario Mauro, una del Pd, l’altro del centrodestra) sono usciti allo scoperto. Eppure questa è una battaglia sia culturale che economica di grandissima importanza, visto ci sono in gioco sia gli interessi di un’economia reale, sia un’idea di modello di sviluppo che ridà centralità ai legami solidali rispetto alle mere logiche di profitto. Alla Bcc la commissaria europea contesta che vengano favorite da aiuti di Stato, pagano le imposte solo sul 30% dell’utile. Ma va ricordato che l’avanzo va a riserva indivisibile e non in bonus per i banchieri o in operazioni a favore di clienti altolocati. Il risultato è che oggi il sistema del Credito cooperativo ha un patrimonio di vigilanza del 13,5-14% degli attivi ponderati per il rischio, il doppio di quelli dei maggiori gruppi bancari italiani.
Ma la legislatura che inizia ha in agenda un’altra sfida decisiva. Proprio alla vigilia del voto l’Eurostat ha reso noti i nuovi dati sulla disoccupazione in Europa. Siamo al livello più alto da dieci anni a questa parte (9,2%), e per il 2010 il dato sarà destinato a peggiorare. Eppure il 2010 avrebbe dovuto essere, secondo l’Agenda sottoscritta a Lisbona nel 2000 in occasione del Consiglio europeo, l’anno della piena occupazione. Per i prossimi anni, vista la crisi irreversibile del modello fordista, abbiamo davanti due alternative. O una jobless growth, una crescita che non crea posti di lavoro. O l’investimento su un modello capace di creare nuove competenze e nuovo capitale umano nelle aree che domani emergeranno come grandi sfide sociali, dall’immigrazione all’invecchiamento della popolazione.

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