Famiglia

protezione civile sì, servizi di sicurezza no

In una circolare Bertolaso vieta il coinvolgimento dei "suoi"

di Redazione

Ho letto con interesse sull’ultimo numero di «Vita» della questione delle ronde e dei volontari che ne potrebbero far parte, anche se con alcuni limiti. Nei mesi scorsi ho sentito però parlare di uno specifico coinvolgimento del volontariato nel controllo del territorio, soprattutto del volontariato di protezione civile. Dato che sono volontario proprio in un ente di protezione civile, vorrei sapere che cosa ci aspetta….
Stefano B.Iniziamo con un assunto: il sottosegretario Guido Bertolaso è potente. Ciò di cui lei riferisce era infatti contenuto nel decreto “stalking” (dl 11/09), provvedimento che ha introdotto tra l’altro sanzioni penali a carico degli ex (mariti, amanti, fidanzati) che perseguitano anime ormai non più gemelle. Nel decreto si prevedeva un coinvolgimento diretto del volontariato in operazioni di controllo del territorio, relativamente all’ambito della sicurezza urbana (scippi, violenze ecc); appunto le famose ronde di cui abbiamo parlato nello scorso numero di Vita.
Prima della conversione in legge, il capo del dipartimento della Protezione civile ha fatto pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale una circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri, datata 10 marzo 2009, nella quale precisava il concetto di volontariato della protezione civile richiamando le leggi di riferimento (leggi 266/91 e 225/92).
Nel testo della circolare si legge che mai e poi mai il volontariato di protezione civile potrà – in quanto tale – assolvere tali compiti di controllo del territorio; il volontario singolo sì, ma come libero cittadino, e – mai e poi mai – con uniformi o effigi della protezione civile. Certo, per mille altre ragioni la parte delle ronde è stata stralciata da quel decreto che è divenuto legge (38/09) senza le famose ronde. Le ronde sono migrate ad altro disegno di legge (ddl 733-B) ora all’esame del Senato. Sono però convinto che il fatto che Bertolaso abbia puntato i piedi sulla questione, abbia la sua importanza. Come dire, un’autorità con un po’ di autorevolezza, ecco.
Partendo da queste note di cronaca parlamentare, dobbiamo rilevare come persista un’ignoranza di fondo tra i nostri eletti in merito al vero significato del volontariato; mi porto avanti. Questa ignoranza rispecchia un comune sentire e un comune riferire di popolazione e mass media.
Viene cioè confuso il volontariato con il non profit, non si sanno tracciare gli opportuni confini dei concetti (e delle pratiche).
Vediamo di chiarire.
Il volontariato è nel senso comune una pratica libera, spontanea e gratuita – organizzata o meno – dei cittadini per favorire qualcosa o qualcuno che per lo più è esterno ai propri interessi egoistici, soprattutto a quelli economici.
Tutto il non profit è profuso nel volontariato. L’assenza di scopo di lucro (soggettivo e oggettivo) porta gli enti non profit (soprattutto quelli associativi) ad utilizzare in via prevalente la forza lavoro libera e gratuita degli associati o degli aderenti.
Ma le organizzazioni di volontariato (odv, disciplinate dalla legge 266/91 e dalle legislazioni locali) sono un volontariato all’ennesima potenza, in quanto vi si prevede un impegno da parte degli aderenti senza alcun scopo di lucro, neppure indiretto. L’interesse egoistico al risultato dell’attività – a godere dei risultati, ad essere anche “utente” – è precluso ai volontari/aderenti dell’ente di volontariato. Un’espressione infelice ma che rende l’idea è che il “vero volontariato” è quello delle odv; va bene, anche se non andrei oltre. Per parallelismo, non direi mai che l’associazionismo non odv è “falso volontariato”. È associazionismo che si pratica con prevalenza di attività volontaristica; e non mi sembra poco.


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