Welfare

MINORI ERRANTI. Terre des hommes: «I punti deboli dell’accoglienza»

Una ricerca di Terre des Hommes Italia, con alcune raccomandazioni al Governo

di Sara De Carli

Il minore straniero è sempre, innanzitutto, un minore. Ovvero un soggetto che ha la necessità di essere assistito, accudito e tutelato. Questo, finora, è stato il principio-guida del nostro ordinamento: il minore per il solo fatto di essere minore, deve essere autorizzato a soggiornare in Italia, tranne in rari casi. «L’introduzione di una normativa specifica per il minore straniero non accompagnato, invece ha originato interpretazioni fuorvianti e contrastanti, che hanno minato l’efficacia del sistema e resa incerta la protezione del minore»: con queste preoccupazioni, Terre des Hommes Italia ha condotto una ricerca sui minori non accompagnati presenti in Italia e sull’efficacia dei loro percorsi di protezione. La ricerca, “Minori erranti. L’accoglienza e i percorsi di protezione”, si è svolta fra aprile 2008 e aprile 2009 e viene presentata oggi a Roma.

Le criticità
Quattri sono le criticità rilevate: il riconoscimento della figura del minore straniero non accompagnato, l’identificazione delle attività consentite al minore durante la sua permanenza in Italia, in particolare la possibilità di lavorare, la conversione del permesso di soggiorno rilasciato durante la minore età in permesso di soggiorno per maggiore età, una volta compiuti i diciotto anni e infine, l’individuazione dell’autorità competente ad intervenire nel processo di accoglienza.

1/I permessi di soggiorno
L’intercettazione e il riconoscimento dei minori stranieri non accompagnati avviene  ad opera della Polizia o su richiesta dei servizi sociali. Di tutti i minori che entrano in Italia solo una piccola percentuale esprime la volontà di essere aiutato al momento in cui viene intercettato: il 70-80% dei minori scappa dai centri di prima accoglienza entro la prima settimana di permanenza. I minori che restano nei centri di accoglienza sono in genere intenzionati a seguire il percorso di aiuto che si traduce in quell’offerta di servizi chiamata “seconda accoglienza”. Al riguardo si rilevano grandi differenze di procedure tra Nord, Centro e Sud. In queste ultime due aree la tutela viene assegnata sempre ai servizi sociali. Al Nord, invece, è ormai prassi l’assegnazione della tutela ad un tutore, che svolga una effettiva funzione di terza parte rispetto a chi eroga l’assistenza.

2/I percorsi di formazione e integrazione
Una volta che il minore accetta di proseguire il percorso d’integrazione sociale e quindi di rientrare in un progetto educativo, i servizi se ne prendono carico. La presenza di un minore non accompagnato è comunicata dalla polizia e dai servizi sociali al Comitato per i Minori Stranieri, incaricato del censimento delle presenze di questi minori sul territorio italiano: nel tempo questa è rimasta l’unica attività del Comitato, che ha via via abbandonato le indagini sulle famiglie di provenienza dei minori per verificare l’opportunità del rimpatrio.  
I progetti educativi proposti dai Comuni prevedono percorsi formativi che possono essere di scolarizzazione, di alfabetizzazione in lingua italiana e/o di apprendistato lavorativo. Ciò che accomuna quasi tutti i minori non accompagnati che giungono nel nostro paese è la richiesta di lavorare, ancor prima di quella di poter ottenere il permesso di soggiorno, nonché l’aspirazione al benessere economico immediato e l’accesso agli stessi modelli di consumo dei coetanei italiani. Ne consegue che i tradizionali progetti di inserimento proposto spesso non rispondono alle loro esigenze.

3/La pericolosa boa dei 18 anni
Il pacchetto Sicurezza in via di approvazione ritorna all’interpretazione più restrittiva della Bossi-Fini che richiedeva un periodo di permanenza di almeno 3 anni del minore (di cui 2 partecipando a un progetto d’integrazione sociale) per poter concedere un permesso di soggiorno dopo i 18 anni. Non solo: nel decreto si dice che per i neomaggiorenni ci deve necessariamente essere un provvedimento di tutela e/o affidamento. Degli quasi 8mila minori migranti non accompagnati presenti nel nostro paese la stragrande maggioranza è prossimo alla maggiore età e non ha questi requisiti, quindi verrà presto trasformato in clandestino senza nessuna possibilità di proseguire il percorso virtuoso intrapreso fin qui.
L’arrivo di minori stranieri non accompagnati prossimi ai 18 anni vien dunque segnalato come un grave problema rispetto alla definizione di percorsi educativi e formativi: non ci sono i tempi per cercare di inserire il minore nel mondo del lavoro, il che può pregiudicare la possibilità di rinnovo del permesso di soggiorno raggiunta la maggiore età. 

Le raccomandazioni di Terre des Hommes al Governo
L’approvazione di un Piano Nazionale per i Minori stranieri non accompagnati. In particolare, il Piano dovrebbe promuovere un percorso uniforme di prima accoglienza sull’intero territorio nazionale dei minori stranieri non accompagnati. Tale percorso dovrebbe essere strutturato in modo da garantire al minore straniero una reale informazione sui suoi interlocutori istituzionali, sulle sue possibilità di protezione e soggiorno in Italia nonché sulle possibilità di un suo ricongiungimento alla famiglia.

Le raccomandazioni di Terre des Hommes al Ministero dell’Interno

Alla luce del recente “Pacchetto Sicurezza” si consenta anche ai minori stranieri non accompagnati che sono giunti in Italia dopo il compimento del 15 anno di età di proseguire il loro soggiorno regolare in Italia una volta divenuti maggiorenni, quando ciò sia necessario per esigenze di protezione, oppure quando il minore abbia comunque intrapreso un virtuoso percorso di integrazione sostenuto dall’aiuto concreto della collettività.
Terre des Hommes chiede anche l’emanazione di una circolare del Ministro dell’Interno che chiarisca al Comitato Minori Stranieri la suddivisione delle competenze tra le diverse amministrazioni che intervengono nel processo di accoglienza del minore straniero non accompagnato.


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