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Permesso di soggiorno a 18 anni, il “corso” non serve

I minori in affidamento o sotto tutela non devono seguire percorsi di integrazione

di Sara De Carli

Al compimento dei 18 anni, il minore straniero non accompagnato che è in Italia con regolare permesso di soggiorno per minore età può convertirlo in un permesso di soggiorno per motivi di studio o lavoro anche se non ha frequentato un progetto biennale di integrazione sociale e civile. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 2951/2009.

Ecco la questione. La Bossi Fini (ovvero la legge 30 luglio 2002, n. 189) prevede, all’articolo 25, che i minori stranieri non accompagnati possono convertire il proprio permesso di soggiorno in uno rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro o di lavoro subordinato o autonomo a condizione che minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. L’ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.

Ma che succede se il minore non accompagnato non è in Italia da solo, ma è affidato a un parente o sottoposto a tutela? Deve comunque seguire questi percorsi? Per il Consiglio di Stato, no. La decisione è stata presa analizzando il caso di un ragazzino albanese che si era visto rifiutare la conversione del permesso di soggiorno proprio perché non aveva frequentato tali corsi. Il ragazzino però era affidato alla tutela di un parente. I supremi giudici amministrativi hanno chiarito che la norma sui progetti non è applicabile ai minori in affidamento o sottoposti a tutela e che erroneamente la norma non distingue fra diverse categorie di minori stranieri soggiornanti in Italia, assoggettandoli tutti, anche quando non è necessario, a specifiche misure volte ad assicurare la loro integrazione nel tessuto sociale nazionale.

Il ragazzino per di più è diventato maggiorenne il 29 gennaio 2003, cinque mesi dopo l’entrata in vigore della legge e quindi gli era assolutamente impossibile aver frequentato un percorso biennale di fomazione civica. Il Consiglio di Stato quindi ha stabilito che la norma non può avere efficacia retroattiva e pertanto non si applica ai minori che hanno raggiunto la maggiore età prima dell’entrata in vigore della legge o entro i due anni dalla sua entrata in vigore (quindi fino al 26 agosto 2004, ndr). Pertanto i minori stranieri con questi requisiti, non potendo materialmente e giuridicamente prendere parte ai progetti di integrazione sociale della durata di circa due anni nel periodo precedente l’entrata in vigore della legge, possono ottenere ugualmente la trasformazione del permesso di soggiorno in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.


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