Cultura

Mahfuz, l’inventore del grande fratello

di Redazione

Affreschi pieni zeppi di tanti personaggi e storie. Come un grande reality show sulla pagina scritta, i libri dello scrittore egiziano sanno riportarmi immediatamente alle amate atmosfere del Cairodi Ouassil Mejri
Sono sull’aereo di ritorno dal Cairo. Sono entusiasta di tornare a casa a Bologna ma anche nostalgica di lasciare una terra alla quale il mio cuore e i miei sensi sono molto legati. L’unico rimedio che trovo per rivivere i bei momenti trascorsi nella capitale della terra dei faraoni è quello di tuffarmi nell’ennesima lettura di un libro di Naguib Mahfuz. Tra i due palazzi è il primo romanzo della trilogia che riprende il nome del vicolo del quartiere nativo dell’autore. Mahfuz, premio Nobel per la letteratura nel 1988, con grande realismo descrive nei minimi dettagli la vita giornaliera e gli stati d’animo dei suoi personaggi. In particolare racconta la storia di un’intera famiglia le cui vicissitudini si prolungano su tre generazioni in tre volumi.
Avevo letto questo libro per la prima volta diversi anni fa in arabo ma per il mio compleanno un’amica me l’ha regalato nella sua versione italiana. Così leggendo Mahfuz in italiano mentre sono sui cieli dell’Italia, riesco a fare un viaggio di ritorno immaginario nelle viuzze del Cairo. Tutti i miei sensi sono coinvolti. Per un lettore europeo, il linguaggio e lo stile dell’autore possono sembrare un po’ ridondanti ma certamente sono carichi di emozioni. La lingua popolare usata nei dialoghi potrebbe sembrare estremamente spontanea ma invece è accuratamente studiata.
Tanti sono i personaggi nel libro, e sono tutti connotati localmente. I commercianti del vicolo, le piccole botteghe del posto, le erboristerie frequentate quotidianamente dalla donne del Cairo in cerca di vari prodotti di bellezza naturali o tisane ad effetto quasi magico, le domestiche di colore, le famiglie che conducono una vita tradizionale in base alla loro visione dell’Islam.
Non so spiegarmi il perché, ma nonostante la realtà moderna nella quale vivo e la mia mentalità non tradizionalista, alcune volte mi piace identificarmi nella figura della moglie di Sayyed Ahmed, il capo famiglia e personaggio principale del romanzo. Seduta dietro la “Mashrabiyya”, il balcone ricoperto di una fitta grata di legno che permette di vedere senza esser visti dall’esterno, lei guarda e scruta i singoli spostamenti dei cairoti ed il movimento continuo della città sempre viva e accesa 24 ore su 24, un po’ come nei nuovi reality show che mi diletto a seguire. Una frenesia e un caos che si mescolano e che non coincidono con il mio modo di vivere tranquillo a Bologna. I libri di Mahfuz non solo li ho letti ma li ho anche visti. Molti sui personaggi e sue storie sono stati adattati e trasportati sul piccolo e grande schermo. Grazie al cinema, i libri di Mahfuz sono stati conosciuti da chi non li aveva mai letti, e come addetta ai lavori nel mondo del cinema mi sento di sostenere che il cinema egiziano è stato valorizzato da uno scrittore-sceneggiatore del calibro di Mahfuz. Il cinema egiziano ha avuto dei momenti di gloria anche per l’influenza di Mahfuz su sceneggiatori e registi. Le storie di Mahfuz sono state fonti di sceneggiature di diversi film del regista Salah Abu Seif, uno dei padri fondatori del neorealismo egiziano, tra l’altro focus del mio lavoro di ricerca all’università. Purtroppo, i critici internazionali hanno studiato e affrontato le opere di Mahfuz in chiave quasi esclusivamente letteraria tralasciando il suo rapporto continuo e prospero col cinema egiziano. Queste “omissioni” rischiano di lasciare in ombra l’anima più popolare di uno scrittore che ha messo al centro della sua narrazione la Cairo reale e viva con le sue botteghe e le sue viuzze pittoresche. Mahfuz è scomparso nel 2006 ma rimarrà lo scrittore che ha arricchito di più e modernizzato la letteratura egiziana e quella araba.

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