Welfare

Ancora morti sul lavoro

Tre persone hanno perso la vita mentre lavaravano nell'impianto sardo della Saras

di Stefano Arduini

Nella raffineria Saras di Sarroch in Sardegna sono morti tre operai impegnati nella manutenzione di un impianto, un accumulatore di gasolio, dell’azienda. Oggi giornata di sciopero proclamata dai sindacati.



Titolo: “Tre operai morti in raffineria”. Occhiello: Nella cisterna hanno cercato di aiutarsi l’uno con l’altro, ma l’azoto gli ha uccisi in 30 secondi. Sommario: I Moratti in Sardegna: siamo addolorati. I sindacati scioperano. Nella titolazione di apertura del CORRIERE DELLA SERA non compare il nome della raffineria in questione. Che è la Saras di Sarroch, di proprietà della famiglia Moratti. Le tre vittime sono Bruno Muntoni, 56 anni, sposato e padre di tre figli; Daniele Melis, 29 e Luigi Solinas, 27, il primo a sentirsi male. Gli altri hanno cercato di soccorrerlo. Altri due operai sono rimasti intossicati. I servizi alle pagine 2 e 3. Dino Martirano nel suo resoconto parla di «errore grave di procedura (nell’opera di manutenzione): …Prima di procedere il caposquadra deve avere in mano il foglio in cui il responsabile Saras dell’impianto attesta che le prove ambientali (la percentuale di ossigeno all’interno dell’impianto) hanno dato esito positivo. Ieri qualcosa non ha funzionato nella procedura». La Saras starebbe valutando l’ipotesi che gli operai non abbiano atteso il via libera. I parenti delle vittime parlano al contrario di «morti d’appalto…riferendosi alla concitazione che respira la raffineria (mille dipendenti a alcune centinaia di esterni) quando c’è il fermo per la manutenzione straordinaria». Il CORRIERE raccoglie la testimonianza del sopravvissuto Luca Fazio: “Lo stringevo e cercavo di tirarlo fuori. Poi sono svenuto” e la reazione della proprietà: “Sconvolti i Moratti: il primo pensiero alle famiglie delle vittime”.

Anche LA REPUBBLICA apre sulla sciagura in Sardegna: “Tre operai morti nella raffineria”. Pierluigi Solinas (26 anni), Daniele Melis (28enne) e Bruno Muntoni (56 anni) sono asfissiati nella cisterna che stavano pulendo nello stabilimento Saras di proprietà dei Moratti (che si sono recati subito in Sardegna: «vogliamo stare vicino alle famiglie delle vittime»). Le vittime hanno cercato di salvarsi la vita a vicenda.  Il tutto è accaduto in una manciata di secondi. La procedura, scrive Giuseppe Porcu, è questa: prima di iniziare il lavoro la cisterna viene bonificata con azoto, un gas inerte che scongiura il rischio esplosioni. Solo successivamente gli operai possono intervenire con maschera e respiratore. Che le vittime non avevano. Carlo Bonanni riferisce “L’orrore del sopravvissuto «Ho cercato di salvare Bruno»”. È Gianluca Fazio, 31 anni, che ha tentato invano di salvare i suoi compagni. Suo zio è il fondatore della Comesa, cooperativa sociale con 160 dipendenti che lavora a contratto per la manutenzione degli impianti Saras. A pagina 4, “Sotto il Colosso tra fumi e miasmi «Qui l’allarme è diventato routine»”. Un quadro di Sarroch, il paese dove c’è lo stabilimento Moratti presso il quale lavorano due abitanti su tre. Riferisce anche delle tensioni recenti tra azienda e associazioni ambientaliste, di un video di denuncia realizzato da ricercatori dell’università di Cagliari.

Non si può certo dire che il SOLE24ORE dia molto spazio alla notizia dei tre operai morti a Cagliari, anzi: l’articolo, breve, è confinato a pagina 23. Titolo: “Esalazioni tossiche, morti 3 operai”. Nessun accenno ai proprietari della struttura in cui è avvenuta la tragedia, ovvero i Moratti. Pura cronaca, con le prese di posizione dei sindacati e delle più alte cariche dello Stato, senza aggiungere una riga.

Foto nera e la scritta in grande “Il costo del lavoro” così in prima pagina IL MANIFESTO sulla morte dei tre operai che stavano pulendo un impianto di desolforizzazione alla Saras di Sarroch «una delle raffinerie più grandi d’Europa, Erano dipendenti di una ditta d’appalto che lavorava per lo stabilimento di proprietà dei fratelli Moratti. Un “incidente normale” in un paese dove la media dei caduti sul lavoro è di quattro persone al giorno», sintetizza nel richiamo in prima. A questo tema è dedicato anche l’editoriale di Galapagos “Un mondo felice”. «Un lungo elenco al quale i media non danno mai rilievo: le morti sul lavoro non fanno notizia eccetto quando diventano, come ieri alla Saras, una “ecatombe”. Poche righe in cronaca per un dipendente di 47 anni che sei giorni fa si è suicidato alla Ericsson di Roma lanciandosi dal tetto. Per i colleghi “un suicidio annunciato”, viste le voci che si inseguono di scorpori e trasferimenti nella fabbrica (…). Di sicuro invece, conquisterà “l’onore” delle prime pagine dei quotidiani di oggi in edicola la notizia della morte di 3 tecnici che lavoravano alla pulitura di un serbatoio di defosforizzazione (…) Quei tre lavoratori non erano dipendenti della Saras, ma di una società appaltante, non si sa quanto specializzata per questi lavori che hanno annientato tre vite in una “camera a gas”. (…)» e conclude «Con la crisi si indeboliscono, come le difese immunitarie, quando un corpo è debole, le possibilità di resistenza della classe operaia alle prese con quotidiani annuncia di licenziamenti. Ieri è stata la volta di Telecom. A una classe operaia debole, più facilmente si impone il ricatto salariale, quello pensionistico e la non osservanza delle norme sulla sicurezza. C’è chi afferma come il ministro Tremonti, che “dalla crisi l’Italia uscirà più forte di prima”. Ma, citando Malthus, molti non vedranno questo mondo felice». Sempre in prima la vignetta di Vauro con  un nazista di spalle che sotto la scritta “forni crematori alla Thyssen, camere a gas alla Saras” nella nuvoletta dice “Arbeit macht frei!”.

AVVENIRE apre sulla tragedia dei tre operai: “Lavoro tragico: altre tre vittime”, titolo  ripreso poi dall’occhiello di pagina 13 “strage infinita”. Nella stessa pagina, infatti, oltre al pezzo di cronaca sull’avvenuto, un boxino ricorda i precedenti del 2007 e 2008, dall’incidente di Pegognaga, Mantova (due operai caduti nell’imbuto di un silo) all’ultimo di Mineo, Sicilia (sei addetti alla pulizia della vasca di un depuratore). Nel settore petrolifero sono morte 12 persone negli ultimi 5 anni e si sono verificati 2.040 incidenti sul lavoro. Per quanto riguarda la vicenda di Sarroch i sindacati puntano il dito contro le condizioni di lavoro: troppi appalti al massimo ribasso, troppi straordinari, ritmi impossibili, tempi troppo stretti nelle consegne del lavoro.  

LA STAMPA dedica alle morti sul lavoro la fotonotizia in prima (“Muoiono in tre nella raffineria di Moratti”) e due pagine, la 4 e la 5. Nel taglio basso viene raccontata la vicenda di «Oil», un documentario  che denuncia i problemi della sicurezza all’interno della Saras e l’inquinamento nella zona. Gli amministratori ne avevano chiesto il sequestro, quindi era stato aperto un procedimento penale:  ora la Procura di Cagliari accorperà quasi sicuramente i due fascicoli. «Le immagini montate dal fotografo Massimiliano Mazzotta raccontano di incidenti, turni massacranti, scarsa sicurezza. (…) Uno dei lavoratori, con il volto nascosto, precisa: “Fanno le gare d’appalto al ribasso e così succedono gli incidenti: per rispettare i tempi concordati, la ditta che si accaparra l’incarico organizza turni massacranti e la sicurezza non viene rispettata”».

IL GIORNALE: un solo articolo dedicato alla tragedia sarda a pagina 20 (dopo Noemi, Ballarò, Di Pietro, Mentana, Elezioni, Sotomayor, Atomica e Tayson!!!). «Uno sviene, due l’aiutano. Tre operai uccisi dai gas nella raffineria dei Moratti» è il titolo del pezzo che racconta brevemente la cronaca dell’incidente, dell’arrivo precipitoso della famiglia Moratti e della rabbia del lavoratori che per oggi hanno indetto uno sciopero.


E inoltre sui giornali di oggi:



LEGGE 40
CORRIERE DELLA SERA – “Fecondazione, i centri senza regole”. Il focus di oggi fa il punto sulla fecondazione assistita dopo la sentenza della Consulta che «ha rimesso nelle mani dei medici la scelta del numero di ovociti da inseminare, ma molti centri, soprattutto pubblici, continuano ad applicare le vecchie regole: si fecondano al massimo tre ovociti e si trasferiscono tutti gli embrioni prodotto in un unico e contemporaneo impianto». Andrea Gallinelli, responsabile del maggiore centro di Procreazione medicalmente assistita  della Toscana, l’ospedale della Versilia a Viareggio: «Prima di cambiare vogliamo essere sicuri di cosa possiamo o non possiamo fare».

RIFUGIATI
CORRIERE DELLA SERA – Parla il ministro delle Politiche Europee Andrea Ronchi che attacca Bruxelles: «Nel 2008 sono stati 175mila gli ingressi illegali in Europa .Quelli via mare sono aumentati del 69%. E più di 4 su 10, ovvero ben 37mila, sono avvenuti in Italia: 3.300 in Sicilia, 1.600 in Sardegna, 800 sulla penisola e ben 31.300 a Lampedusa. A fronte di ciò siamo il quarto paese industrializzato a ricevere il maggior numero di richieste d’asilo. Il 122% in più del 2008. E nel 2008 ne abbiamo accolte l’8%..È facile commuoversi per i clandestini e poi non fare nulla. Noi abbiamo stanziato per il Fondo nazionale asilo di quest’anno 29,4 milioni di euro. L’Ue per 6 anni solo 21. È ora di passare dalla lacrime ai fatti. L’Ue stanzi più dei 69 milioni di euro annui per i clandestini. Introduca procedure uniche per l’asilo».

IL MANIFESTO – Si parla dell’intesa tra Libia e Unhcr annunciata da Frattini. «L’Italia lavora alacremente al proprio progetto: puntare tutto sulla collaborazione con la Libia. Scommessa rischiosa, l’accordo potrebbe saltare al primo mancato pagamento, ma inevitabile in un’ottica di contenimento dei flussi migratori. Attualmente la mossa italiana è creare un parafulmine contro le critiche internazionali e le probabili denunce alla Corte europea dei diritti umani. Questo parafulmine si chiama Unhcr. Ieri Frattini incontrando il suo omologo maltese, Tonio Borg, con cui ha annunciato essere finita ogni ostilità ha spiegato che la Libia è pronta a collaborare con l’Alto commissariato dell’Onu. Se ne parlerà il 9 giugno al vertice tra Italia, Malta e Libia a cui parteciperà Gheddafi in persona(…)»


MOBBING
LA REPUBBLICA – “Donne che odiano le donne”. Parte dalla prima l’inchiesta di Cinzia Sasso che riferisce del mobbing praticano dalle superiori donne. Un paradosso: le donne, prime vittime di questo tipo di violenza, una volta arrivate al potere, si comportano in modo vessatorio. Lo suggerisce uno studio americano intitolato Donna contro donna. L’arma preferita è, ma non è una novità, il pettegolezzo. Conferma empirica da Daniela Cantisani, che ha fondato l’Apem (associazione che si occupa di questo fenomeno): «la maggioranza dei miei casi riguarda donne vittime di altre donne. Aggrediscono con il pettegolezzo, ingiurie, diffamazioni, utilizzano fatti della vita privata per screditare».

DEGRADO
LA REPUBBLICA – Focus di R2 sulle metropoli sporche. Non c’è solo Roma (oggetto di critica, poi ritrattata in parte, da Berlusconi). Anche Milano, Bologna, Napoli, Bari soffrono di questo problema. La colpa dicono ovviamente gli esperti è della nostra inciviltà e delle troppe auto (impediscono la pulizia). Jenner Meletti intervista Guido Viale, autore di Azzerare i rifiuti, che giustamente punta l’indice sul fatto che se ne producono troppi: la soluzione è comprare alla spina (non solo detersivi, ma anche caffè, pasta, vino, ecc.). in ogni caso servono piani personalizzati, che tengano conto della configurazione geografica delle metropoli e coinvolgano la popolazione.

CRISI
SOLE24ORE – Ormai il cardinale Scola è un editorialista di punta del SOLE. Oggi firma un pezzo in prima pagina dal titolo “Il sonno della ragione genera crisi”. Assunto del porporato è che ci troviamo in questa situazione economica a causa della dimenticanza di quell’etica di cui pure negli ultimi dieci anni la finanza si era riempita la bocca e la carta, moltiplicando i codici etici. Quindi non bastano i proclami, ci vuole una diversa visione antropologica che escluda quell’«avarizia» di cui il papa aveva parlato tempo fa. Cosa aspettarsi dal G8, si chiede Scola? Che riparta dalla priorità del lavoro e della persona, secondo il motto “people first”. Dunque il lavoro – ribadisce il cardinale – e i legami che esso crea, contro la finanza anonima e impersonale, sono la via di uscita dalla crisi: Sta al G8 creare le condizioni perché questi legami non siano atrofizzati ma anzi possano crescere, dal basso.
 
CALABRIA
AVVENIRE – “La «casa dei giovani» nell’ex palazzo delle cosche”. L’ex palazzo dei Versace , la famiglia della ‘ndrangheta locale più famosa della Pianadi Gioia Tauro, diventa un centro di aggregazione giovanile. Un tempo simbolo del potere mafioso, oggi simbolo di speranza e di riscatto. Parte tutto dal “Bar 2001”, così battezzato negli anni ‘80, luogo di incontri e di affari sporchi (noto per “la strage del Bar 21”), poi assegnato dopo la confisca alla parrocchia di Santa Marina Martire. Un palazzo con le vetrate dei vetro, perché anche all’esterno vedano cosa si fa dentro: attività ludiche libere, sostegno scolastico, cineforum, giornalismo, animazione organizzata, internet point, biblioteca, ecc. Un centro, perno di un progetto di recupero della zona, per contendere i giovani alle file della mafia.

POVERI
AVVENIRE – Il rapporto istat  2008 sulla situazione del paese contende l’apertura alla tragedia di Sarroch. “Crisi, arranca una famiglia su cinque”. Il profilo del nuovo dispccupato: fra i 35 a i 54 anni, residente al centro-nord, sposato, ex impiegato nell’industria. Un focus del dossier riguarda la disoccupazione degli stranieri, il 10% dei senza lavoro. In particolare il tasso di disoccupazione delle donne straniere è doppio rispetto a quello delle coetanee italiane e tre volte tanto rispetto a quello dei loro coniugi o conviventi maschi. Quelle più in difficoltà: cingalesi, marocchine, tunisine, peruviane.In calo invece la disoccupazione per filippini e albanesi. Un dato sui matrimoni: con l’ingresso della Romania nell’Ue sono diminuite sensibilmente le nozze miste tra donne romene e uomini italiani (da 4mila a 2.300).

INFANZIA
AVVENIRE – “Bimbi nel mirino”. (la vetrina di pag. 3) Scoppia in Asia lo scandalo delle esecuzioni sommarie e la diffusione nel continente delle squadre della morte, denunciato da varie organizzazioni. Spesso le vittime sono ragazzi in fuga o abbandonati dalle famiglie. L’ultimo episodio di giustizia sommaria che ha portato a un’esecuzione è esploso a Davao, Filippine (secondo l’Onu, oltre 800 negli anni). «A Manila liberano un superboss della droga? A Davao non succederebbe, dal carcere si esce al massimo in una bara. Ciò sarebbe condannato in quanto esecuzione extra-giudiziale? Allora portiamo il boss davanti a un giudice e uccidiamo davanti a lui, in modo che non sia più extra-giudiziale». Parole agghiaccianti che sono state pronunciate da un capobanda, ma dal sindaco di Davao, Rodrigo Duterte. Con l’aggravante che a fare le spese di questa “giustizia fai da te” eretta a sistema sono in misura sempre maggiore giovani e bambini di strada.

COOPERAZIONE
LA STAMPA – A margine dell’Assemblea di Confcooperative, Raffaello Masci racconta l’esperienza del “welfare fai da te degli immigrati”,  l’esperienza delle 30 cooperative di immigrati «per gli immigrati e non solo» create nel Lazio, di cui 17 solo a Roma. Circa 400 i lavoratori coinvolti. L’esperienza viene raccontata attraverso le parole del vicepresidente di Confcooperative Roma, Reyna Terrones Castro, di origine peruviana. Prima «imprese di pulizie, facchinaggio, recapiti, trasporti. A questi ambiti, subito dopo, si è unito il lavoro di raccolta differenziata dei rifiuti. Poi c’è stata l’esigenza di rispondere a necessità sociali della stessa comunità straniera, da qui le imprese di immigrati per immigrati. “Per esempio – racconta ancora la vicepresidente Terrones – gli asili nido: molte donne straniere che lavoravano nelle pulizie dovevano uscire di casa alle cinque del mattino e non avevano dove lasciare i bambini. Si è allestita dunque una rete di attività di assistenza all’infanzia”». E poi cooperative che danno aiuto giuridico, «imprese di servizi nel campo dell’informatica (specie da parte di indiani e pachistani) o di servizi infermieristici (specie da parte di donne peruviane e dell’est europeo)».

ITALIA OGGI – «La politica faccia tutto il possibile per riformare le istituzioni, rinnovare le regole e moltiplicare le opportunità perchè il 2009 sarà un anno difficile». Così inizia l’appello di Luigi Marino, presidente Confcooperative, che ha rivolto alla politica durante la 35esima assemblea annuale dell’associazione. La preoccupazione deriva dai dati relativi al Mezzogiorno sul credito concesso alle cooperative. Oggi il 25% di chi chiede credito si vede respinta la domanda, il 16,7% riceve importi inferiori a quelli richiesti e il dato è in peggioramento. All’assemblea erano presenti il ministro dello Sviluppo Economico Scajola e dell’Economia Tremonti che entrambi hanno tranquillizzato Marino e assicurato che il Governo sta lavorando in questo senso.


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