Famiglia

I 18 anni della Convenzione Onu

Il 27 maggio 1991 l'Italia ratificava la Convenzione sui diritti dell'infanzia. Ma ancora non si può dire che sia pienamente attuata. Arianna Saulini, portavoce del gruppo CRC, mette in luce i punti critici delle nostre politiche per l'infanzia

di Sara De Carli

Oggi, in Italia, la Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia diventa maggiorenne. Il 27 maggio 1991 infatti l’Italia ratificava la Convenzione Onu con la legge 176/1991. Un doppio anniversario, visto che la Convenzione – approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York – si appresta invece a festeggiare i suoi 20 anni.

Come tutti gli anniversari, anche questo è l’occasione per fare il punto sulla situazione relativa ai diritti dei minori in Italia. Lo fa Arianna Saulini, responsabile advocacy di Save the Children Italia e portavoce del Gruppo CRC, un network di 79 organizzazioni e associazioni del terzo settore, coordinato da Save the Children Italia, nato nel 2000 per monitorare l’attuazione in Italia della Convenzione (in inglese Convention on the Rights of the Child, da cui l’acronimo CRC).

Un percorso incompiuto

«La strada da fare è ancora in salita perché non siamo ancora al punto di poter dire che a tutti i circa 10milioni e 150mila minori che vivono in Italia sia garantita la piena tutela di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione», dice la Saulini. «A novembre prossimo presenteremo un ampio rapporto di monitoraggio sullo stato di attuazione della Convenzione in Italia, supplementare a quello che il governo italiano ha presentato a gennaio alle Nazioni Unite (in allegato), illustrando in dettaglio se e come sia rispettato oppure no questo fondamentale documento nel nostro paese. Oggi però”, continua la Portavoce del Gruppo CRC, “non vogliamo lasciare passare inosservato l’importante “compleanno” della Convenzione e facciamo appello a tutte le forze politiche, al Governo e alla Commissione Parlamentare per l’Infanzia, affinché sia dato seguito ad alcune azioni, leggi e provvedimenti assolutamente prioritari e necessari in materia di tutela dei diritti dei minori».

Cosa manca quindi perché i diritti previsti dalla Convenzione siano attuati in Italia? Innanzitutto, spiega Arianna Saulini, «sarebbero necessarie maggiori risorse da destinare all’infanzia e maggiore trasparenza in merito alla loro entità». E poi un più efficace coordinamento nell’applicazione delle politiche per la promozione e la tutela dei bambini, in particolare attraverso l’Osservatorio nazionale infanzia e la Conferenza Stato-Regioni, anche al fine di garantirne maggiore uniformità sull’intero territorio nazionale. E ancora: la non più rinviabile istituzione di un Garante nazionale per l’Infanzia e dei Garanti Regionali che attualmente sono stati nominati solo in cinque Regioni – Veneto, Marche, Lazio, Molise, Campania – e la definizione e adozione del nuovo Piano nazionale per l’infanzia».

Risorse, Garante e il Piano Infanzia

Per la Saulini «i tagli effettuati sulle politiche sociali avranno anche un impatto sui minori, benché sia difficile da quantificare dato che non è definita l’entità della somma pubblica stanziata dai ministeri e dicasteri competenti fra i quali è tuttora ripartita e frammentata la responsabilità della tutela dell’infanzia e dell’adolescenza». 

Il Garante nazionale, figura prevista appunto dalla Convenzione e sulla cui istituzione siamo quindi in ritardo di 18 anni, è in in procinto di essere sdoganato dal Parlamento grazie al ddl presentato a luglio dal Ministro Mara Carfagna. Sul tema però si è appena spaccata la Commissione Affari Sociali, che sta esaminando la proposta: il Governo infatti ha respinto tutti gli emendamenti presentati, inclusi quelli della maggioranza e inclusi persino quelli dell’onorevole Alessandra Mussolini (Pdl), presidente della Commissione bicamerale per l’Infanzia. Emendamenti che, peraltro, sottolineavano la stessa preoccupazione manifestata dal CRC in una lettera alla Commissione Affari Socali: l’autonomia e indipendenza del Garante.

Secondo il CRC tale autonomia non è garantita dalla figura delineata dal ddl governativo, che prevede che il garante non sia dotato di una propria struttura ma, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvalga di risorse umane, finanziarie e strumentali attualmente disponibili presso il Dipartimento per le Politiche della Famiglia e presso il  Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunita` della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una copertura finanziaria di 200mila euro che «non risulta adeguata allo svolgimento delle funzioni proprie del garante».

Infine, il Piano Nazionale Infanzia, di cui l’Italia è sprovvista da cinque anni, in barba alla legge 451/97. L’ultimo piano approvato infatti è quello relativo al biennio 2002-2004. «Dato che una bozza del piano è stata predisposta dall’Osservatorio Nazionale Infanzia», spiega ancora la Portavoce del gruppo, «è necessario e non più procrastinabile che il Governo proceda all’adozione del piano e che assicuri adeguati finanziamenti per la sua implementazione e un adeguato coordinamento con il livello regionale delle azioni e interventi previsti».

Di recente Vita ha interpellato su questo punto Angelo Mari (leggi qui), direttore generale dell’Ufficio II del Dipartimento per le politiche per la famiglia, che aveva annunciato l’obiettivo di presentare il nuovo Piano Infanzia in occasione della Giornata Internazionale dell’infanzia, 20 novembre.

 


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