Sostenibilità

La vera epidemia è il panico

Virus e dintorni

di Movimento Consumatori

Mucca pazza, aviaria, influenza suina. Allarmi veri e presunti. Paure legittime e ingiustificate. Reazioni
a catena che mettono in ginocchio interi settori economici. Quale ruolo
ha la comunicazione?
E i cosiddetti “esperti”?
Come possiamo tutelarci?
E discernere nella massa
di informazioni?di Rossella Miracapillo*
Vivere sereni. Quasi impossibile con gli allarmi pandemie che ogni anno provocano nelle persone paura e fobie. Allerta dell’Oms che salgono, livelli alti di attenzione, avvisi inquietanti negli aeroporti. Chi può dimenticare l’influenza aviaria? Eravamo incollati al televisore a seguire con apprensione l’itinerario del virus e man mano che i contagiati erano in Paesi più vicini a noi la paura aumentava. Risultato? Ansia generalizzata, crollo del mercato delle carni aviarie, impennata di vendite di vaccini antiinfluenzali. Il primo anno in cui sono andati tutti esauriti, e grande pressione sulle aziende farmaceutiche che avevano appena scoperto degli antivirali. Gli unici (sembrava allora) in grado di contrastare la malattia. L’antivirale non era ancora stato registrato in Italia e tanta gente già lo ritirava dalla Svizzera dove era già in commercio a prezzi elevatissimi. Il virus dell’aviaria è poi improvvisamente sparito, velocemente come era arrivato.
Per fare un po’ di storia, negli ultimi anni siamo partiti dal morbo della mucca pazza, con un intervallo di “ebola” spaventosissima, per passare all’influenza aviaria, fino ad approdare alla febbre suina di queste settimane. Questa volta, però, almeno l’allarme sembra stia rientrando più velocemente che negli altri casi citati. Nel frattempo sono stati annullati migliaia di viaggi in Messico in un clima di paura per chi è di ritorno o in partenza per i Paesi dell’America latina. Ma chi lancia gli allarmi, chi li fa rientrare? È solo colpa dei media che rilanciano e amplificano le notizie? Indubbiamente la società in cui i mezzi di informazione sono elemento centrale delle nostre giornate, è condizionata dalle notizie, dal modo in cui occupano spazio i titoli dei giornali e dei telegiornali, dal modo in cui vengono reiterate ad ogni edizione, ma abbiamo l’obbligo di considerare che questo è certo negativo, ma anche un bene. La possibilità di lanciare un allerta, e che in tempo reale tutti gli abitanti della terra ne vengano informati, fa sì che si adottino immediatamente le precauzioni del caso, che consentono di circoscrivere e spegnere il fenomeno di natura sanitaria, qualunque sia la sua provenienza. Tutti gli organismi di tutte le naziona si allertano in modo più o meno omogeneo e tutti hanno azioni convergenti. In questo caso sono state parzialmente utili in quanto la potenza del virus si è immediatamente ridimensionata.
Ma cosa sarebbe successo se avesse assunto sempre maggior forza? Ovviamente meglio non scoprirlo. Molte degli allerta sanitari provocano però stati di panico non giustificati. Cosa si intendeva, ad esempio, quando si informava che l’Oms aveva alzato il livello di rischio a livello 5 su una scala di 6? E quale è il livello di allerta di una normale influenza? Sarebbe bastato questo dato per tranquillizzarci un po’. Il livello delle influenze invernali è 4. Il livello 5 è giustificato dal fatto che il virus A H1N1 è comparso nell’uomo per la prima volta ed è un lontano parente della spagnola che all’inizio del Novecento fece strage. In condizioni di vita, sociali ed economiche, molto lontane da quelle attuali, bisogna sottolineare.
Le ultime emergenze hanno però avuto il grande problema della comunicazione. Ogni media (giornali o tv) individua un esperto che si sente autorizzato a dire ciò che pensa a prescindere dalle reali competenze nel settore. Ed è questo soprattutto che ha creato problemi, che da consumatori dobbiamo valutare nella loro complessità. Non è solo la paura che si deve mettere in conto. Ogni volta sono interi sistemi economici a saltare. Con la febbre aviaria si ebbe la profonda crisi del settore delle carni bianche, con l’azzeramento delle vendite di pollame. Con la febbre suina il rischio è mettere in ginocchio l’economia turistica delle regionali interessate, oltre che quella internazionale delle carni suine. Basti pensare che sono state centinaia le persone che, solo ai nostri sportelli, si sono rivolte per annullare viaggi in Messico programmati anche da parecchi mesi e con congrue caparre versate. Tutto ciò è un prezzo che si può accettare di pagare se l’allerta è reale, ma a quali costi se invece si tratta di fenomeni circoscritti e relativi? Proprio per le storture e i rischi da cattiva informazione l’Oms si è dotato di un ufficio stampa autonomo con un elenco di esperti di riferimento, unici autorizzati a parlare in questi casi. E forse proprio grazie a questo provvedimento oggi possiamo dire che la crisi sta rientrando.


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