Di tutte le virtù di papa Benedetto è l’umiltà quella risultata vincente in Terrasanta. Umilmente il Papa teologo si è messo in ascolto della piccola comunità cristiana locale, al 99% arabo-cristiana. Una comunità che condivide la storia e le sofferenze del popolo palestinese, e allo stesso modo vede nel Muro di sicurezza un simbolo di oppressione. Da buon pastore della Chiesa universale Benedetto ha ascoltato la voce del patriarca Twal e di tutti i vescovi della regione, dei francescani a cui è affidata la Custodia di Terrasanta, del nunzio apostolico a Gerusalemme. Voci inizialmente preoccupate. Riferirono al Papa i timori che circolavano tra i fedeli: che la sua visita, dopo l’affare Williamson, finisse per essere troppo sbilanciata verso le ragioni di Israele. Ratzinger ha fatto il Papa, ha ascoltato il piccolo gregge dei fedeli di Terrasanta. Non gli ha anteposto i cori ammalianti degli intellettuali neo-conservatori, che qui in Occidente si presentano come tifosi della sua teologia “identitaria” e dal viaggio si aspettavano solo una correzione della policy della Santa Sede, giudicata filo araba, sul conflitto israeliano-palestinese.
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