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Sport per tutti, Coni per chi?
Uisp, Csi e Aics hanno posizioni diverse, ma concordano su ciò che conta: il successore di Pescante dovrà portare avanti una riforma profonda. Dando spazio a 7 milioni di amatori
Il Comitato olimpico nazionale italiano sprofonda sotto il peso dell?eritropoietina e degli anabolizzanti. Il massimo ente preposto all?organizzazione sportiva del nostro Paese inciampa su nomi e sigle scientifiche che rimandano a pratiche farmacologiche su cui s?erano chiusi troppi occhi. Così sul Coni ora incombe il pericolo di un commissariamento a opera del governo, che ha il compito di vigilanza come prevede la legge istitutiva del 1942. Una legge che però ormai ha fatto il suo tempo e non risponde più alle esigenze del movimento sportivo nazionale, rappresentato principalmente da quell?associazionismo che garantisce a circa sette milioni di persone di praticare lo sport a livello amatoriale. Si tratta di un tessuto associativo che vive principalmente dell?impegno volontario di dirigenti e allenatori e che oggi non è assolutamente rappresentato nel Consiglio nazionale del Coni, nonostante costituisca lo sport sociale nel nostro Paese. Al pericolo di commissariamento le federazioni sportive rispondono con la necessità di eleggere, sì, un nuovo presidente al posto del dimissionario Mario Pescante, ma anche di portare avanti una profonda riforma del Coni. Cosa ne pensano gli enti di promozione sportiva, che la riforma la sollecitano da anni, e quali proposte avanzano?
«Il sistema sportivo italiano ha raggiunto un punto critico di non ritorno e ha bisogno di una radicale riforma», afferma Nicola Porro, presidente nazionale dell?Uisp (Unione italiana sport per tutti, oltre 900 mila iscritti. «Oggi è impossibile prospettare un?autoriforma del Coni, come si tenta di fare dall?interno dell?ente. Le trasformazioni intervenute rendono improponibile un modello basato sulla centralità del Coni. E la promozione dello sport per tutti, che ci vede impegnati quotidianamente, non può più attendere, perché riguarda decine di migliaia di società sportive. Chiediamo al governo di convocare al più presto una conferenza nazionale dello sport, nel corso della quale approfondire i temi della riforma e dare nuova legittimità istituzionale all?associazionismo sportivo, attraverso l?autogoverno organizzativo e finanziario, che dovrà operare di intesa con le Regioni e le autonomie locali. Al Coni vanno le competenze che riguardano l?organizzazione dello sport agonistico di alto livello. Anche gli enti di promozione sportiva devono sforzarsi di cambiare l?attuale quadro organizzativo e culturale che li caratterizza, anacronistico e frammentato, e andare verso la costituzione di una federazione delle realtà che compongono il vasto e variegato tessuto associativo, con parità di rango e di risorse. Come avviene in Francia», conclude il presidente dell?Uisp. Di diverso parere il presidente del Centro sportivo italiano (Csi), altro importante ente di promozione: «Il tentativo di autoriforma del Coni è fallito miseramente e noi paghiamo un prezzo molto alto», dichiara Donato Mosella presidente del Csi. «Vorremmo avere voce in capitolo, ma non possiamo, perché il Coni parla a se stesso. Siamo dell?idea che sia necessario costituire un comitato olimpico unico, dove trovino diritto di cittadinanza lo sport di alto livello agonistico e quello di base, ma occorre allargare la rappresentanza attraverso l?istituzione di una Camera alta per lo sport agonistico e una Camera bassa per lo sport sociale, con elementi di congiunzione che consentano una progettazione unica. Siamo invece nettamente contrari a una conferenza nazionale dello sport, perché già in passato questa iniziativa ha prodotto risultati fallimentari. Attendiamo dunque un atto concreto del governo».
Anche l?Aics (Associazione italiana cultura e sport, 600 mila iscritti) chiede una riorganizzazione del Coni. I suoi dirigenti spiegano come: «Siamo contrari al commissariamento e propensi a una ristrutturazione che separi lo sport per tutti da quello agonistico, perciò caldeggiamo l?istituzione di un Consiglio nazionale dello sport che preveda la presenza dell?associazionismo. Una riforma in tempi brevi riequilibrerebbe anche la spesa destinata allo sport. Oggi all?associazionismo sportivo vanno le briciole, ma rappresentiamo il 50% dello sport italiano».
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