Welfare

«Qui Tripoli, dove i diritti non sono garantiti»

Cir e Oim, parlano gli umanitari presenti in Libia

di Emanuela Citterio

Il governo ha permesso al Consiglio italiano per i rifugiati di visitare qualche centro di permanenza:
«Ma non abbiamo potuto parlare con le persone». L’Organizzazione mondiale per le migrazioni:
«Le loro condizioni sono
al di sotto degli standard»Èstato il Cir – Consiglio italiano per i rifugiati a trasmettere all’Ansa le foto al porto di Tripoli dei 238 migranti respinti in Libia il 7 maggio per ordine del Viminale. Sempre il Cir ha riferito che tra loro c’erano 42 donne, di cui tre incinta, e due neonati, e che sono stati trasferiti nella prigione di Zawia, a 35 chilometri dalla capitale libica, mentre altri sono finiti nei centri di permanenza temporanea. «Abbiamo aperto l’ufficio di Tripoli lo scorso febbraio» spiega Christopher Hein, direttore del Cir, «per un progetto triennale finanziato dalla Commissione europea che si propone di migliorare le condizioni dei migranti africani in Libia e di fornire loro le informazioni sul diritto d’asilo». Il Cir è la prima organizzazione internazionale ad avere un ufficio nella capitale libica (con un espatriato italiano), dove opera insieme a tre altri partner: l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’organizzazione umanitaria libica International organisation for peace, care and relief e l’Icmpd – International centre for migration policy development, una ong internazionale con sede a Vienna. «Questo non vuol dire però che siamo in grado di garantire i diritti delle persone che sono state respinte dal governo italiano, o di evitare che persone in possesso dei requisiti per richiedere l’asilo siano rispedite nei Paesi dai quali sono fuggiti», precisa Hein. «Non è che siccome adesso c’è il Cir, come ha voluto dire il ministro Roberto Maroni in conferenza stampa, allora il governo può spedire in Libia gli immigrati».
Il Cir ha ottenuto dal governo libico il permesso di effettuare visite in alcuni dei centri che hanno raccolto gli immigrati respinti dall’Italia, «ma non è stato possibile intervistarli e accertare le loro situazioni individuali» aggiunge Hein.
Assicurarsi che i nuclei familiari non fossero divisi e dare cibo e vestiti, questo è quanto hanno potuto fare al porto i funzionari dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni che lavorano nell’ufficio di Tripoli. «Quello che può fare l’Oim è continuare a monitorare la situazione, tenendo aperto il dialogo con il governo libico, ma sarà un percorso lungo», afferma Flavio Di Giacomo, responsabile della Comunicazione dell’Oim in Italia. «Le condizioni dei centri di permanenza temporanea libici sono al di sotto degli standard di accoglienza, come hanno verificato i nostri colleghi in Libia lo scorso 30 marzo, quando ci fu il naufragio di tre barche al largo delle coste libiche in cui morirono circa 300 migranti».
A Tripoli l’Oim ha aperto sportelli informativi nell’ambito di un programma di formazione finanziato dall’Unione europea per i migranti africani che vogliono tornare nei rispettivi Paesi di provenienza.


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