Famiglia

GIOVANI. Arci servizio civile contro la “mini naja” del Governo

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha lanciato qualche giorno fa il 'mese di volontariato nelle forze armate'. L'Asc rifiuta in toto l'idea: "E' un ritorno all'autoritarismo verso i giovani", attacca Licio Palazzini

di Daniele Biella

“Si torna all’autoritarismo verso i giovani. Un mese per apprendere il rispetto della gerarchia, sentimento rafforzato dalle Forze armate: ecco il messaggio culturale che il ministro della Difesa lancia ai giovani”. Così replica Licio Palazzini, presidente nazionale di Asc, Arci servizio civile, al Ministro La Russa che, in occasione del raduno nazionale degli alpini, ha rilanciato l’idea di un periodo di “leva volontaria” per i giovani. A cominciare negli alpini e poi nei paracadutisti.   

“Si percepisce grande confusione sotto il cielo: la leva era obbligatoria, come si fa a definirla volontaria?” si domanda Palazzini, “oppure vogliamo ritornare a pensar di mettere sullo stesso piano, simbolico, istituzionale ed economico, il servizio militare e quello civile, intendendoli come modalità diverse di realizzazione dello stesso obiettivo: la difesa di una Patria solidale, giusta, di pace? Se questa fosse la posta in gioco, ASC avrebbe ben precise proposte da avanzare”.

Per Asc, che concepisce il servizio civile nazionale come l’istituzione della Repubblica che forma i giovani alla pace e all’impegno civico, i veri motivi di opposizione sono due: “il fatto che, dopo i passi avanti compiuti in questi anni con il Servizio Civile Nazionale, la modalità non armata e nonviolenta di difendere il Paese, si stia cercando di tornare al monopolio, anche culturale, delle Forze Armate nella difesa della Patria e che, esattamente come chi interpreta il Servizio Civile Nazionale come uno strumento di welfare, nella proposta del Ministro della Difesa i giovani non siano affatto i principali destinatari dell’investimento pubblico”.

“L’obiettivo non sarebbe formarli all’autonomia, alla responsabilità, all’impegno civico e alla pace”, prosegue Palazzini, “ma farli diventare braccia per un’emergenza o, a seconda della Regione, per tappare i buchi del welfare, delle politiche ambientali e così via. In questo modo le istituzioni ritornano ad essere autoritarie invece che autorevoli e si spreca l’investimento strategico di fare del Servizio civile nazionale e del Servizio militare professionale, due potenti, seppur diversi tra loro, fattori di crescita umana e professionale, di coesione sociale, di apertura alle diversità, di capitale sociale, di costruzione della pace”.


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