Marco Augé, uno dei più acuti osservatori dei fenomeni metropolitani, ha appena pubblicato un libro dedicato a una sua grande passione: la bicicletta (Il bello della bicicletta, Bollati Boringhieri, 8 euro). Quella che era una passione ora è diventata un simbolo della civiltà futura… Ecco un passaggio del suo pamphlet.
L’attuale successo della bicicletta, in particolare tra i giovani, è rivelatore. Ha il significato di un sintomo. In effetti, oggi, quello che ci sfugge più di tutto, in un mondo di immagini e di messaggi, è il principio di realtà. In fin dei conti ci procuriamo la sensazione di esistere sostenendo a ogni piè sospinto la nostra opinione, anche quando non fa altro che riflettere l’ambiente in cui viviamo. La esprimiamo ai nostri vicini di casa, quando ne abbiamo; su internet, se sappiamo navigare; alla televisione, se siamo stati selezionati per poterci esprimere lì; nei sondaggi, se siamo intervistati. Ma anche quando non lo siamo, visto che i sondaggi ci dicono quello che pensa la maggioranza di noi. La moda della bicicletta è legata senza dubbio, almeno in parte, a un fenomeno di opinione, ma, appena siamo in sella, cambia tutto, e ritroviamo noi stessi, riprendiamo possesso di noi. È la nostra storia personale ad accudirci. Il mondo esterno si impone concretamente nelle sue dimensioni fisiche. Ci resiste e ci obbliga a uno sforzo di volontà ma, allo stesso tempo, si offre a noi come spazio di libertà intima e di iniziativa personale, come spazio poetico, nel pieno e primo senso del termine.
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