Cultura

Fini, il politico che parla ai rom

Dopo il summit della Federazione delle sigle romanì

di Redazione

«Vogliamo essere un organismo aperto al dialogo con le istituzioni», dice il presidente Nazzareno Guarnieri. «Basta pregiudizi», concorda il presidente della Camera Basta piagnistei: è venuto il momento di mettersi al timone del proprio futuro. Una presa d’atto che promette di segnare un punto di svolta nella complicata vicenda dei rom e sinti di casa nostra, e che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, per primo ha saputo cogliere. A un anno dalla sua nascita, la Federazione rom e sinti ha organizzato il 22 e 23 aprile a Roma il suo primo congresso nazionale. Titolo: «Rom e Sinti, protagonisti del nostro futuro. Sentire, percepire, pensare». All’ombra del Colosseo si sono ritrovati i rappresentati delle 24 associazioni, sparse in 13 regioni, che compongono il network d’Italia, ma anche tanti “normalissimi” rom e sinti che vivono tra Milano, Roma, Napoli e non solo. A ospitare il summit, la sede dell’Unicef. «Non ne possiamo più di essere considerati solo vittime», ha affermato il presidente della federazione, Nazzareno Guarnieri, «vogliamo essere a tutti gli effetti un organismo politico, aprendoci al dialogo con le istituzioni e la società civile». Il che, sulla carta, risulta ancora molto difficile visto che i rom sono una delle minoranze linguistiche ancora non riconosciute dalla legge italiana. «Questo congresso per noi è stato un’opportunità per elaborare un radicale cambiamento di metodo a tutti i livelli, ma per questo è fondamentale un passaggio: riconoscere questa popolazione come entità culturale sul territorio definendo un ruolo attivo nella società». Il primo a farlo è stato il presidente della Camera, Gianfranco Fini che ha inviato un messaggio alla federazione in cui auspica un impegno delle istituzioni per «contrastare ogni forma di pregiudizio, razzismo e xenofobia» nei confronti di rom e sinti.
«Se vogliamo l’integrazione», ha spiegato Graziano Halilovic, presidente dell’associazione Romà onlus, «dobbiamo andare a prendercela, e quindi bisogna avere idee da proporre». Un primo obiettivo è stato centrato: con l’attuale governo di centrodestra il dialogo è già stato attivato.
Non tutti i nodi sono stati sciolti però: «Ad un anno dalla nostra nascita», spiega il presidente Guarnieri, «ci rendiamo conto di quanta strada dobbiamo ancora fare. È difficile coordinarci tra di noi, lo ammetto, discutiamo spesso, siamo frammentati, ma spero che impariamo a stare insieme davvero e a smetterla di parlarci addosso. Dobbiamo lavorare come per l’Abruzzo, unica regione d’Italia dove siamo riusciti a evitare i campi nomadi: non sono questi la risposta all’emergenza abitativa della nostra gente». Poi c’è la questione femminile. Al momento sono solo due le donne, una rom e una sinta, che fanno parte del network. «Penso che la federazione», sostiene Dijana Pavlovic, presidente dell’associazione Upre Roma e una delle due rappresentanti femminili (l’altyra è Eva Rizzin),«debba crescere ancora tanto sotto questo aspetto. Perché le donne possono contribuire in maniera differente al dibattito sociale e politico».
Ma quali sono state le conclusioni ufficiali del summit? Il manifesto conclusivo è composto da una serie di punti definiti “strategici”. Al primo posto c’è il riconoscimento dello status di minoranza storico-linguistica, a seguire l’accesso alla cittadinanza secondo il principio dello ius soli, il superamento dei campi nomadi e l’individuazione di soluzioni abitative alternative, la denuncia e contrasto dell’anti ziganismo, la promozione di politiche di formazione professionale e l’impegno per la diffusione della conoscenza delle culture rom e sinte per combattere pregiudizi e discriminazioni.
Infine una richiesta al Parlamento italiano a cui rom e sinti chiedono di intervenire sulla normativa esistente in materia di discriminazione, ratificando integralmente la direttiva europea 2000/43 sulla «Parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica».

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