Mondo

Ricostruire con l’occhio alle fasce più deboli

L'oggi e il domani delle cooperative di Legacoopsociali

di Luca Zanfei

La rinascita passa anche per internet. Forse l’unico modo per «mantenere viva la presenza sul territorio», ammette Maura Viscogliosi, presidente di XXIV Luglio e responsabile Legacoop per l’Abruzzo. D’altronde per la Lega della cooperative il primo computo dei danni non è certo confortante. Delle 34 imprese attive sul territorio, di cui sei sociali, solo 10 sono scampate al sisma, le altre sono rimaste senza sede perché crollata o attualmente inagibile. «Molte delle cooperative erano situate nel centro di L’Aquila e hanno subito numerosi danni», continua la Viscogliosi. «Noi abbiamo perso la sede amministrativa, crollata con un intero palazzo d’epoca, una delle nostre comunità per minori e un punto vendita».
Per la cooperativa Ruga Tartaruga, che ha in gestione un asilo, è forse andata peggio. «Abbiamo dovuto interrompere un’attività che andava benissimo perché sono letteralmente franate le pareti della struttura», spiega Jessica Di Paolo, presidente della cooperativa. «Ormai sono quasi due mesi che non lavoriamo e per di più i nostri 37 bambini sono stati dirottati sulla costa o persino a Roma. Ora Legacoop ci ha offerto una tenda per ricominciare le attività, ma prima di settembre non credo si riuscirà a fare granché».
Ad oggi per Legacoop è difficile stimare i danni complessivi. A preoccupare maggiormente, invece, è la condizione di quel 40% di lavoratori che attualmente sono rimasti senza occupazione. «Si tratta soprattutto degli amministrativi che non hanno più il posto fisico dove lavorare», spiega la Viscogliosi. «Per tamponare l’emergenza abbiamo ottenuto l’approvazione in deroga della cassa integrazione generalizzata per tutti i settori. Ora si capirà quanti veramente hanno bisogno di un aiuto». Anche perché l’emergenza sta gradualmente tagliando fette di mercato soprattutto alle cooperative sociali. «Al crollo della comunità abbiamo spostato i ragazzi in un hotel sulla costa», racconta la Viscogliosi. «Ma sarà difficile garantire una seria assistenza in condizioni così precarie. In più la stessa Protezione civile si è ormai sostituita alle cooperative sociali nella presa in carico delle fasce più deboli all’interno delle tendopoli».

In cerca di normalità
Così, sono le esigenze apparentemente più banali a richiedere una risposta immediata. «Ci stiamo rendendo conto che c’è una grande domanda di normalità», continua la Viscogliosi. «Ritirare la posta o la pensione adesso diventa un vero e proprio problema soprattutto per gli anziani e le fasce più deboli, proprio per i problemi strutturali e l’inesistenza di sportelli e uffici di accoglienza. Credo che a fianco alle attività di assistenza, comunque garantita dalla Protezione civile, ci sia il bisogno di rispondere a questa domanda».
In più c’è il problema del sostegno per gli abitanti dei piccoli paesi ai piedi del capoluogo. «Qui le persone si sono rifiutate di lasciare i propri luoghi di origine, autoescludendosi di fatto dai soccorsi», spiega la Viscogliosi. «In questi casi stiamo cercando di integrare gli interventi della Protezione civile, anche se nella nostra condizione non possiamo garantire un sostegno adeguato».
La vera sfida, invece, riguarderà il capitolo della ricostruzione. «Molte mamme ci stanno chiedendo di poter accogliere i loro figli, proprio a causa del crollo di molte scuole pubbliche», spiega la Di Paolo. Ma non solo. «Sarà fondamentale impegnarsi nella creazione di efficaci progetti per il nuovo vivere degli anziani e delle fasce più deboli», conclude la Viscogliosi. «In questo senso la cooperazione potrà entrare seriamente nella progettazione dei nuovi servizi, sopperendo alle attuali difficoltà dell’ente pubblico».


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