«Chiamateli come volete: lobbisti, political adviser, policy officer o campaigning expert. Ma il punto è che senza credibilità non si va lontano». Fra i corridoi di Palazzo, a Bruxelles, Maurizio Reale, responsabile Relazioni internazionali Coldiretti, si muove con la disinvoltura del veterano: 26 anni di frequentazioni dentro e fuori gli uffici parlamentari gli hanno insegnato che non c’è pressione senza persuasione, e non c’è persuasione senza valide argomentazioni. «Contano la serietà e la legittimazione che viene dal tessuto civile. Su cui poi costruire relazioni di fiducia», spiega. Un’indicazione di metodo che, nel mare magnum degli oltre 15mila lobbisti e dei 2.600 gruppi di pressione contati a Bruxelles, è anche una sorta di inevitabile selezione naturale. Oltre 250mila imprese, 160 milioni di soci, 5 milioni e mezzo di lavoratori: il mondo cooperativo, rappresentato a Bruxelles da confederazioni di settore raccolte in Cooperatives Europe, è la realtà associativa più grande d’Europa, nonché una delle prime ad avere messo radici nella capitale belga con uffici di rappresentanza permanenti. «Eppure identifica un settore ancora poco visibile», lamenta Enzo Pezzini, portavoce presso la Ue di Confcooperative. A presidiare i temi dell’ambiente c’ìè invece, un agguerritissimo WWF, che per i prossimi cinque anni ha pianificato una strategia di prima linea. Spiega Claudia Delpero, a Bruxelles da dieci anni, da quattro nel ruolo di Communications manager del WWF European Policy Office. «In termini di personale, siamo la ong più numerosa: 35 dipendenti fra addetti stampa, amministrazione ed esperti. I ritmi sono vorticosi. «Torno ora da un meeting a Bucarest che ha coinvolto ragazzi orfani di cinque Paesi europei nella fase del post istituto», spiega Filippo Agostino, desk office Area ricerca di Aibi, che sta lavorando al progetto «Life after istitutional care», per l’integrazione sociale, abitativa e lavorativa dei giovani in uscita dal sistema di protezione dell’infanzia.
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