Famiglia
Ancora 15 in istituto, tutti al Sud
Presentati i dati del IV monitoraggio sulla chiusura degli istituti: ne sopravvivono solo tre

Non sono bastati i cinque anni di tempo concessi dalla legge, e pazienza, ma due anni e tre mesi dopo la data ufficiale della chiusura degli orfanotrofi italiani, quindici bambini stanno ancora in istituto. Al Sud, come prevedibile, dato che si concentravano lì gli istituti inadempienti: uno in Puglia, con 5 minori accolti e due in Sicilia, con 10 minori.
A rilevarlo è il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, che ha appena concluso la sua quarta rilevazione sull’attuazione della legge 149/2001, che prevedeva per il 31 dicembre 2006 la chiusura di tutti gli istituti per minori. Si tratta però – precisa il monitoraggio – di una situazione veramente in via di risoluzione, tanto che il documento parla con soddisfazione di un processo di deistituzionalizzazione che può dirsi “almeno formalmente concluso”. Basti infatti ricordare che al 31 dicembre 2000, alla vigilia dell’approvazione della legge, in Italia si contavano 359 istituti e 7.575 minori accolti.
Il monitoraggio del Centro aveva rilevato, l’anno scorso, 14 istituti ancora aperti, con 48 minori accolti: gli istituti si concentravano in sole quattro regioni (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia). Di queste 14 strutture, quattro (una per regione) nel corso dell’ultimo anno si sono convertite in un altro servizio: una in un centro diurno, una in casa famiglia, una in un’azienda di servizi alla persona e una in una comunità alloggio per minori. Sette strutture sono di fatto vuote e hanno già orientato la propria attività verso altre forme di servizi. I tre istituti rimanenti hanno già presentato progetti per la riconversione in altra tipologia di servizio di accoglienza, ma mancano i fondi per effettuare tale trasformazione.
Il monitoraggio ribadisce però in conclusione come “resti da verificare quanto le riconversioni delle strutture siano state realizzate nel rispetto degli standard previsti dalle normative vigenti, dando dunque piena attuazione al diritto del bambino di crescere in un ambiente idoneo al suo sviluppo psicofisico e relazionale” o se invece sia bastato un po’ di cartongesso a trasformare un istituto in una comunità.
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