Cultura

Il bello e il brutto del microcredito

Andrea Berrini firma il primo romanzo sul metodo Yunus

di Carlo Borgomeo

«Si negozia, si discute, si litiga e ci si tirano moccoli, ma non c’è nessuno che ha il coltello dalla parte del manico: il microcredito mette sullo stesso piano i fornitori di risorse finanziarie e coloro che accedono ai prestiti». Così Andrea Berrini, nelle conclusioni del suo Quattrini, il romanzo del microcredito. La forza del racconto sta nella diversità delle situazioni e dei contesti. Nel libro è più forte e più avvincente la descrizione di contesti che la illustrazione delle tecniche che vengono date per scontate.
Il testo non è solo avvincente: è un libro utile per chi non si accontenta di manifestare un’adesione entusiastica, ma astratta all’idea; per chi non vuole correre il rischio di citare Yunus, senza sapere di che cosa parla. Emergono alcuni punti fermi: il primo è che la logica del “dono” è profondamente sbagliata. Di grande interesse, poi, il racconto, senza sconti, delle sconfitte. Ma è proprio la rappresentazione di queste circostanze che offre una straordinaria forza: l’esperienza del microcredito non è una favola. E tuttavia una esperienza che cresce e che vince, che costringe i grandi della finanza, delle istituzioni internazionali pubbliche o delle grandi banche private a occuparsi del fenomeno. Una riflessione, meglio dire un cruccio, accompagna il racconto: il fatto che nel suo lavoro ha trovato più capacità di mobilitazione tra i cattolici che nella cultura “di sinistra”; sul tema vi sono più passaggi, più riflessioni ed un auspicio che vale la pena richiamare. La conclusione di Berrini è particolarmente stimolante e, in linea con il suo lavoro, anche di scrittore, molto concreta. Il microcredito ha vinto, secondo lui. C’è ancora molto da fare in angoli sperduti del pianeta: ma 150 milioni di operazioni, che significa grosso modo circa un miliardo di persone coinvolte in questo percorso di produzione del reddito, ne fanno una grande realtà.
Il libro di Berrini aiuta a fare le cose sul serio, anche in Italia.

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