Sostenibilità

Far la spesa al tempo della crisi La sobrietà entra nel carrello

Consumatori allo specchio

di Redazione

Più esigente e pragmatico, meno disponibile ad accontentarsi, meno fedele alle marche, più desideroso
di informazioni, più attento alle esigenze ambientali e di trasparenza. Soprattutto più attento al portafoglio e capace di rinunciare al superfluo. Il ritratto dell’italiano medio al momento degli acquisti rivela molte sorprese.
E alcune novità importantidi Maurizio Regosa
Un addio alla casalinga di Voghera. Lo ha sancito, con convinzione, un’indagine voluta da Consumers’ Forum (che riunisce imprese e consumatori per facilitarne il dialogo e promuovere politiche consumeristiche), commissionata a un gruppo di ricercatori guidato da Giampaolo Fabris e intitolata «Osservatorio sui consumi degli italiani». Diciamoci la verità: il sorriso della leggendaria casalinga, innamorata delle marche e per anni emblema di un consumismo fiducioso, era da tempo affievolito. Ancora però nessuno aveva preso così chiaramente atto del suo ritiro e del nuovo personaggio che calca il palcoscenico del consumo: un cittadino più consapevole e perciò meno prevedibile, attento alla crisi e all’ambiente, preoccupato ma non vinto, capace di valutare la qualità e quindi assai meno fedele.

I soldi non danno la felicità
Mutano i tempi, si modificano gli atteggiamenti e con loro i profili. È la cronaca del consumo che cambia e disegna una nuova mappa. Nella quale la pattuglia degli iper-convinti si assottiglia, mentre cresce quella dei consapevoli. Certo ci sono ancora coloro per i quali la marca è “über alles” (ma si fermano al 13%, persuasi che comprando i prodotti di marca non c’è bisogno di leggere le etichette). Egualmente quelli che “I love shopping” sono il 16% del campione (ma che colpa abbiamo noi, dicono, se amiamo girare per negozi e guardare la pubblicità?). Nel frattempo però crescono i “pauperisti” (al 31%), che prima di un acquisto riflettono bene e cercano comunque di fare economia, e i “consumeristi”, convinti che se qualcosa non va si debba protestare e che in generale si dovrebbe fare di più per rispettare l’ambiente (si attestano al 22%). Quasi a pari merito, ed è un segnale interessante, gli “affluenti” e i “critici” (rispettivamente al 10 e 9%): se i primi comprano per status (e non badano a spese), i secondi sono convinti che con meno prodotti si starebbe meglio.Nel complesso questo nuovo consumatore è più esigente e pragmatico di un tempo, meno disponibile ad accontentarsi. Conscio che spesso le imprese dicono non quel che serve ma quel che fa comodo (il 94% è molto o abbastanza d’accordo con la richiesta di avere etichette veramente parlanti) e più desideroso di informazioni (l’83% ritiene di averne poche o pochissime da parte delle aziende).

Lo zampino della crisi
Naturalmente l’Osservatorio non esclude che le scelte più virtuose dei consumatori siano legate anche alla pesante situazione economica. I cittadini-consumatori sentono venir meno la certezza del domani, si accorgono che il loro potere d’acquisto è diminuito e percepiscono più insicura la loro situazione. Coerentemente il 67% degli intervistati (erano il 41% nel 2008) si dichiara molto più attento alle spese. Non solo riducendole (nel 70% dei casi) ma soprattutto ponderandole molto di più e molto meglio: il 90% del campione ritiene di dover pensare bene prima di fare degli acquisti e l’81% crede sia opportuno comperare solo ciò che è strettamente necessario (nel 2005 gli oculati erano il 61%). Quel che va sottolineato però è anche il graduale allentamento di un legame da sempre celebrato dagli uffici marketing e dai pubblicitari. E cioè il nesso tra soddisfazione e consumo. Lo shopping non dà la felicità: nonostante la preoccupazione e le aspettative incerte, l’83% si dichiara soddisfatto della qualità della vita.Consumare meno, vivere meglio
Emerge dunque che sta prendendo sempre più piede una crescente sensibilità verso un consumo consapevole, critico, attento alle esigenze ambientali (e quindi al cosiddetto chilometro zero, alla stagionalità dei prodotti), conscio dei diritti, capace di ridimensionare l’importanza e l’efficacia delle lusinghe consumistiche. Non a caso l’affermazione secondo la quale «dovremmo tutti consumare di meno per vivere meglio» è molto condivisa dal 39,1% e lo è abbastanza dal 35,8% del campione. Come pure un’altra che per il mondo delle imprese è una sorta di avviso ai naviganti: «Se devo scegliere tra due marche scelgo quella che tiene presente la difesa dell’ambiente» è una affermazione con cui il 56,3% degli intervistati è molto d’accordo e il 32,1% è abbastanza d’accordo. Ma non è soltanto la sensibilità ecologica a caratterizzare il de-consumatore. Un dato che emerge con forza dall’indagine è la domanda di trasparenza e la persuasione: la sponsorizzazione di cause nobili è visto come un surplus apprezzabile, ma secondario rispetto al modo di agire etico interno all’impresa.


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