Mondo

Minori in fuga dalle comunità

Dei 1860 minori transitati negli ultimi mesi nelle comunità siciliane, il 60% ha fatto perdere le proprie tracce. Il rapporto di Save the children

di Daniele Biella

Sei minori migranti ‘invisibili’ ogni dieci. Ovvero, il 60% dei minorenni che arriva con i ‘barconi della morte’ sulle coste italiane scappa pochi giorni dopo l’inserimento in una delle 39 comunità di accoglienza della Sicilia. E’ questo il dato più eclatante e preoccupante che emerge dal Rapporto di Save the children ‘L’accoglienza dei minori in arrivo via mare’, che riporta i risultati dell’attività di monitoraggio condotta dall’organizzazione umanitaria sulle strutture di accoglienza per minori stranieri.

Il rapporto, presentato martedì 28 aprile, rivela che sono stati 1860 i minori stranieri non accompagnati ospitati nelle comunità alloggio sul territorio siciliano da maggio 2008 a febbraio 2009. Quasi tutti provenienti da Lampedusa, dove nello stesso periodo sono sbarcati 1994 minori non accompagnati e 300 accompagnati. Il 91,3% dei minori ospitati sono di sesso maschile, a fronte di un 8,7% di sesso femminile, di età compresa tra i 16 e i 17 anni. Provengono prevalentemente da Egitto (27,9%), Nigeria (11,6%), Palestina (11,5%), Eritrea (10%), Tunisia (9,2%), Somalia (7,2%) e Ghana (6,3%), confermando un trend che è rimasto invariato negli ultimi mesi.

E su 1860, sono ben 1119 i minori che si sono allontanati successivamente al collocamento in comunità, per una percentuale pari a circa il 60% sul totale di quelli inseriti nelle strutture, con una maggiore incidenza di egiziani, eritrei e somali. Circa 200 ragazzi, inoltre, a novembre e dicembre, sono stati trasferiti in strutture non destinate all’accoglienza dei minori.

Nei mesi di marzo e aprile, inoltre, i migranti arrivati e trattenuti a Lampedusa o da lì trasferiti a Porto Empedocle sono stati 2935 e, tra questi, 197 minori di cui 14 accompagnati. La situazione ha subito un notevole peggioramento a seguito del cambiamento della natura del centro di Lampedusa da Cpsa (Centro Pronto Soccorso e Accoglienza) a Cie (Centro di Identificazione ed Espulsione), a causa della quale alcune imbarcazioni intercettate a largo di Lampedusa sono state fatte attraccare a Porto Empedocle, dove non esistono procedure adeguate per una corretta identificazione dei minori, né strutture per fornire loro adeguato soccorso e accoglienza.

“Il territorio siciliano assorbe interamente il flusso dei minori che arrivano via mare a Lampedusa, con conseguenti problemi di sovraffollamento nelle strutture atte all’accoglienza, sia rispetto ai posti disponibili che rispetto al limite massimo consentito dalla normativa”, spiega Valerio Neri, Direttore generale di Save the Children Italia. “Inoltre, le comunità vengono finanziate dalle Prefetture fino all’apertura delle tutele, successivamente dagli enti locali che spesso hanno problemi di fondi”.

La scarsa erogazione di beni essenziali, che vanno dal vestiario e kit igienici, alle carte telefoniche e pocket money, e la mancanza di opportunità d’inserimento scolastico e lavorativo, spinge i minori nei circuiti di manodopera irregolare e li espone a rischio di sfruttamento.  “Da un lato il sovraffollamento, dall’altro i problemi di copertura finanziaria si traducono nell’abbassamento degli standard di accoglienza proprio nei luoghi che, al contrario, dovrebbero rappresentare per molti ragazzi l’inizio di un percorso di integrazione, adeguata protezione e tutela dei loro diritti”, riprende Neri.

Un altro problema che emerge dal Rapporto di Save the children è legato all’impiego di consulenti legali che assicurino assistenza su questioni importanti quale, per esempio, il diritto d’asilo, figure non previste dall’attuale normativa. Infine, un numero limitato di comunità si avvale di servizi di mediazione culturale esterni e un solo terzo delle 39 comunità dispone di educatori in grado di parlare una lingua straniera. In questo modo, minori appartenenti a determinati gruppi linguistici rimangono esclusi dall’accesso a informazioni rilevanti per il loro percorso di inserimento.

A conclusione del Rapporto, l’ong presenta una serie di raccomandazioni, tra cui l’introduzione di una distinzione fra comunità di prima e seconda accoglienza, l’implementazione, su tutto il territorio nazionale, di un sistema di accoglienza che disponga di un numero di posti adeguato, la creazione di una rete tra le comunità sviluppando procedure di raccordo ela predisposizione di un piano di accoglienza nazionale dotato della necessaria copertura finanziaria, che non sia basato sull’emergenza ma tenga conto sia dei minori presenti sul territorio che degli arrivi prevedibili.

 


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA