Volontariato

Ikea accusata di razzismo in Francia

A giudizio il 2 aprile una dirigente del gruppo: ai capi del personale suggeriva di non impiegare addetti di colore nella distribuzione dei catologhi

di Giampaolo Cerri

Ikea sul banco degli imputati in Francia, accusata di discriminazione razziale. La notizia arriva da Versailles: la famosa casa svedese di arredamento a buon mercato è stata portata in giudizio da un paio di sindacati, la Cgt e Cfdt, e da organizzazioni antirazziste come Sos Racism. Il prossimo due aprile la Quinta camera di quel tribunale discuterà il caso. Tutto comincia con un’email della responsabile cataloghi di Ikea France inviata nell’aprile del ’98 a 16 sedi nazionali fra cui 8 responsabili delle risorse umane, nel messaggio Sophie Malmquist parla degli incarichi di controllore della distrubuzione cataloghi: “Per questo tipo di lavoro”, scrive la signora, “non assumere personale di colore. E’ triste da dirsi ma la gente apre loro le porte malvolentieri e si tratta di procedere speditamente”. La signora si è discolpata dicendo che era semplicemente “un consiglio sulla efficacia”. Ma dallo stabilimento Ikea di Saint-Priest nel dipartimento del Rhone parte una denuncia. Uno stabilimento dove, sottolineano i sindacati, la componente di origine straniera degli addetti è passata dal 20% del 1986 al 5,4% del 1997. Ci sarà un nesso fra le direttive sull’efficacia che arrivano dalla casa madre e le scelte degli uffici personali locali? “Non siamo una società che pratica la discriminazione razziale” , insiste Jean Lous Baillot, direttore generale della sede francese di Ikea, sottolineando come all’interno del coté francese della grande industria d’arredamento”convivano 37 nazionalità differenti”, sottolineando come “la politica di assunzioni del gruppo sia orientata alla massima apertura”. Il gruppo sbandiera anche un’inchiesta interna, affidata al sociologo Henri Vacquin, che sottolinea l’assenza di razzismo all’Ikea, e i finanziamenti concessi, nel 1997, all’associazione “dire e fare contro il razzismo” per la produzione di film contro la discriminazione. Ma la Procura di Versailles chiede un’ammenda di 30 mila franchi per madame Malmquist, già sospesoa per 5 giorni dall’Ikea e successivamente reintegrata nelle sue funzioni. Scagionati invece i vertici dell’Ikea. Ma l’esito del caso giudiziario preoccupa il gruppo svedese. Chissà che la massiccia campagna di marketing della casa svedese in atto in questi giorni anche in Italia non sia da mettere in relazioni con la possibile eco europea di una sentenza sfavorevole


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