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Vuoi rimanere onlus? Surplus di burocrazia

È arrivata la circolare che spiega l'articolo 30

di Carlo Mazzini

Ma cosa è questo allarme per il famigerato “articolo 30”? Quale novello Marzullo, mi faccio la domanda e mi rispondo da solo, perché ben comprendo il punto interrogativo stampato sulla fronte di chi legge gli articoli specialistici sul fisco e il non profit.
Ricapitoliamo. Esiste una norma che consente alle associazioni la decommercializzazione (non bisogna pagare l’Ires e l’Iva) dei ricavi provenienti dalla vendita di beni e servizi ai soci, sempre che si rispettino nella forma e nella sostanza alcuni requisiti essenziali delle associazioni come la redazione di un rendiconto, la democraticità, l’assenza di scopo di lucro ecc. Una nuova norma aggiunge una condizione, senza la quale la decommercializzazione non opera e l’associazione rischia – se queste attività sono prevalenti – di diventare ente commerciale. È il famoso articolo 30 che obbliga qualsiasi associazione – con poche esclusioni – a inviare per via telematica all’Agenzia delle Entrate dati e notizie sulla propria attività.
Ora direte: come faccio a inviare dati e notizie? Il direttore dell’Agenzia avrebbe dovuto pubblicare un provvedimento con modelli, termini e spiegazioni entro il 31 gennaio scorso. Il fatto che non l’abbia ancora fatto ci riempie di gioia: eravamo già invischiati con il 5 per mille, figurarsi la confusione se avessero sovrapposto due adempimenti così importanti. Certo è che i termini temporali di legge sembrano valere solo per i normali cittadini e non per chi ha il compito di farli rispettare. Strano Paese l’Italia! A oggi non c’è ancora il modello, né le istruzioni e non sappiamo entro quando inviare la comunicazione.
Ma, con una circolare uscita tempestivamente il giovedì di Pasqua, l’Agenzia delle Entrate ci informa sugli ambiti soggettivi (chi è obbligato e chi no) della comunicazione telematica.
Il volontariato (se iscritto al registro locale omonimo) non deve inviare la comunicazione, sempre che non realizzi attività commerciali diverse da quelle previste dal dm 25 maggio 1995, nelle modalità lì previste. Invece, chi realizza attività commerciali diverse, oltre a dover inviare detta comunicazione, non è più considerato onlus (di diritto).
Le associazioni sportive dilettantistiche che non realizzano attività commerciali erano state esentate dalla legge dalla comunicazione di dati e notizie. Sbagliato: la circolare ha capovolto la logica e ha detto che si devono ritenere commerciali anche le attività decommercializzate. Pertanto anche chi non ha partita Iva (tra le sportive) ma consegue ricavi da vendita di corsi sportivi ai propri soci deve inviare la comunicazione. Ma la più bella è la seguente. Dato che l’articolo 30 cita l’art 148 del Tuir, e questo riporta anche la non commercialità delle quote associative, allora l’Agenzia delle Entrate – aiutata da un legislatore miope e distratto – afferma che la comunicazione deve essere inviata anche da chi incassa solo quote o contributi volontari (non corrispettivi) dai soci.
Facciamo un esempio. Faccio parte dell’associazione Amici degli scacchi di Castello Cabiaglio. Siamo in dieci soci. Ci autotassiamo di dieci euro ciascuno per far fronte alle minime spese (acquisto di tre scacchiere in pvc). Nessun’altra entrata, nessun’altra spesa. Siamo obbligati a inviare la comunicazione in via telematica, altrimenti diventiamo associazione / ente commerciale, dobbiamo pagare Ires e aprire partita Iva. Come già scrissi: Kafka, a confronto, era un dilettante!

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