Non profit

Gli spot non bastano: serve credibilità

I consigli dell'autore di «Parola di testimonial»

di Redazione

«Il vip deve coinvolgersi, mettersi in gioco», dice Alessandro Aquilio. «Come Arbore»«Per il 5 per mille è opportuno usare un personaggio famoso solo se è una collaborazione collaudata. Altrimenti si può pensare che sia stato ingaggiato solo per un ritorno economico. Può sembrare una unione di comodo». Al contrario, prosegue Alessandro Aquilio, autore di Parola di testimonial (Lupetti editore), quello tra associazione e vip deve essere quasi «un matrimonio».
Vita: Come sta cambiando il ruolo del testimonial?
Aquilio: Si sta rimodellando. Prima i testimonial avevano un’esperienza diretta del problema, come Sandra Mondaini che collabora con Airc. Oggi questo può anche non esserci, conta che il personaggio sia il più possibile attinente al messaggio.
Vita: Per esempio?
Aquilio: Renzo Arbore o Giobbe Covatta si sono identificati con gli enti cui si sono legati perché hanno avuto la sensibilità di non fermarsi agli spot. È importante che il testimonial senta davvero la causa. La celebrità non può essere il solo criterio. Si possono avere ottimi riscontri anche con testimonial non famosissimi. L’importante è che il pubblico ne senta l’onestà.
Vita: Così il testimonial diventa una specie di volontario, solo più famoso?
Aquilio: Non solo. In alcuni casi diventa quasi il portavoce dell’associazione. L’esempio perfetto è ancora Arbore: pur legandosi a una associazione che affronta una tematica dolorosa, la Lega del Filo d’oro, ha fatto passare un messaggio fatto di colori e di gioia di vivere. Perfetto.

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