Non profit

Altro che euro, io pago con lo “scec”

Il boom delle monete di solidarietà

di Chiara Cantoni

Il nome lo hanno preso da una celebre battuta del film Miseria e nobiltà. A inventarlo, però, non è stato un manipolo di buontemponi alla Totò, ma un gruppo di professionisti e artigiani napoletani, che ha voluto smascherare la schizofrenia del sistema economico attuale con lo scec, moneta alternativa che viaggia su un circuito parallelo a quello dell’euro: «A fronte di una produzione di beni e servizi sempre più ricca, il paniere di spesa famigliare s’impoverisce: all’abbondanza di risorse non corrisponde un’uguale disponibilità di denaro».
Sulle cause del paradosso, Aniello De Gennaro, presidente dell’associazione Masaniello, non ha dubbi: «Colpa della grande distribuzione a capitale straniero, che drena ricchezza dal territorio e non la reinveste localmente. Ma anche del meccanismo di emissione della moneta ufficiale: mentre lo Stato s’indebita con la Bce, le famiglie s’indebitano sempre più col sistema bancario, per gli interessi di mutui e pagamenti rateizzati». Insomma, meglio stamparsele da sé le banconote, in Italia, senza costi aggiuntivi né obblighi di garanzia.
Detto, fatto: grazie alla collaborazione di economisti, analisti finanziari, commercialisti, imprenditori, l’associazione ha lanciato una moneta alternativa. «Il 6 maggio 2007 abbiamo stampato i primi scec, acronimo di “solidarietà che cammina”, buoni locali di pari valore all’euro, che si affiancano alla valuta ufficiale». Il sistema è semplice: si crea un network di cittadini, professionisti, agricoltori, esercizi pubblici o privati. L’associazione distribuisce gratuitamente a chi ne fa richiesta buoni per un totale di 100 scec, spendibili sotto forma di sconti dal 10 al 30% nei negozi/servizi del circuito. Un bene da 100 euro, per esempio, potrà essere acquistato con 80 euro e 20 scec. Utilizzando a sua volta i buoni per pagare fornitori e produttori, l’esercente ne mette in moto la circolazione.
«I buoni locali di solidarietà ancorano al territorio gli importi e consentono di reinvestire sul posto la ricchezza», spiega De Gennaro. «A differenza dell’euro, dove l’accettazione è imposta per legge, qui è volontaria e fiduciaria, ma il principio è altrettanto semplice: basta provare». E in molti lo hanno fatto: in due anni l’esperienza partenopea si è diffusa a macchia d’olio, con un moltiplicarsi di associazioni che oggi aderiscono al coordinamento nazionale Arcipelago Scec: 144mila banconote in circolazione e 2mila aderenti in dieci regioni d’Italia. Prossimo step? «A maggio, attiveremo un “conto scec”, funzionante come un qualunque conto corrente bancario che consentirà transazioni in valuta locale».


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