Mondo

RAZZISMO. Durban 2: le grandi defezioni

Amnesty International chiede a tutti, presenti e assenti, di combattere le discrimnazioni razziali e la xenofobia con grande determinazione

di Chiara Cantoni

L’Italia non c’è, ma il Vaticano sì. Monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente presso le Nazioni Unite, già da ieri aveva confermato la partecipazione della Santa sede alla Conferenza di revisione sul razzismo che si è aperta oggi a Ginevra. Alla base del ritiro italiano, così come di altri Paesi sfilatisi in fase di processo negoziale, c’era inizialmente il dissenso su alcuni passaggi della prima bozza di dichiarazione: oltre ai riferimenti espliciti a Israelee giudicati antisemiti, anche i paragrafi sulla “diffamazione religiosa” ritenuti una minaccia alla libertà di espressione. Elementi che sono stati via via corretti, durante le trattative dei giorni scorsi e che il 17 aprile avevano portato alla redazione di un testo condiviso. Che però, alla prova dei fatti, non ha ovviato ai numerosi ritiri.
Critica Amnesty International nel valutare le ragioni addotte dai governi assenti: «Un’autentica convinzione nel combattere il razzismo richiede di essere presenti a Ginevra per difendere ciò che va difeso e rigettare con forza ciò che va rigettato». Pur apprezzando le dichiarazioni per un impegno rinnovato nel contrastare il razzismo e ogni altra forma di discriminazione, l’organizzazione per i diritti umanitari sottolinea che la loro partecipazione avrebbe reso queste affermazioni ancora più convincenti. Nonostante la Commissione Ue abbia assicurato di voler «reagire in modo appropriato» a eventuali «dichiarazioni inaccettabili», infatti, l’appuntamento di Ginevra brilla per il numero di assenze. Oltre a Canada e Israele, che fin dall’inizio hanno rifiutato di prendere parte agli incontri preparatori, tra il 18 e il 19 aprile è arrivato anche il ritiro degli Stati Uniti. Una mossa annunciata, seguita però da una serie di successive e inaspettate defezioni: Australia, Germania, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia e Italia.
«Uno sviluppo negativo», secondo Amnesty International, «soprattutto alla luce delle lunghe e faticose trattative che avevano consentito, nella riunione del 17 aprile, di raggiungere il consenso sulla bozza di Documento finale». Frutto di intensi negoziati negli ultimi sei mesi e soprattutto negli ultimi tre giorni della scorsa settimana, il via libera era stato raggiunto apportando alcune importanti modifiche al testo, come la sostituzione della preoccupazione verso gli stereotipi negativi della religione con quella per gli stereotipi degradanti nei confronti delle persone, basati sulla loro fede od opinione.
L’organizzazione internazionale avrebbe preferito «un testo più orientato all’azione e alle misure concrete da adottare in opposizione a razzismo, xenofobia e intolleranza», fa sapere. «Ma riconosce comunque nella bozza un punto di partenza per un esito positivo della Conferenza». E invita i governi che si sono impegnati nei lavori a «resistere strenuamente e reagire ad ogni tentativo di politicizzarne l’andamento o di sviare dall’obiettivo fondamentale». Interrogativa invece sulla posizione di Italia e Olanda: «il cui ritiro risulta incomprensibile. I due paesi, infatti, avevano dichiarato che nel Documento adottato il 17 aprile non era stata oltrepassata la “linea rossa”: nessun riferimento alla diffamazione della religione, nessuna critica specificamente rivolta a Israele e l’inserimento di un appropriato riferimento all’Olocausto».


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