Volontariato
I due uomini chiave della macchina dei volontari
Dietro le quinte di un fenomeno che ha stupito l'Italia
Sono Luciano Dematteis di Anpas e Paolo Diani delle Misericordie. Ai loro ordini all’Aquila hanno lavorato molti dei 5mila volontari esperti di primo soccorso. Personale preparato ad operare nei luoghi della tragedia. In italia come loro ce ne sono 60mila. Ecco chi sono e come si preparano Volontario non si nasce. Si diventa. Se si vuole far parte dei 5mila volontari della Protezione civile presenti in questo momento a L’Aquila, la regola è una sola: vietato improvvisare. «Sono finiti i tempi del “si prende e si va a dare una mano dove e come si può”, come è accaduto in passato, ad esempio nell’alluvione di Firenze del 1966. Oggi solo con una buona dose di professionalità si è d’aiuto nelle emergenze». Parole esplicite ma misurate quelle di Luciano Dematteis, che dal 1996 è il responsabile per la protezione civile dell’Anpas, l’Associazione nazionale pubbliche assistenze. A 67 anni, ancora in queste ore Dematteis sta coordinando una delle tendopoli più centrali dell’Aquila, quella di Acquasanta. Mille gli sfollati presenti (sui 25.050 totali, divisi in 67 aree con 4.175 tende e 1.396 bagni), cento i volontari Anpas che danno loro una mano, alternandosi ogni sette giorni. «In media sui 35-40 anni, il 60% uomini, tutti con compiti precisi, assegnati loro da un capo-campo: una decina di cuochi, altrettante figure specializzate come medici, ingegneri, elettricisti, falegnami. Il resto si occupa delle varie mansioni di gestione, come la pulizia, la distribuzione di materiale», spiega Dematteis. «Oggi la macchina degli aiuti c’è e funziona, per questo è meglio integrarsi che muoversi da soli».
Ma chi fa parte di questi “angeli delle macerie”? «Gente che sa come muoversi in ogni situazione, che sa montare una tenda da campo in meno di due ore, che è disposta a non dormire per due giorni», snocciola il responsabile dei 100mila volontari di protezione civile (il 10% nella task force) Anpas. L’impressione è che questo tipo di volontariato non sia per tutti. «É per tutti quelli che hanno una formazione alle spalle», ribatte Dematteis. Ovvero, che abbiano svolto «corsi di primo soccorso, esercitazioni periodiche, aggiornamento continuo». Tre fine settimana all’anno, l’Anpas organizza una “formazione per formatori”: «Almeno 40 delegati apprendono nozioni specifiche di varie mansioni che poi, a cascata, riversano nelle sezioni locali. Poi ognuno, a seconda delle proprie capacità, si specializza in un settore».
Anche lui, nelle Misericordie dal 1978, ha un’idea precisa dell’identikit del volontario di protezione civile: «Non dev’essere un “Rambo del volontariato”, che arriva con buona volontà ma scarsa preparazione, e si ritrova ad aumentare i rischi per sé e per gli altri. Al contrario, deve avere delle conoscenze di base, ed essere in un gruppo affiatato». E specifica: «Mi rendo conto che può essere vista come un’impostazione rigida, ma non sto cercando di “ingabbiare” il volontario. Il fatto è che nella società di oggi fare il soccorritore nelle emergenze significa avere più professionalità che in passato, viste le tecniche avanzate a disposizione». E se qualcuno vuole essere comunque d’aiuto? «Verrà impiegato nelle fasi successive all’emergenza, come accade ora in Abruzzo».
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