Sostenibilità

La wilderness dietro casa nel lago delle Meraviglie

Burano, da riserva di caccia a paradiso del birdwatching

di Redazione

Fenicotteri, cormorani, garzette, anatre, i magnifici cavalieri d’Italia… Sono
i frequentatori del primo angolo di natura che il WWF decise di proteggere direttamente. Uno scrittore racconta il suo speciale rapporto con questo angolo di paradiso, sin da quando, come un bracconiere, strisciava tra
i cespugli per assistere al volo dell’airone cinerino
Il lago lo conosco da quando ero un giovane neofita naturalista. Nei primi anni 60, la zona costiera che dal Chiarone andava alle porte di Ansedonia, al confine tra Lazio e Toscana, era ancora una riserva di caccia dove si sparava alle anatre e alle folaghe. Ci andavo in primavera per vedere gli aironi cenerini, da lontano, contro il sole al tramonto. Mi infilavo come un bracconiere nel fitto tombolo di lentisco, ginepro e mirto. Strisciavo poi nel fragmiteto fino al bordo di una grossa lingua di acqua azzurra splendente sperando che non mi sentissero le anatre e le folaghe, e dessero l’allarme. Se così era, gli aironi si alzavano in volo e scomparivano all’orizzonte. Se ero fortunato, gli animali non si spaventavano. Così, a volte, gli aironi li scorgevo da lontano, li riuscivo a fotografare alla meglio con quei primi teleobiettivi pesantissimi, li osservano bene con il binocolo, anche questo pesante. Burano, per un appassionato di lagune costiere, di stagni, di paludi, di zone umide come sono sempre stato, era un luogo di grande fascino.
Lo conoscevano fortunatamente in pochissimi anche se situato a due passi dal Monte Argentario, che allora iniziava la sua lunga stagione della mondanità estiva. Era in una posizione strategica: quasi nel mezzo di un lungo litorale sabbioso e ben conservato. Un lago costiero, protetto da una perfetta macchia mediterranea come da manuale, difeso dalla grande torre squadrata di Buranaccio. Era un punto di sosta naturalmente ineccepibile, durante le migrazioni, per tutte le specie acquatiche, vale a dire per milioni e milioni di esseri viventi.
Quando Fulco Pratesi – il WWF Italia alla fine degli anni 60 era appena nato – decise di fare il possibile per prenderlo in gestione e sottrarlo all’attività venatoria, mi sembrò di sognare. Burano sarebbe potuto diventare un piccolo paradiso, esattamente qual è oggi. E infatti l’avventura andò a buon fine. Il WWF ne fece la prima delle sue tante oasi per la protezione della Natura, quella con la maiuscola.
A Burano da allora ci sono andato tante di quelle volte che mi è difficile contarle. Più recentemente, grazie all’aiuto di Fabio Cianchi, il responsabile della protezione di questa come dell’oasi del WWF di Orbetello, vi ho trascorso lunghi periodi per realizzare un documentario che ho voluto chiamare Il lago delle Meraviglie. Burano infatti racchiude mirabili visioni di wilderness a due ore di macchina da Roma. Vi arrivano specie rare e importanti, sostano per settimane o giorni, anche poche ore. Poi ripartono per trascorrere più a sud l’inverno; ripassano in direzione nord in primavera. E sono gli animali a decidere della loro vita.
Seguono il ciclo della vita, il mutare delle stagioni. Si può visitare un giorno il lago e trovarlo deserto. Ma il giorno dopo all’alba ecco un gruppo di fenicotteri tranquillamente alla ricerca di microcrostacei. Sono arrivati di notte e con l’aiuto dei riflessi dell’acqua sono planati nel lago. Così avviene per tutte le specie, soprattutto dalla fine dell’estate a tutto l’inverno: per gli aironi bianchi maggiori, i cormorani, le garzette, le marzaiole, i mestoloni – anatre che sono il simbolo di questa riserva assoluta – e i magnifici cavalieri d’Italia.
Da pochi mesi il lago di Burano è diventato anche un libro fotografico straordinario: lo ha realizzato Fabio Cianchi insieme a un appassionato fotografo naturalista, Lorenzo Sestieri, che frequenta il lago da sempre. Così Burano diventa un album di rarità e bellezza da consultare. Diventa il ricordo indelebile di un luogo dove, per fortuna – e oggi è davvero una fortuna -, non si può toccare nulla. Dove si possono lasciare solo le impronte dei piedi sulla scura sabbia ricca di ferro e portar via solo le fotografie che, per fortuna o per abilità, sono state scattate dagli appassionati, dai visitatori, da quelle migliaia di ragazzi che visitano Burano da decenni, in gita scolastica, per non dimenticarsi mai più del miracoloso scorrere della vita naturale.


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