Cultura

RITI. La via crucis di Benedetto XVI

In tutto il mondo per oltre 2 miliardi di cristiani oggi la preghiera di fronte alla Croce di Cristo

di Paul Ricard

Le meditazioni sulle quattordici stazioni della Via Crucis saranno introdotte questa sera dalla seguente preghiera che sarà pronunciata da Benedetto XVI.

Cari fratelli e sorelle, siamo venuti a cantare insieme un inno di speranza. Vogliamo dire a noi stessi che tutto non è perduto nei momenti di difficoltà. Quando le cattive notizie si susseguono, siamo oppressi dall’ansia. Quando la disgrazia ci colpisce più da vicino, ci scoraggiamo. Quando una calamità fa di noi le sue vittime, la fiducia in noi stessi è del tutto scossa e la nostra fede è messa alla prova. Ma non tutto è ancora perduto. Come Giobbe, siamo alla ricerca di senso (cfr. Giobbe, 1, 13-2, 10). In questo sforzo abbiamo un esempio: «Abramo credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Romani, 4, 18).

In verità, in tempi difficili non vediamo nessun motivo per credere e sperare. Eppure crediamo. Eppure speriamo. Questo può succedere nella vita di ognuno di noi. Questo succede nel più vasto contesto sociale. Con il Salmista ci chiediamo: «Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio» (Salmi, 42, 6). Rinnoviamo e rafforziamo la nostra fede e continuiamo a confidare nel Signore. Poiché egli salva coloro che hanno perduto ogni speranza (cfr. Salmi, 34, 19). E questa speranza alla fine non delude (cfr. Romani, 5, 5). È veramente in Cristo che comprendiamo il pieno significato della sofferenza. Durante questa meditazione, mentre contempleremo con angoscia l’aspetto doloroso della sofferenza di Gesù, porremo anche attenzione al suo valore redentivo.

Era secondo il progetto di Dio che il «Messia avrebbe dovuto soffrire», (Atti, 3, 18; 26, 23) e che queste sofferenze dovessero essere per noi (cfr. 1 Pietro, 2, 21). La consapevolezza di questo ci riempie di una viva speranza (cfr. 1 Pietro, 1, 3). È questa speranza a mantenerci lieti e costanti nella tribolazione (cfr. Romani, 12, 12). Un cammino di fede e di speranza è un lungo cammino spirituale, attento al più profondo disegno di Dio nei processi cosmici e negli eventi della storia umana. Poiché sotto la superficie di calamità naturali, guerre, rivoluzioni e conflitti di ogni genere, vi è una presenza silenziosa, vi è un’azione divina mirata. Egli rimane nascosto nel mondo, nella società, nell’universo. La scienza e la tecnologia rivelano le meraviglie della sua grandezza e del suo amore: «Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio» (Salmi, 19, 3).

Egli respira speranza. Rivela i suoi piani attraverso la sua «Parola», mostrando come tragga il bene dal male sia nei piccoli eventi delle nostre vite personali, sia nei grandi accadimenti della storia umana. La sua «Parola» rende nota la «gloriosa ricchezza» del piano di Dio, che dice che egli ci libera dai nostri peccati e che Cristo è in voi, speranza della gloria (cfr. Colossesi, 1, 27). Possa questo messaggio di speranza echeggiare dallo Hoang-Ho al Colorado, dall’Himalaya alle Alpi e alle Ande, dal Mississippi al Brahmaputra. Dice: «Siate forti, rendete saldo il vostro cuore, voi tutti che sperate nel Signore» (Salmi, 31, 25).

Prima Stazione Gesù in agonia nell’Orto degli ulivi
Meditazione Gesù era in agonia. Dolore e angoscia si abbatterono su di lui. Il peccato di tutta l’umanità lo opprimeva pesantemente. Ma quanto più grande era il dolore, tanto più intensa era la sua preghiera. Il dolore resta sempre una sfida per noi. Ci sentiamo lasciati soli. Dimentichiamo di pregare e crolliamo. Alcuni si tolgono perfino la vita. Ma se ci rivolgiamo a Dio, diveniamo forti spiritualmente e ci rendiamo prossimi ai nostri fratelli in difficoltà (cfr. 1 Timoteo, 5, 10). Gesù continua a soffrire nei suoi discepoli perseguitati. Il Papa Benedetto xvi dice che anche nei nostri tempi «non mancano alla Chiesa martiri» (Sacramentum caritatis, 85). Cristo è in agonia tra di noi e nei nostri tempi. Noi preghiamo per coloro che soffrono. Il mistero della sofferenza cristiana è nel suo valore redentivo. Possano le persecuzioni, che i credenti subiscono, completare in loro i patimenti di Cristo, portatori di salvezza (cfr. Colossesi, 1, 24).
Preghiera Signore Gesù, fa’ che possiamo comprendere più profondamente il grande «mistero del male» e quanto noi abbiamo contribuito a esso. Poiché la sofferenza è entrata nella vita umana attraverso il peccato, il tuo piano ha previsto che l’umanità fosse salvata dal peccato attraverso la sofferenza. Non vada perduta nessuna delle piccole contrarietà, umiliazioni e frustrazioni che subiamo nelle nostre vite quotidiane e nessuna delle grandi disgrazie che ci colgono inaspettatamente. Unite alle tue, possano le tribolazioni che sopportiamo, da te accolte, produrre speranza (cfr. Romani, 5, 4). Signore, insegnaci a essere compassionevoli non solo con gli affamati, gli assetati, gli infermi, o con coloro che si trovano in un particolare stato di bisogno, ma anche verso quanti sono inclini a essere sgarbati, polemici e offensivi. In questo modo, poiché tu ci hai consolato in tutte le nostre difficoltà, possiamo anche noi «consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2 Corinzi, 1, 4).

Seconda Stazione Gesù è tradito da Giuda e trattiene Pietro dalla violenza
Meditazione È un amico fidato a tradire Gesù, e con un bacio. Il modo, in cui Gesù ha affrontato la violenza, contiene un messaggio per i nostri tempi. La violenza è suicida — dice a Pietro — e non si sconfigge con altra violenza, ma con una superiore energia spirituale, che si estende agli altri in forma di amore risanante. Gesù tocca il servo del sommo sacerdote e lo guarisce. L’uomo violento può aver bisogno anche oggi di un gesto risanante, scaturito da un amore che trascende le questioni immediate. In tempi di conflitto tra persone, gruppi etnici e religiosi, nazioni, interessi economici e politici, Gesù dice che lo scontro e la violenza non sono la risposta, bensì l’amore, la persuasione e la riconciliazione. Anche quando sembriamo non riuscire in tali sforzi, piantiamo nondimeno semi di pace, che porteranno frutto a tempo debito. La giustezza della nostra causa è la nostra forza.
Preghiera Signore Gesù, ci consideri tuoi amici, eppure notiamo tracce di infedeltà in noi stessi. Noi riconosciamo le nostre trasgressioni. Siamo a volte presuntuosi e troppo sicuri di noi stessi. E cadiamo. Non permettere che l’avarizia, la concupiscenza o l’orgoglio ci sorprendano. Quanto sconsideratamente rincorriamo soddisfazioni effimere e idee indimostrate! Fa’ che non siamo «trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ma che, agendo secondo verità nella carità, cresciamo in ogni cosa, tendendo a lui, che è il capo, Cristo» (cfr. Efesini, 4, 14-15). Possa la verità e la sincerità delle intenzioni essere la nostra forza. Reprimi, Signore, la nostra impetuosità in situazioni di violenza, come hai represso il carattere impulsivo di Pietro. Mantienici sereni nello spirito davanti all’opposizione e al trattamento ingiusto (cfr. Giacomo, 5, 10-11a). Persuadici che «una risposta gentile calma la collera» (Proverbi, 15, 1) nelle nostre famiglie, e che la «bontà» unita alla «saggezza» riporta serenità nella società (cfr. Proverbi, 31, 26). «Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace» (Attribuita a san Francesco d’Assisi).

Terza Stazione Gesù è condannato dal Sinedrio
Meditazione In ogni terra ci sono state persone innocenti che hanno sofferto, persone che sono morte combattendo per la libertà, l’uguaglianza o la giustizia. Coloro che lottano a favore dei «piccoli di Dio» promuovono l’opera stessa di Dio. Poiché egli difende i diritti dei deboli e degli oppressi (cfr. Isaia, 1, 17). Chiunque collabora a quest’opera nello spirito di Gesù reca speranza agli oppressi e offre un messaggio di correzione a colui che compie il male. Il modo di Gesù di combattere per la giustizia non è quello di suscitare l’ira collettiva delle persone contro l’oppositore, con la conseguenza che esse sono spinte a forme di più grande ingiustizia. Al contrario, è di sfidare il nemico con la giustezza della propria causa e di suscitare la buona volontà dell’oppositore in modo tale che si desista dall’ingiustizia con la persuasione e la conversione del cuore. Il Mahatma Gandhi ha portato nella vita pubblica questo insegnamento di Gesù sulla non-violenza con sorprendente successo.
Preghiera Signore, spesso giudichiamo gli altri frettolosamente, indifferenti alla realtà dei fatti e insensibili ai sentimenti delle persone! Mettiamo in atto stratagemmi di autogiustificazione e cerchiamo di spiegare il modo irresponsabile in cui ci siamo comportati con «l’altro». Perdonaci! Quando siamo mal giudicati e trattati ingiustamente, dacci, Signore, la pace interiore e la fiducia che il tuo Figlio ha manifestato davanti all’ingiustizia. Preservaci da una risposta aggressiva che andrebbe contro il tuo Spirito. Al contrario, aiutaci a portare la tua possente Parola in situazioni di tensione e di timore, così che possa rivelare il suo potere dinamico nella storia. «E ‘n la sua volontade è nostra pace» (Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto iii v. 85).

Quarta Stazione Gesù è rinnegato da Pietro
Meditazione Pietro affermava di essere forte, ma è crollato davanti a una giovane serva. La debolezza umana ci coglie di sorpresa e cadiamo. Ecco perché Gesù ci chiede di vegliare e di pregare (cfr. Matteo, 26, 41). E ci esorta a rinunciare a noi stessi e ad avvicinarci a Dio. Dentro di noi vi è un «io» ribelle. Siamo spesso interiormente divisi (cfr. Giacomo, 4, 8), ma non riusciamo a riconoscere questa interna incoerenza. Pietro la riconobbe, quando i suoi occhi incontrarono gli occhi di Gesù, e allora pianse. Più tardi Tommaso, incontrando il Signore risorto, si rese conto della propria infedeltà e credette. Paolo, nella luce di Cristo, si rese conto dell’interna contradditorietà e la superò con il suo aiuto (cfr. Romani, 7, 14-25), giungendo infine alla scoperta: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Galati, 2, 20).
Preghiera Signore, quanto facilmente tolleriamo una sempre maggior divergenza tra ciò che professiamo di essere e ciò che siamo realmente! Quanto spesso non riusciamo a portare avanti le nostre stesse decisioni e neppur a onorare a volte le più solenni promesse! Di conseguenza, siamo spesso esitanti nel momento di prendere un impegno definitivo perfino con te. Confessiamo che non siamo riusciti a portare nella nostra vita quella disciplina interiore, che si attende da ogni persona adulta e si richiede per il successo di ogni progetto umano. Concedi fermezza alla nostra determinazione interiore. Aiutaci a portare a felice conclusione ogni opera buona iniziata. Rendici capaci di essere «saldi, perfetti e aderenti a tutti i voleri di Dio» (Colossesi, 4, 12).

Quinta Stazione Gesù è giudicato da Pilato
Meditazione Non era la giustezza di una questione che importava a Pilato, ma i suoi interessi professionali. Un simile atteggiamento non lo aiutò né in questo caso, né nella sua successiva carriera. Era così dissimile da Gesù, che l’interiore rettitudine rendeva intrepido. E Pilato non era interessato neanche alla verità. Si allontana da Gesù esclamando: «Che cos’è la verità?» (Giovanni, 18, 38). Una tale indifferenza nei confronti della verità non è oggi infrequente. La gente spesso si preoccupa di ciò che procura una soddisfazione immediata. Ci si accontenta di risposte superficiali. Si prendono decisioni non sulla base di principi di integrità, ma di considerazioni opportunistiche. Non scegliendo opzioni moralmente responsabili, si danneggiano gli interessi vitali della persona umana e della famiglia umana. Preghiamo affinché le «concezioni spirituali ed etiche», contenute nella Parola di Dio, ispirino le norme di vita della società nei nostri tempi (cfr. xii Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, Messaggio al Popolo di Dio, 24 ottobre 2008, n. 15).
Preghiera Signore, dacci il coraggio di assumere decisioni responsabili quando rendiamo un servizio pubblico. Infondi probità nella vita pubblica e aiutaci a «conservare la fede e una buona coscienza» (cfr. 1 Timoteo, 1, 19). Signore, tu sei la sorgente di ogni Verità. Guidaci nella nostra ricerca di risposte ultime. Fa’ che, lasciandoci alle spalle spiegazioni solo parziali e incomplete, possiamo ricercare ciò che è permanentemente vero, bello e buono. Signore, mantienici intrepidi davanti «alle sassate e alle frecce dell’oltraggiosa fortuna» (William Shakespeare, Amleto, iii, 1). Quando le ombre si addensano sui pesanti cammini della vita e sopraggiunge la notte oscura, rendici capaci di ascoltare l’insegnamento dell’apostolo Paolo: «Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi in modo virile, siate forti» (1 Corinzi, 16, 13).

Sesta stazione Gesù è flagellato e coronato di spine
Meditazione La disumanità raggiunge nuovi vertici. Gesù è flagellato e coronato di spine. La storia è piena di odio e di guerre. Anche oggi siamo testimoni di violenze al di là del credibile: omicidi, violenze su donne e bambini, sequestri, estorsioni, conflitti etnici, violenza urbana, torture fisiche e mentali, violazioni dei diritti umani. Gesù continua a soffrire quando i credenti sono perseguitati, quando la giustizia viene amministrata in modo distorto nei tribunali, quando la corruzione è radicata, le strutture ingiuste schiacciano i poveri, le minoranze sono soppresse, i rifugiati e i migranti maltrattati. Gesù viene spogliato delle vesti quando la persona umana è disonorata sullo schermo, quando le donne sono costrette a umiliarsi, quando i bambini dei quartieri poveri vanno in giro per le strade a raccogliere i rifiuti. Chi sono i colpevoli? Non puntiamo il dito verso gli altri, poiché anche noi possiamo avere avuto la nostra parte in queste forme di disumanità.
Preghiera Signore Gesù, sappiamo che sei tu a soffrire quando siamo causa di sofferenza l’uno per l’altro e rimaniamo indifferenti. Il tuo cuore si è mosso a compassione quando hai visto «le folle stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Matteo, 9, 36). Dammi occhi che notino i bisogni dei poveri e un cuore che si prodighi per amore. «Dammi la forza di rendere il mio cuore fecondo nel servizio» (Rabindranath Tagore, Gitanjali, 36). Soprattutto, fa’ che possiamo condividere con l’indigente la tua «Parola» di speranza, l’assicurazione del tuo aiuto. Possa lo «zelo per la tua casa» ardere in noi come fuoco (Salmi, 69, 10). Aiutaci a portare il sole vivo della tua gioia nella vita di coloro che si trascinano lungo le vie della disperazione.

Settima Stazione Gesù, fatto oggetto di scherno, è condotto via per essere crocifisso
Meditazione Gesù, nel cui nome ogni ginocchio si piega nei cieli e sulla terra (cfr. Filippesi, 2, 10), è fatto oggetto di scherno. Siamo sconvolti nel vedere i livelli di brutalità in cui gli esseri umani possono sprofondare. Gesù è umiliato in nuovi modi anche oggi: quando realtà tra le più sacre e profonde della fede sono banalizzate, quando si lascia che il senso del sacro si sgretoli e il sentimento religioso è classificato tra i resti sgraditi dell’antichità. Nella vita pubblica tutto rischia di essere desacralizzato: persone, luoghi, promesse, preghiere, pratiche, parole, scritti sacri, formule religiose, simboli, cerimonie. La nostra vita sociale diviene sempre più secolarizzata. Il sacro è cancellato. La vita religiosa diventa timida. Così vediamo che le questioni più importanti sono collocate tra le inezie e le banalità glorificate. Valori e norme, che tenevano insieme le società e guidavano la gente a più alti ideali, sono derisi e gettati a mare. Gesù continua a essere ridicolizzato!
Preghiera Abbiamo fede, Signore, ma non abbastanza. Aiuta la nostra incredulità (cfr. Marco, 9, 24). Fa’ che non mettiamo mai in dubbio o deridiamo con cinismo gli aspetti seri della vita. Concedici di non smarrire la strada nel deserto dell’assenza di Dio. Mettici in grado di percepirti nella brezza leggera, di vederti agli angoli delle strade, di amarti nel bambino non ancora nato. Dio, facci comprendere che sul Tabor o sul Calvario, il tuo Figlio è il Signore. Con le vesti splendenti o spogliato delle vesti, egli è il Salvatore del mondo (cfr. Giovanni, 4, 42). Rendici attenti alle sue presenze silenziose: nella sua «Parola», nei tabernacoli, santuari, luoghi umili, persone semplici, la vita dei poveri, il riso dei bambini, i pini che sussurrano, le colline ondulate, la più minuta cellula vivente, l’atomo più piccolo e le distanti galassie. Fa’ che possiamo guardarlo con stupore mentre cammina sulle acque del Reno, del Nilo e del Tanganica.

Ottava Stazione Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la Croce
Meditazione In Simone di Cirene abbiamo il prototipo del discepolo fedele che prende su di sé la croce e segue Cristo (cfr. Matteo, 10, 38). Non è dissimile da milioni di cristiani di umili origini, con un profondo attaccamento a Cristo. Privi di fascino, di raffinatezza, ma con una fede profonda. Uomini e donne di tale fede continuano a crescere in terra d’Africa e d’Asia e nelle isole lontane. In mezzo a loro fioriscono le vocazioni. Simone ci ricorda le piccole comunità e tribù con il loro caratteristico impegno per il bene comune, un profondo radicamento nei valori etici e l’apertura al Vangelo. Meritano attenzione e cura. Il Signore non vuole che «neanche uno di questi piccoli si perda» (Matteo, 18, 14). In Simone scopriamo la sacralità dell’ordinario e la grandezza di ciò che sembra piccolo. Poiché la realtà più piccola ha un qualche mistico rapporto con la più grande e l’ordinaria con la più straordinaria!
Preghiera Signore, nel tuo mirabile piano tu innalzi gli umili (cfr. Luca, 1, 52) e sostieni i poveri. Rafforza la tua Chiesa nel suo servizio alle comunità svantaggiate: i meno privilegiati, gli emarginati, i baraccati, i poveri delle aree rurali, i sottoalimentati, gli intoccabili, i disabili, le vittime di varie forme di dipendenza. Possa l’esempio della tua serva, Madre Teresa di Calcutta, ispirarci e indurci a dedicare più energie e risorse alla causa dei «più poveri dei poveri». Possiamo anche noi un giorno ascoltare da Gesù queste parole: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Matteo, 25, 35-36).

Nona Stazione Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Meditazione Davanti alle donne in lacrime, Gesù dimentica se stesso. Non si cura delle proprie sofferenze, ma del tragico futuro che attende loro e i loro figli. I destini delle società sono strettamente connessi col benessere delle loro donne. Dovunque sono tenute in scarsa stima o il loro ruolo resta sminuito, le società non riescono a elevarsi fino a raggiungere le loro autentiche potenzialità. Allo stesso modo, dovunque la loro responsabilità verso le nuove generazioni è trascurata, ignorata o emarginata, il futuro di quella società diviene incerto. In molte società del mondo le donne non ricevono un trattamento equo. Cristo probabilmente piange per loro. Vi sono anche società incuranti del proprio futuro. Cristo probabilmente piange per i loro figli. Dovunque vi sia noncuranza per il futuro, attraverso l’uso eccessivo delle risorse, il degrado dell’ambiente, l’oppressione delle donne, l’abbandono dei valori familiari, il mancato rispetto delle norme etiche, l’abbandono delle tradizioni religiose, Gesù continua a dire alla gente: «Non piangete per me, ma per voi stessi e per i vostri figli» (Luca, 23, 28).
Preghiera Signore, tu sei il Padrone della storia. Eppure hai voluto la nostra collaborazione nel portare a compimento i tuoi piani. Aiuta ciascuno a svolgere in modo responsabile il proprio ruolo nella società: i capi nelle loro comunità, i genitori nelle loro famiglie, gli educatori e gli operatori sanitari nell’ambito del proprio compito, i comunicatori nel mondo dell’informazione. Suscita in noi il senso della missione in ciò che facciamo, un profondo senso di responsabilità gli uni verso gli altri, verso la società, verso il nostro comune futuro e verso di te, poiché hai posto nelle nostre mani i destini delle nostre comunità e dell’umanità stessa. Signore, non distogliere da noi il tuo sguardo quando vedi donne umiliate o quando la tua immagine viene sfigurata nella persona umana; quando interferiamo nei sistemi di vita, quando indeboliamo il potere nutritivo della natura, inquiniamo i corsi d’acqua, l’azzurro profondo dei mari o le nevi del Settentrione. Salvaci dall’indifferenza crudele per il nostro futuro comune e non permettere che trasciniamo la nostra civiltà sul sentiero del declino.

Decima Stazione Gesù è crocifisso
Meditazione Le sofferenze di Gesù raggiungono il culmine. Era stato impavido al cospetto di Pilato. Aveva sopportato i maltrattamenti dei soldati romani. Aveva conservato il controllo di sé durante la flagellazione e l’incoronazione di spine. Perfino sulla Croce sembrava non essere scosso dalla tempesta degli insulti. Non aveva parole di lamento, né desiderio di ritorsione. Ma poi, alla fine, arriva il momento in cui viene meno. Non ha più forza per resistere. Si sente abbandonato perfino dal Padre! L’esperienza ci dice che anche l’uomo più forte può scendere negli abissi della disperazione. Le frustrazioni si accumulano, l’ira e il risentimento aggiungono il loro peso. Malattie, cattive notizie, disgrazie, maltrattamenti — tutto può sopraggiungere insieme. Può essere successo anche a noi. È in questi momenti che abbiamo bisogno di ricordare che Gesù non ci lascia mai. Egli si rivolse al Padre con un grido. Anche il nostro grido si rivolga al Padre, che costantemente viene in nostro aiuto in tutta la nostra angoscia, ogniqualvolta lo invochiamo (cfr. Salmi, 107, 6, 13, 19, 20).
Preghiera Signore, quando le nubi si addensano all’orizzonte e tutto sembra perduto, quando non troviamo amici che ci stiano vicino e la speranza scivola via dalle nostre mani, insegnaci a confidare in te, che verrai con certezza in nostro soccorso (cfr. Salmi, 25, 15). Possa l’esperienza del dolore e dell’oscurità interiore insegnarci la grande verità che in te nulla è perduto, che perfino i nostri peccati — una volta riconosciuti nel pentimento — servono a uno scopo, come legna secca nel freddo dell’inverno (cfr. Frère Roger di Taizé). Signore, tu hai concepito un disegno universale dietro i meccanismi dell’universo e il progresso della storia. Apri i nostri occhi ai ritmi e ai modelli nei moti delle stelle, all’equilibrio e alla proporzione nella struttura interna degli elementi, all’interdipendenza e complementarità nella natura, al progresso e allo scopo nel corso della storia, alla correzione e compensazione nelle nostre storie personali. È questa armonia, che tu non cessi di ricreare malgrado i dolorosi squilibri che noi causiamo. In te anche la perdita più grande è un guadagno. La morte di Cristo infatti è preludio di risurrezione.

Undicesima Stazione Gesù promette il suo Regno al buon ladrone
Meditazione Non è l’eloquenza che convince e converte. È uno sguardo d’amore nel caso di Pietro; la serenità senza risentimento nella sofferenza, nel caso del buon ladrone. La conversione avviene come un miracolo. Dio apre i tuoi occhi. Tu riconosci la sua presenza e la sua azione. Ti arrendi! Optare per Cristo è sempre un mistero. Perché si fa una scelta definitiva per Cristo, anche nella prospettiva di difficoltà o della morte? Perché i cristiani fioriscono nei luoghi di persecuzione? Non lo sapremo mai. Ma succede continuamente. Se una persona che ha abbandonato la fede incontra il vero volto di Cristo, sarà stordita da ciò che vede realmente e potrebbe arrendersi come Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!» (Giovanni, 20, 28). È un privilegio svelare il volto di Cristo alle persone. È una gioia anche più grande scoprirlo, o riscoprirlo. «Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Salmi, 27, 8).
Preghiera O Signore, oggi io grido a te in lacrime: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno» (Luca, 23, 42). È a questo Regno che io fiduciosamente anelo. È l’eterna casa che hai preparato per tutti coloro che ti cercano con cuore sincero. «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano» (1 Corinzi, 2, 9). Aiutami, Signore, mentre procedo con fatica nella via verso il mio eterno destino. Dissipa l’oscurità lungo il mio cammino e tieni i miei occhi innalzati verso l’alto! «Guidami, o Luce benevola, / tra le tenebre che mi circondano. / Guidami tu! / La notte è buia e io sono lontano da casa. / Guidami tu! / Sostieni il mio cammino; / non chiedo di vedere l’orizzonte lontano; / un passo alla volta è ciò che mi basta» (John Henry Newman, Libro di Preghiere, curato da Vincent Ferrer Blehl, S.I., Birmingham 1990, p. 32).

Dodicesima Stazione La madre di Gesù e il discepolo che egli amava ai piedi della Croce
Meditazione Nella sofferenza aneliamo alla solidarietà. Maria, la madre, ci ricorda l’amore, il sostegno e la solidarietà all’interno della famiglia, Giovanni la lealtà all’interno della comunità. Coesione familiare, legami comunitari, vincoli di amicizia sono essenziali per la fioritura degli esseri umani. In una società anonima perdono di vigore. Quando mancano, la nostra stessa umanità si indebolisce. Inoltre in Maria non notiamo il minimo segno di risentimento; non una parola di amarezza. La Vergine diviene un archetipo del perdono nella fede e nella speranza. Ci addita la via verso il futuro. Anche coloro che vorrebbero rispondere all’ingiustizia violenta con una «giustizia violenta» sanno che questa non è la risposta risolutiva. Il perdono suscita la speranza. Vi sono anche offese storiche che per secoli feriscono le memorie delle società. Se non trasformiamo la nostra ira collettiva in nuove energie d’amore attraverso il perdono, periremo congiuntamente. Quando la guarigione avviene attraverso il perdono, accendiamo una lampada che annuncia future possibilità per «la vita e il benessere» dell’umanità (cfr. Malachia, 2, 5).
Preghiera Signore Gesù, tua madre è stata silenziosamente al tuo fianco nella tua agonia finale. Ella che rimaneva nascosta, quando ti acclamavano come grande profeta, è accanto a te nella tua umiliazione. Fa’ che io abbia il coraggio di rimanere leale anche dove non ti riconoscono. Fa’ che io non mi senta mai in imbarazzo di appartenere al «piccolo gregge» (Luca, 12, 32). Signore, fammi ricordare che anche coloro che considero miei «nemici» appartengono alla famiglia umana. Se mi trattano ingiustamente, fa’ che la mia preghiera sia solo «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Luca, 23, 34). Può accadere che in un simile contesto qualcuno riconosca improvvisamente il vero volto di Cristo e gridi come il centurione: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (Marco, 15, 39).

Tredicesima Stazione Gesù muore sulla Croce
Meditazione Gesù consegna il suo spirito al Padre con sereno abbandono. Quello che i suoi persecutori ritenevano un momento di sconfitta si dimostra di fatto un momento di trionfo. Quando un profeta muore per la causa che ha sostenuto, dà la prova definitiva di tutto ciò che ha detto. La morte di Cristo è qualcosa di più. Porta la redenzione (cfr. Galati, 3, 13). «In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe» (Efesini, 1, 7). Con ciò inizia per me un cammino mistico: Cristo mi attira più vicino a sé finché non gli apparterrò pienamente (cfr. Giovanni, 12, 32; Filippesi, 3, 12-14; Galati, 2, 20). «Come la cerva anela ai corsi d’acqua, / così l’anima mia anela a te, o Dio… / Quando verrò e vedrò il volto di Dio?» (Salmi, 42, 2-3).
Preghiera Signore Gesù, per i miei peccati sei stato inchiodato sulla Croce. Aiutami ad acquisire maggiore consapevolezza della gravità delle mie colpe e dell’immensità del tuo amore. «Infatti, quando eravamo ancora deboli, Cristo morì per gli empi» (Romani, 5, 6.8). Confesso i miei peccati, come al loro tempo fecero i profeti: «Abbiamo peccato / e abbiamo operato da malvagi e da empi, / siamo stati ribelli, / ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti / e dalle tue leggi! / Non abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti…» (Daniele, 9, 5-6). Nulla in me meritava la tua benevolenza. Ti rendo grazie per la tua incommensurabile bontà verso di me. Aiutami a vivere per te, conforma la mia vita a te (cfr. 1 Corinzi, 11, 1), in modo che io sia unito a te e divenga una nuova creatura (cfr. 2 Corinzi, 5, 17). Cristo sia con me, Cristo dentro di me, / Cristo dietro di me, Cristo davanti a me, / Cristo accanto a me, Cristo mi conquisti, / Cristo mi consoli, Cristo mi guarisca («Saint Patrick’s Breastplate», Inno irlandese del secolo viii).

Quattordicesima Stazione Gesù è deposto dalla Croce e collocato nel sepolcro
Meditazione Le tragedie ci fanno riflettere. Uno tsunami ci dice che la vita va presa seriamente. Hiroshima e Nagasaki restano luoghi di pellegrinaggio. Quando la morte colpisce da vicino, un altro mondo ci si fa accanto. Allora ci liberiamo dalle illusioni e abbiamo la percezione di una realtà più profonda. Anticamente la gente in India così pregava: «Conducimi dall’irreale al reale, dall’oscurità alla luce, dalla morte all’immortalità» (Brihadaranyaka Upanishads 1.iii.28). Dopo che Gesù ebbe lasciato questa terra, i cristiani cominciarono a guardare indietro e a comprendere la sua vita e la sua missione. Recarono il suo messaggio ai confini della terra. Questo messaggio è lo stesso Gesù Cristo, che è «potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Corinzi, 1, 24). Dice che la realtà è Cristo (cfr. Colossesi, 2, 17) e che il nostro destino definitivo è di essere con lui (cfr. Filippesi, 1, 23).
Preghiera Signore Gesù, mentre avanziamo con pena lungo il faticoso cammino della vita, rendici capaci di avere un barlume del nostro destino definitivo. E quando finalmente oltrepasseremo l’ultima soglia, sapremo che «non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno» (Apocalisse, 21, 4). Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi. È questa Buona Novella che desideriamo annunciare «in ogni maniera» (Filippesi, 1, 18), anche in luoghi dove Cristo non è mai stato conosciuto (cfr. Romani, 15, 20). Per questo ci impegniamo a fondo (cfr. Atti, 20, 35; Romani, 12, 8), «lavorando notte e giorno» (1 Tessalonicesi, 2, 9) fino allo sfinimento (cfr. 1 Corinzi, 4, 12). Signore, rendici efficaci messaggeri della tua Buona Novella. «Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio» (Giobbe, 19, 25-26).

Quando corpus morietur, fac ut animæ donetur paradisi gloria. Amen.

Nessuno ti regala niente, noi sì

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