Cultura

La mia Chiesa ferita

«La mia comunità è perseguitata, i cattolici fuggono» denuncia Vinko Puljic. «L’Acnur non si muove. E se nessuno fermerà Milosevic...»

di Redazione

Il vescovo di Sarajevo, Vinko Puljic, è ancora qui, come sempre. Colui che nel 1994, a 48 anni, fu il più giovane cardinale del suo conclave non ha mai lasciato il centralissimo quartiere della Barshasha, a ridosso del rione turco e dei suoi minareti. Qui sorge la ?sua? cattedrale, la sede cardinalizia di un uomo voluto alla massima onorificenza della Chiesa dal Papa in persona a conflitto non ancora terminato. Una scelta significativa: mai prima di lui infatti il vescovo di Sarajevo aveva vestito anche la porpora. Un riconoscimento palese a chi non se n?è mai andato anche sotto le bombe, anche quando una granata piovuta nel mezzo del mercato dei fiori – a non più di dieci passi dalla cattedrale – aveva provocato una strage. Ora molte cose sono cambiate anche alla Barshasha. Quella che una volta si chiamava la ?piccola Roma? per la forte presenza di cattolici oggi è una zona caotica piena di stranieri e militari, dove il cardinale continua a evidenziare le contraddizioni di una politica internazionale miope e parziale. Dal pulpito, ma anche dai principali mezzi di comunicazione di tutto il mondo. Incontriamo il cardinale Puljic al termine di una messa feriale affollata di anziani. «Ecco, questi sono i cattolici di Bosnia» dice indicando due vecchiette che escono di chiesa. «I giovani dove sono? Tutti fuggiti a Zagabria, in Croazia. Costretti a fuggire perché perseguitati. E quelli che rimangono non ce la fanno più. Il commissariato per i rifugiati, l?Acnur, non fa niente per i profughi cattolici, per l?Onu contano solo le maggioranze, le minoranze non esistono». Parla di una Chiesa costretta alle catacombe, il cardinale: «I cattolici di Sarajevo sono passati dal 12 per cento al 5, in Bosnia erano il 18 per cento, adesso chissà…». E nella Repubblica serba è stata praticata una vera cancellazione della memoria cattolica, non c?è più una parrocchia, erano 58, sono state distrutte una per una. Il vescovo di Banja Luka, Franjo Komarica, costretto nella sua residenza, praticamente agli arresti domiciliari. La diocesi di Sarajevo ha attivato una serie di gemellaggi con diocesi italiane, prima fra tutte la Firenze del cardinale Piovanelli, ma non basta. Si sente solo, eminenza? «Non sono io a essere solo, ma tutti i cattolici di Bosnia e tutti i bosniaci. Siamo abbandonati come durante la guerra». E adesso si apre un?altra emergenza, il Kosovo… «Purtroppo, ci risiamo. Anche oggi le stesse incertezze, le stesse indecisioni: per il Kosovo la comunità internazionale ha responsabilità enormi». Il cardinale Puljic scuote la testa. È arrabbiato più che sconsolato. D?altronde, gli basta guardarsi intorno: nella sola Sarajevo secondo l?Onu i profughi del Kosovo sarebbero ormai più di 8000: presenze silenziose che si arrangiano come possono, tanto disperati da fuggire proprio in questa terra che fatica a riaccogliere i suoi stessi abitanti. «Bisognava fermare Milosevic molto tempo fa, oggi chi lo sa, forse è troppo tardi» conclude. Con quel forse che pesa più di un macigno. A che punto sono i progetti del cuore Il comitato per il sostegno a distanza, per cui si è disputata la Partita del cuore 1998, ha in cantiere la realizzazione di 10 progetti in altrettanti Paesi del mondo. Uno di questi progetti è già realtà a Ilidza, una municipalità alla presso Sarajevo, dove l?Ai.Bi., una delle organizzazioni del comitato, ha realizzato un asilo per bambini e corsi di formazione per le loro madri, tutte capofamiglia, cioè uniche potenziali percettrici di reddito. Ai.Bi. con la collaborazione della catena di supermercati Euromadis (titolare dei marchi A&O, Sidis e altri) ha costruito 4 parchi gioco per bambini nell?area urbana di Sarajevo, realizzati in plastica riciclata dalla ditta Recovered di Bonate sopra (Bergamo). Ma anche gli altri progetti di sostegno a distanza stanno avanzando in questi mesi. In attesa di darvene puntualmente conto in uno dei prossimi numeri di ?Vita?, vi ricordiamo quali sono le associazioni che compongono il Comitato: Ai.Bi., Cefa (Comitato europeo per la formazione e l?agricoltura), Ciai (Centro italiaano per l?adozione internazionale), Terre des hommes, Fondazione Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo). Ed ecco i Paesi in cui stanno partendo i vari progetti: Ecuador, India, Madagascar, Tanzania, Bangladesh, Etiopia, Albania, Iraq, Somalia e ovviamente Bosnia. Il Comitato risponde al numero 02/98232020.


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