Welfare

Vilma Mazzocco: dov’è finito il Sud

di Giuseppe Frangi

da pagina 6
Vita:Nelle sue analisi si arriva sempre al nodo dei comportamenti individuali, delle scelte che i singoli fanno?
Mazzocco: Vedo al Sud una classe politica che non ha più nulla da dire, niente da dare. È priva di idee e non ha una visione del futuro del Mezzogiorno, quindi non riesce a generare consenso su progetti seri e lungimiranti. Credo che l’unica possibilità sia quella di far ripartire dal basso nuovi processi di governance.
Vita: Questa idea della cultura del fare, che è un po’ la chiave del nuovo berlusconismo, può essere uno stimolo?
Mazzocco: Se questo comporta il coinvolgimento attivo dei cittadini, sì. Se rimane uno slogan, no. I cittadini vanno ricoinvolti nella costruzione delle loro comunità. Vedo anche segnali positivi, anche incoraggianti per certi versi. Il sistema cooperativo è un esempio importante: a forte tenuta sociale, dà lavoro sano e non assistito a migliaia di persone. È un sistema che ha le carte in regola per irradiarsi e costruire nuove opportunità di lavoro perché promuove partecipazione nell’economia, fonda l’azione imprenditoriale sulla fiducia dei soci.
Vita: Ha in mente qualche esempio?
Mazzocco: In Basilicata, in un paesino di poco più di tremila abitanti, Filiano, una cooperativa di produzione lavoro, non sociale, è costituita da due ingegneri elettronici e una laureata in economia e commercio. Bene: questa cooperativa è partner di un importantissimo progetto con Alenia Spazio. Ed è una piccola cooperativa di giovani che si è cercata collaborazione con diverse università nel mondo. Il prodotto si chiama Cab (controllo ambientale biorigenerativo): per sette anni devono studiare le applicazioni di produzione di ortaggi in serra sulla Luna. È un esempio interessante perché mette insieme il mondo dell’impresa e della ricerca, che al Sud è invece è una relazione molto rarefatta. Quando i mondi si toccano e si contaminano si riescono ad attivare esperienze eccellenti.
Vita: Ma se fossero in un altro posto non avrebbero vita più semplice?
Mazzocco: No. Alcuni progetti di questo tipo nascono proprio perché si rimane qui. Ci si affina mettendo i motori al massimo, facendosi venire idee originali, partendo dal proprio bagaglio di competenze e dal proprio patrimonio culturale. Altrove che cosa avrebbero fatto? Sarebbero stati degli ingegneri fra tanti. Dobbiamo essere convinti che alcune idee importanti escono proprio dal voler mantenere le radici nella propria comunità e proiettarsi da lì nel futuro.
Vita: Un’ultima domanda. Il federalismo può essere una chance per il Sud?
Mazzocco: Se verrà completato in una logica che guarda al sistema Paese nella sua complessità diventerà un’importante opportunità. Ma per far questo occorre virare il cursore del federalismo verso una sussidiarietà più moderna, nella programmazione e nelle politiche di sviluppo. Sussidiarietà quindi non solo dichiarata, ma concretamente promossa e agita, che generi responsabilità nell’autonomia. Se invece il Sud si limiterà a pensare al federalismo come strada per raggiungere l’integrale soddisfacimento dei bisogni, finirà schiacciato nella vecchia logica del finanziamento della spesa pubblica. Invece il problema è rendere più efficiente la spesa pubblica e colmare il divario vero, che è quello dell’economia privata. Non sono semplicemente le risorse in più che ci servono, ma le politiche nazionali di investimento che contribuiscano a riequilibrare il sistema Paese.


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