Il giorno di Pasqua, 12 aprile, ricorre l’anniversario dei 50 anni dalla morte di don Primo Mazzolari. Un prete straordinario. Della stessa tempra di don Milani, don Zeno di Nomadelfia, Giorgio La Pira: non caso tutti suoi amici. Nato in provincia di Cremona, da una famiglia contadina, fu parroco in due paesini, Cicognara e Bozzolo. Nel suo testamento scrisse: «Non possiedo niente. Non ho risparmi, se non quel poco che potrà si e no bastare alle spese dei funerali che desidero semplicissimi, secondo il mio gusto e l’abitudine della mia casa e della mia Chiesa». I primi guai con il Sant’Uffizio nel 1934. Non piacque ai censori romani il suo libretto L’avventura più bella, un commento alla parabola del figliol prodigo. I guai continuarono quando fondò la rivista Adesso (1949) che ebbe fra i suoi lettori anche il giovane don Giussani. Gli rimproveravano posizioni troppo intransigenti su temi come la giustizia sociale e la pace. Lui, che nel 48 aveva fatto campagna elettorale per la Dc, ripeteva: «Combatto il comunismo, ma amo i comunisti». Fu il cardinale Montini il primo a riabilitarlo. Nel 57 lo invitò a Milano, a predicare nella Missione popolare. Poi, eletto Papa, riconobbe: «Aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. È il destino dei profeti». Papa Giovanni XXIII lo accolse in Vaticano con un sorriso e una battuta: «Ecco la tromba dello Spirito Santo in bassa Padania».
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