Un viaggio negli Usa,
per conoscere altri giovani emergenti. E scoprire che
nella comunità musulmana
ci sono già figure di riferimento
fuori da ogni stereotipodi Imane Barmaki
Sono a San Francisco. Dalla mia camera d’albergo al quattordicesimo piano osservo le persone che vanno e che vengono in una delle più importanti e vivaci vie della città. San Francisco è l’ultima tappa di un viaggio durato tre settimane e che mi ha portato a visitare Washington, New York, Colombus, Jacksonville e Sacramento. Il viaggio è stato sponsorizzato dall’International Visitor Leadership Program, un programma di tre settimane gestito dal Dipartimento di Stato Americano. Lo scopo è quello di far soggiornare negli Stati Uniti giovani e potenziali leader provenienti da tutto il mondo per meglio comprendere il sistema di governo, le tradizioni, la cultura e per confrontarsi con associazioni, professionisti della comunicazione e immigrati di successo.
Questo viaggio negli Usa mi ha chiarito molte idee. La cosa più importante che ho compreso però, è sempre la lezione più semplice: che spesso i protagonisti della società non sono i leader politici o quelli che ogni giorno riempiono le pagine dei quotidiani e dei magazine, ma sono quelle persone umili e quasi invisibili che ogni giorno lavorano con dignità e serietà.
Eravamo un bellissimo gruppo di 13 persone. Siamo diventati best friends immediatamente. Con qualcuno ho stretto più di altri. Arnela Hadzisulejmanovic mi è entrata subito nel cuore. È una 26enne svedese di origine bosniaca e di religione musulmana, campionessa europea di Jiu-Jitsu brasiliano. Una musulmana campionessa di arti marziali rovescia tutti gli stereotipi della donna musulmana sottomessa. Un altro leader a cui mi sono affezionata è Amin Stefano Rochdi, un 25enne tedesco, di madre italiana e padre marocchino, sposato con Amel, di origine turca. Ha il merito di essere il primo insegnante di religione islamica in una scuola superiore pubblica in Germania.
Aslihan Aker è la corrispondente di Kanal 7 in Turchia. È specializzata in studi che vertono su sessualità, donna e Islam. Ha coprodotto un documentario di 15 episodi Behind the Walls: Women in Muslim Countries nel quale racconta con coraggio la realtà delle donne musulmane in 32 Paesi. Imam Shahid Hussein, invece, è un personaggio davvero particolare. Con molta naturalezza riesce a trovare l’equilibrio tra il sacro e il profano. Dopo la preghiera del venerdì, sono andata con lei a far il bagno nell’Atlantico. Non nascondo di essere stata stupita dagli infradito rosa che portava!
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