Politica

E a Piazza Affari sale il non profit

Nella regione degli affari, il futuro delll’economia e dell’occupazione passa anche attraverso le imprese del Terzo settore. Dove già lavorano 65 mila persone.

di Francesco Maggio

Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce?: così recita un antico adagio che ben descrive quanto accade in una della realtà imprenditoriale più vivaci d?Italia, la Lombardia. E a crescere, nella regione locomotiva dello sviluppo italiano, capitale della Borsa e del ?big business? (ma anche delle mille fabbrichette tirate sù dal nulla dai tanti ?sciur Brambilla?), sono le imprese sociali e quelle della foresta del non profit. E se succede qui, c?è davvero da credere che sullo stesso terreno anche lo sviluppo del nostro Paese si giocherà un pezzo del suo futuro, che su tale frontiera economia e solidarietà dovranno in qualche modo incrociare i loro destini. All?ombra della Madonnina, tutto questo è già realtà. Lo dice una ricerca sulla realtà socio-economica ed occupazionale del Terzo settore che la Regione Lombardia ha commissionato al Cergas dell?Università Bocconi. Dopo oltre un anno di lavoro, che ha comportato l?invio di ben 7245 questionari ad altrettante organizzazioni non profit, ripartite in 6358 associazioni solidali, 555 cooperative sociali e 332 fondazioni, la ricerca si è da poco conclusa e verrà dibattuta presso la Regione il prossimo 4 novembre da alcuni dei più autorevoli esponenti nazionali del terzo settore. I dati che emergono dall?indagine risultano quantomai compositi: i rapporti di convenzione con le Amministrazioni Pubbliche caratterizzano la totalità delle cooperative sociali, 1/4 delle associazioni solidali e quasi metà delle fondazioni. Per quanto concerne l?area di intervento associazioni e fondazioni sono impegnate, rispettivamente, su fronti molto differenziati: socio-assistenziale (45 e 13 per cento), educazione/formazione (39 e 42), attività ricreative (20 e 3), valorizzazione del patrimonio storico (13 e 15), socio-sanitario (45 e 13), attività culturali (22 e 20). Le tipologie di imprese solidali lombarde evidenziano una netta differenziazione circa l?area territoriale di riferimento: le associazioni si limitano ad una dimensione comunale ed intercomunale (52 e 21 per cento); le cooperative sociali ampliano la zona di intervento ad un livello provinciale (23%), le fondazioni si proiettano decisamente verso il territorio nazionale ed estero (46%). Si riscontrano notevoli differenze riguardo alle fonti di finanziamento: le associazioni presentano un forte orientamento all?autosufficenza economica (50%); la situazione si ribalta per le cooperative sociali, soprattutto di tipo A, dove prevalgono le entrate derivanti da rapporti con la Pubblica Amministrazione (69%). Nelle fondazioni, gran parte dei proventi derivano dalla gestione del patrimonio (40%). Sul fronte occupazionale, i dati ricavati dall?indagine consentono di stimare in circa 60-65 mila persone il numero complessivo di addetti, suddivisi secondo diverse tipologie contrattuali: dipendenti a tempo pieno, 83,7%; a tempo parziale, 4,3%, collaboratori e consulenti, 10,3%; altro, 1,7%. Per il biennio 1998/99 si prevedono ulteriori 6-7 mila posti di lavoro. L?analisi della Bocconi attesta dunqueuna forte espansione dell?economia civile come attore del territorio lombardo. Ne è convinto l?assessore regionale alle Politiche sociali, Maurizio Bernardo, che ha commissionato la ricerca, che al Terzo settore fa una promessa: «semplificare le procedure burocratiche per accedere alle risorse finanziarie e soprattutto garantire l?accesso agli appalti pubblici, magari riservando alle imprese non profit una quota del 30%».


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